Un territorio vitivinicolo eterogeneo, senza scossoni e senza sbalzi

di Gigi Brozzoni

Oltrepò Pavese PV

La cosa più incomprensibile di questa regione vitivinicola crediamo sia stata lo smantellamento di una Doc e la successiva costruzione di un castello di carta di Denominazioni che nulla hanno a che fare con la razionalità e la ragionevolezza. E tutto ciò è avvenuto mentre la critica, le istituzioni e la politica vitivinicola iniziavano a domandarsi con quale logica si pensasse di poter controllare, proteggere e promuovere ben 408 Denominazioni di Origine e 108 Indicazioni Geografiche. Eppure in questo periodo la Doc Oltrepò Pavese, che mostrava forti “disturbi della personalità”, è riuscita a creare ben otto diverse Denominazioni, di cui una Garantita, senza che la qualità e l’affidabilità dei vini aumentassero minimamente.

Per il resto tutto procede come sempre, senza scossoni e senza balzi. In sostanza si mantengono le posizioni in un territorio estremamente eterogeneo da tutti i punti di vista.

La Valtellina tiene duro e riesce a resistere nonostante il continuo invecchiamento dei suoi eroici viticoltori; ma c’è da registrare un progressivo spostamento degli stili di produzione, che abbandonano i toni più ossidativi verso aromi più integri e fragranti; spostamento intrapreso e suggerito dai più giovani viticoltori, che hanno saputo mettere a frutto i loro studi universitari, e dalle nuove generazioni delle aziende storiche.

Chiuro, Valtellina SO

I Ronchi Varesini non ci paiono ancora pronti a capire e a sfruttare al meglio il sorprendente successo di qualcuno e restano praticamente invisibili. La Valcalepio, invece, piano piano si sta muovendo e si stanno consolidando alcune aziende, tutte di piccole dimensioni, e alcune aree nella parte più occidentale della Doc.

La Franciacorta continua la sua strada, cercando di espandersi verso i mercati stranieri e di assicurarsi un potenziale di freschezza che i cambiamenti climatici mettono a rischio. Il loro 2019 sarà certamente molto positivo perché, con un ritardo delle maturazioni di circa due settimane o anche più, sarà più facile assicurarsi quei parametri necessari alla produzione di ottimi Franciacorta.

Franciacorta BS

Poco significative le produzioni di Botticino, Capriano del Colle, Cellatica, San Colombano e Colli Mantovani (che comunque producono un vivace e succoso Lambrusco), che sopravvivono a se stesse senza darci troppe emozioni, mentre continuano ad avere una certa vitalità le Denominazioni di confine, ovvero quelle che la Lombardia condivide con il Veneto. Su tutte vorremmo segnalare il continuo successo del Lugana, anche se si mormora di una sua leggera flessione, ma teniamo comunque conto che questa Doc nel 2009 produceva circa 56.000 ettolitri, mentre nel 2017 ha raggiunto quasi 140.000 ettolitri. Non è cosa di poco conto, per cui una certa flessione pare fisiologica, soprattutto se si considera che in questi ultimi anni il Prosecco si sta mangiando buona parte dei vini bianchi prodotti in tutto il Nord-Est.

TRE VINI QUOTIDIANI


Dalla Guida Oro I Vini di Veronelli 2020 segnaliamo tre assaggi, tre vini lombardi che trovate in vendita tra i 10 e i 20 euro

Franciacorta Brut Proscenio S.A.
Pian del Maggio
Erbusco BS

La recensione di Gigi Brozzoni

Lungo finale ravvivato dall’anidride carbonica che diventa quasi cremosa

Due giovani fratelli appassionati dei vini di Franciacorta si avvicinano con entusiasmo a questo mondo ed iniziano a provare e sperimentare delle procedure per arrivare a produrre quell’alta qualità che volevano realizzare. I vigneti in affitto sono sulla collina a est di Erbusco, contornati dalle vigne di alcune delle più famose aziende di Franciacorta e sulla via che porta ad Iseo. È un’area dalle dolci colline dalla quale, nelle giornate più nitide, si possono scorgere le caratteristiche torbiere del Sebino e, più in lontananza, il profilo di Montisola (Monte Isola per la precisione). Si coltivano i classici chardonnay e pinot nero previsti dal disciplinare di produzione. E così, con la vendemmia 2006, nasce il primo Franciacorta dell’azienda che,  facendo un po’ di confusione con ‘prologo’, prende il nome di Proscenio. Questo Franciacorta Brut assaggiato la scorsa estate ci ha donato un bel perlage fine e continuo, un profumo con buona maturità fruttata mista a tocchi agrumati e una freschezza gustativa intensamente sapida e fragrante, con un lungo finale continuamente ravvivato dall’anidride carbonica che diventa quasi cremosa.

Anita Foresti, co-proprietaria*

Un vino che festeggia l’amicizia e la convivialità

Questo è il primo vino che abbiamo creato, nel 2006: il proscenio è la parte frontale del palcoscenico, ed è infatti il prodotto con cui abbiamo affrontato per la prima volta il pubblico. La sua caratteristica principale è una percentuale zuccherina molto bassa. Questo vino non incontra, forse, le mode e le richieste del grande pubblico che cerca spesso vini più suadenti e ammorbiditi. Ma noi siamo una piccola azienda, non dobbiamo fare grandi numeri e possiamo permetterci di fare il vino come piace a noi, e come piace a coloro – magari una nicchia –  che amano questa tipologia. Il Proscenio è realizzato con un 30% di pinot nero e 70% di chardonnay che proviene da un vigneto impiantato da noi ormai quasi 30 anni fa. È un terreno in affitto, ma se dovessimo lasciarlo ne cercheremmo certamente uno con le medesime caratteristiche, a partire dall’età delle viti. Viene seguito con lo scopo di conservarlo e mantenerlo in equilibrio. Infine, il Proscenio è per noi il vino che offriamo agli amici, il vino dell’amicizia e della convivialità, quello che si beve con desiderio e con gioia.

*Con il fratello Alberto Foresti e Talita De Sanctis.

Valtellina superiore Inferno 2017
Rainoldi

Chiuro SO

La recensione di Gigi Brozzoni

Espressivo, generoso, fragrante e di grande eleganza

Le aziende e i loro vigneti appartengono all’ambiente, gli uomini ne sono solo i custodi. Immaginate di percorrere una valle alpina che corre salendo da ovest verso est; alla vostra destra troverete il versante nord dei monti che confinano con le Orobie; è ricoperto da una fitta vegetazione boschiva ricca di castagni, roveri, frassini, aceri, robinie e tanti altre varietà di arbusti. Il sole vi batte solo di traverso. Alla vostra sinistra noterete che il versante dei Grigioni, assolato e rivolto a sud, è irto e il suo profilo è frammentato e variegato, policromo e luminoