Un patrimonio enologico ricco ma con luci e ombre
di Gigi Brozzoni
Innanzitutto siamo contenti e orgogliosi per il riconoscimento che l’Unesco ha riservato alle colline di Conegliano e Valdobbiadene, che devono la loro bellezza a fattori naturali ma anche a fattori antropici, ovvero al lungo e meticoloso lavoro dei tanti vignaioli che nel corso dei secoli ne hanno modellato le pendici, salvaguardando al contempo la loro integrità paesaggistica, culturale e sociale.
Patrimonio dell’Umanità. E il vino?
Deve, però, essere chiaro che il riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità non è un premio alla qualità del vino che si produce su quelle bellissime colline e, men che meno, di un generale consenso verso quel Prosecco che sta invadendo anche tutte le pianure veneto-friulane.
Partiamo, quindi, proprio dalle colline di Conegliano Valdobbiadene per dire che il loro Prosecco Superiore è certamente di qualità nettamente migliore rispetto a quello prodotto nel resto della Regione, anche se pensiamo che ancora molto si debba fare per marcare maggiormente la diversità delle più belle colline e dei versanti più assolati.
Questo vale anche per la bellissima collina di Cartizze, che si vorrebbe rendere la più preziosa e raffinata, ma che viene invece umiliata producendo delle versioni Extra Dry che mascherano o confondono le vere e nitide espressioni del cru.
I buoni bianchi del Veneto penalizzati del Prosecco
Del dilagante fenomeno Prosecco diremo solo che il suo successo commerciale sta penalizzando tutti i vini bianchi che il Veneto ha sempre prodotto, dal Garda a Soave, a Gambellara, a Breganze, ai Colli Euganei e a quelli Berici fino alle rive del Piave.
Ormai non c’è azienda che non abbia nel proprio listino qualche Prosecco nelle diverse versioni di gusto, frutto di acquisti di vigneti, di vini o di accordi con marchi industriali.
Valpolicella, contrasti e sovrapposizioni
Ancora in alto mare la situazione della Valpolicella, che non riesce a trovare un punto di incontro costruttivo tra le Famiglie Storiche e il resto del Consorzio, anche se qualche passo in avanti bisogna registrarlo.
Normare con più rigore la produzione di Amarone, Recioto e Ripasso va in quella direzione, ma serve maggior rapidità prima che il mercato, che già mostra qualche tentennamento specialmente sul fronte dei prezzi, cambi atteggiamento mettendo a rischio i passi in avanti compiuti negli ultimi anni.
Bisogna anche dire che molte aziende stanno modificando lo standard di appassimento delle uve, producendo così degli Amarone soft, più delicati, forse più eleganti, con un residuo zuccherino più basso ma, secondo noi, anche troppo simili ai Valpolicella Ripasso.
Per il Soave si cerca più rigore
Molte le ambizioni e le buone intenzioni del Soave che attraverso due strumenti legislativi cerca di rispondere positivamente alle sollecitazioni del mercato.
In primis l’introduzione con la vendemmia 2019 delle Unità Geografiche Aggiuntive che segnaleranno la provenienza dei vini dai 33 Cru collinari che sono stati selezionati con il lungo lavoro di zonazione territoriale.
La seconda novità riguarda il Piano di Produzione, ovvero una dichiarazione preventiva da parte dei vignaioli sull’utilizzo dei loro vigneti per la campagna di produzione dell’anno successivo. Si tratta, quindi, di uno strumento di tipo qualitativo per migliorare i vini e di uno di tipo quantitativo per monitorare la produzione e il mercato.
Buoni propositi che dovranno dimostrare la loro efficacia, anche se per nostra fortuna le buone aziende storiche continuano a fare ottimi Soave Classico, sia nelle versioni più fresche del 2018 sia in quelle affinate del 2017.
E peccato che il mercato non apprezzi più come un tempo i Recioto di Soave, sempre di grande finezza ed eleganza.
Garda e Bardolino: Chiaretto e Rosé non pari sono!
Per il resto tutto procede senza grandi novità: il Garda e Bardolino ancora non vogliono cogliere e sfruttare commercialmente la differenza tra Chiaretto e Rosé.
Berici ed Euganei senza scosse
Purtroppo nessuna notizia di rilievo dalle zone dei Colli Berici e dei Colli Euganei, interessantissime da un punto di vista geologico ma deludenti da quello vitivinicolo; qualche buona azienda c’è, qualche buon vino arriva sempre, ma senza sfondare, senza superare quell’asticella che la critica e il mercato pongono sempre più in alto.
TRE VINI QUOTIDIANI
Dalla Guida Oro I Vini di Veronelli 2020 tre assaggi, tre vini del Veneto che trovate in vendita tra i 10 e i 20 euro
Soave Classico Casette Foscarin 2017
Montetondo
Soave VR
La recensione di Gigi Brozzoni
UN TOCCO FINALE CHE VIRA VERSO SENTORI DI IDROCARBURI
La famiglia di Gino Magnabosco gestisce un’azienda agricola con ben 32 ettari di vigna che prende il nome – Monte Tondo – dalla foggia orografica della collina posta sopra la cantina.
Siamo a Soave, a metà strada tra questo comune e Monteforte d’Alpone; da lì si sale verso il Foscarino, un colle di formazione vulcanica del Miocene Inferiore costituito da basalti colonnari compatti. In località Casette la collina si erge a circa 280 metri s.l.m. con forte pendenza ed è perfettamente orientata a sud.
Il luogo ideale per creare una vigna di garganega e poco trebbiano di Soave dove Gino Magnabosco produce un Soave Classico Casette Foscarin di grande impegno, per ricavarne poche bottiglie di alta qualità.
Il millesimo 2017 è stato realizzato vendemmiando a metà ottobre per portare in cantina uve ben mature ma con ancora un buon corredo di acidità, importante per la capacità evolutiva del futuro vino. Il mosto ottenuto ha subìto una leggera chiarifica statica ed è stato fermentato a 18° C. in vasche di acciaio inox per salvaguardare la freschezza dei profumi. Successivamente il vino è stato posto in affinamento in barrique e tonneau di 3°-4° passaggio per circa 8 mesi, al termine dei quali i vini assemblati sono stati messi ancora per 4-5 mesi in vasca di acciaio. Una volta imbottigliato il vino riposa ancora 6 mesi prima di essere posto in commercio.
Tutto questo lavoro per garantire una grande espressività ad un Soave complesso, capace di mostrarsi ricco di aromi fruttati ma anche di spezie e fiori, con un tocco finale che vira verso i sentori di idrocarburi. Grande delizia a costi accessibili.
Gino Magnabosco, vignaiolo
IL VINO DELLE PRIME VOLTE
Questo Soave è stato il nostro primo cru aziendale. Un amore a prima vista.
Un vigneto di oltre ottant’anni, piantato con la tecnologia di quel tempo e oggi coltivato nel rispetto del contesto e dell’ambiente. Il primo, il più antico per l’azienda.
È stato anche il primo vino in cui abbiamo sperimentato il legno, e il primo vino in cui abbiamo usato l’uva trebbiano di Soave.
Insomma, questo per noi è il vino «delle prime volte» che ci ha permesso di sperimentare e di elevare il Soave Classico, secondo la sua massima espressione e la nostra idea, quella che lo ha cercato e ispirato
Valpolicella Classico Superiore Caterina Zardini 2016
Campagnola
Marano di Valpolicella VR
La recensione di Gigi Brozzoni
CON QUEL TOCCO DI VIOLETTA E SPEZIE PICCANTINE
Da più di cent’anni la famiglia Campagnola si dedica alla viticoltura e alla produzione di vini nelle sue cantine di Valgatara, fondate dal capostipite Carlo in una piccola frazione collinare nel comune di Marano di Valpolicella, posto nell’omonima vallata tra Verona e il lago di Garda.
L’azienda crebbe soprattutto per la ferrea volontà della moglie Caterina Zardini, che indicò ai figli la strada da percorrere per conseguire il successo che quelle terre meritavano. E così nacque la linea Caterina Zardini, imperniata su vini della più alta qualità e più tipici della Valpolicella.
I vigneti sono in collina a circa 300 metri s.l.m. su suoli originatesi nell’Eocene, quando il mare si ritirò lasciando emergere queste terre ricche di calcari marnosi; gli impianti sono stati rinnovati passando dalla pergola veronese al più moderno e razionale Guyot, con filari che guardano a sud-ovest e, quindi, risentono delle favorevoli correnti gardesane; le uve coltivate sono principalmente corvina, poi corvinone e rondinella.
Il Valpolicella Classico Superiore Caterina Zardini 2016 nasce da selezionatissime uve raccolte a fine settembre e poste ad appassire per 20 giorni, ovvero il tempo per asciugarle e concentrare un poco i suoi composti. Gli acini vengono poi pressati e posti a fermentare in tini di acciaio a 28° C per circa 15 giorni con follature giornaliere onde favorire l’estrazione degli antociani dalle bucce. Il vino matura poi in botti di rovere da 50 ettolitri per 12 mesi, seguiti da altri 6 mesi di affinamento in bottiglia.
Ora il vino è pronto per essere stappato, così da gustarne la fragranza dei profumi fruttati, con quel tocco di violetta e di spezie piccantine che contraddistinguono i buoni vini della Valpolicella, tanto decantati da molti scrittori e poeti.
Giuseppe Campagnola, vignaiolo
IN UN ANNO DIFFICILE, UN’INTUIZIONE VINCENTE
Sono il pronipote di Caterina Zardini e rappresento la quarta generazione della famiglia che da più di 110 anni gestisce la cantina. A Caterina Zardini, moglie del fondatore e appassionata produttrice di Valpolicella, dedichiamo questa speciale selezione.
La prima annata del Valpolicella Classico Superiore Caterina Zardini esce con la vendemmia 2002; un anno difficile e complesso, in cui la produzione dell’Amarone per la nostra vallata era stata completamente compromessa a causa dall’andamento stagionale.
Da qui l’idea di provare a vinificare un Valpolicella da uve leggermente appassite, frutto di un’accurata selezione dei migliori grappoli di corvina, corvinone veronese e rondinella provenienti dal vigneto di famiglia dedicato alla produzione dell’Amarone Riserva.
Un’intuizione vincente che ha portato, sin da allora, alla realizzazione di un grande vino, di corpo e struttura dove i profumi di frutta rossa matura si sposano con un morbido tannino esprimendo eleganza e preservando freschezza e buona acidità.
Note e sentori che possiamo ritrovare a pieno anche nella vendemmia 2016, contraddistinta da grande finezza e non eccessiva concentrazione, in linea con l’andamento climatico dell’annata.
Un bicchiere ideale per l’abbinamento con piatti a base di carne rossa e formaggi stagionati.
Colli Euganei Fior d’Arancio Passito Alpianae 2016
Vignalta
Arquà Petrarca PD
La recensione di Gigi Brozzoni
UNA MAGICA E PERSISTENTE FRAGRANZA
L’Azienda Vignalta nasce all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso dall’incontro di tre persone appassionate di vino che credono fermamente nella vocazionalità dei Colli Euganei di produrre grandi vini, capaci di sfruttare le risorse geologiche di queste colline adagiate nel bel mezzo della pianura padana, quando ormai si avvertono i primi effluvi della laguna veneziana.
Colline non troppo alte che non sono parte di una catena montuosa prealpina, ma generate dalle eruzioni vulcaniche che qualche milione di anni fa hanno trovato breccia nella crosta terrestre, mentre la nostra terra continuava la marcia che avrebbe provocato l’innalzamento delle Alpi. Questi suoli altro non sono che materiale eruttivo composto da tufi e brecciole basaltiche. In particolare nell’area di Luvigliano l’erosione della riolite ha creato un suolo leggero, con tessitura afanitica per il rapido raffreddamento del magma eruttato.
Le viti non chiedono altro che suoli siffatti per esprimere tutti i loro aromi varietali, che costituiscono la base per la produzione di vini intensamente profumati e con una ampia versatilità di impiego enologico. Il vigneto di moscato giallo, localmente chiamato moscato fior d’arancio, è stato piantato ad una altitudine di 100 metri s.l.m. esposto ad est con una densità d’impianto di 5000 ceppi per ettaro, allevato a cordone speronato con una resa di 80 quintali ad ettaro.
Queste uve raccolte ai primi di settembre vengono poi fatte appassire in fruttaio per 4 mesi, il che ridurrà a soli 24 litri il mosto ottenuto dalla pigiatura. La fermentazione si svolge lentamente in botti di rovere e l’affinamento si protrae per 18 mesi nelle stesse botti. Il vino viene, quindi, imbottigliato e sosta ancora 6 mesi in bottiglia prima di entrare in commercio.
Il vino si è fatto denso, di colore ambrato e topazio, esplode in una grande quantità di aromi fruttati e mielati con spezie dolci e morbide, ricordi di fiori appassiti e precise note di albicocca essiccata; il sorso è netto e deciso, energico e ravvivato da una fresca acidità che mantiene una magica e persistente fragranza.
Vi avremo fatto spendere qualche euro in più, ma avrete nel bicchiere un gioiello della nostra enologia talmente ricco e complesso che lo potrete gustare con i dolci, con i formaggi erborinati e piccanti oppure per sé solo, per farvi trascorre momenti indimenticabili.
Lucio Gomiero, socio di Vignalta
OPULENZA E AROMATICITÀ
La prima vendemmia Vignalta risale al 1986.
L’anno successivo iniziò la produzione del primo vino passito dei Colli Euganei, ottenuto utilizzando un’uva del territorio, il moscato fior d’arancio.
L’Alpianae incarna l’opulenza e l’aromaticità del Fior d’Arancio Passito.
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IL LUOGO DEL BUON BERE
a cura di Simonetta Lorigliola
Dalla Rosa Alda
San Giorgio Valpolicella VR
Siamo a San Giorgio Valpolicella, in comune di Sant’Ambrogio.
San Giorgio Ingannapoltron, dicono i locali. Quasi qui si “ingannassero” gli oziosi, e li si obbligasse a una sosta in cui diventino subito attivi tutti i cinque sensi, nonché sveglissime le sinapsi.
Un borgo medievale silenzioso ma vivo e una Pieve – intatta e magnificamente restaurata- dell’VIII secolo che mantiene tutta la bellezza austera del puro romanico, per nulla rimaneggiato. Al suo interno, magnifico, segnaliamo il il ciborio longobardo, un baldacchino di pietra finemente cesellato con nodi celtici e figure di animali e piante fra cui tralci di vite.
Dal terrazzo in cui termina il paese la vista è spettacolare: dalla città di Verona alla Valpolicella e poi fino al lago di Garda. Scusate, se è poco.
Una meta imperdibile tra le colline della Valpolicella. Che ospita anche la Trattoria Dalla Rosa alda.
La famiglia Dalla Rosa si dedica alla ristorazione e mescita dal 1853
Qui si incontra la più tipica cucina della Valpolicella. Un insieme di ricette semplici realizzate con ingredienti selezionati con attenzione sul territorio, e proposte in sincronia con l’evolversi delle stagioni.
Piatti semplici e preziosi, arricchiti dal profumo delle erbe aromatiche e amare e dei fiori collinari coltivati da loro stessi nel Campo Boar, degli spinaci selvatici, dei tartufi e dei funghi della Lessinia, degli asparagi selvatici, dei formaggi e del burro della Lessinia, le marasche e le ciliegie della Valpolicella.
Tra i primi piatti (va detto che tutte le paste sono fatte in casa) gli Gnocchi di pane ed erba amara con ricotta di pecora oppure le Pappardelle 40 tuorli con tartufo nero e fonduta di Monte Veronese, o una classica e impeccabile Pasta e fagioli. E il Risotto all’Amarone?
Tra i secondi Fegatini di pollo al burro e salvia con polenta da mais Marano oppure la Tagliata di manzo all’amarone cotta al fogolar, ossia cotta con le braci, nell’antico caminetto.
Completa il quadro un’attenta selezione di vini della Valpolicella. In particolare, menzioniamo la Selezione dei vini dei Vignaioli delle marogne, frutto della relazione consolidata dei proprietari con alcuni storici produttori in Valpolicella, scelti tra coloro maggiormente sono attenti alla salvaguardia delle tradizioni del territorio (le marogne sono i muretti a secco).
Da segnalare inoltre una bella disponibilità di vecchie annate di Amarone di diversi produttori.
La cantina , scavata nella roccia, raccoglie e conserva al meglio i vini proposti dal locale.
La trattoria Dalla Rosa Alda dispone anche di confortevoli camere.
Dalla Rosa Alda
SAN GIORGIO VALPOLICELLA VR
DallaRosaAlda
Per conoscere gli altri Luoghi del Buon Bere del Veneto selezionati scarica l’App I vini di Veronelli
Gigi Brozzoni
Curatore della Guida Oro I Vini di Veronelli nato e residente a Bergamo, dopo molteplici esperienze maturate nel campo teatrale e nella progettazione di arredi, nel 1986 incontra Luigi Veronelli. La passione per il vino lo spinge a costanti frequentazioni gastronomiche finché nel 1988 arriva al Seminario Permanente Luigi Veronelli di cui assume la direzione nel 1989. Vi rimarrà per 25 anni fino al pensionamento nel 2013. Ha diretto la rivista Il Consenso è stato animatore di convegni tecnico-scientifici in ambito viticolo ed enologico e ideatore e conduttore di corsi di analisi sensoriale per professionisti e appassionati. Negli anni Novanta ha curato la redazione dei Cataloghi Veronelli dei Vini Doc e Docg. e dei Vini da Favola. È autore del libro Professione Sommelier che fu adottato come primo manuale sul vino per le scuole alberghiere italiane. Per l’Associazione Le Città del Vino ha curato numerose edizioni de Le Selezioni di Eccellenza dei vini italiani.
Simonetta Lorigliola
Simonetta Lorigliola, giornalista e autrice, si occupa di cultura materiale.
È nata e cresciuta in Friuli. Ha frequentato l’Università degli studi di Trieste, laureandosi in Filosofia. È stata Responsabile Comunicazione di Altromercato, la principale organizzazione di Commercio equo e solidale in Italia. Ha collaborato con Luigi Veronelli, nella sua rivista EV Vini, cibi, intelligenze e nel progetto Terra e libertà/critical wine. Ha vissuto in Messico, ad Acapulco, insegnando Lingua e cultura italiana. Ha diretto Konrad. Mensile di informazione critica del Friuli Venezia Giulia. Da molti anni collabora con il Seminario Veronelli per il quale è oggi Responsabile delle Attività culturali. La sua ultima pubblicazione è È un vino paesaggio (Deriveapprodi, 2018).
Foto di Jacopo Venier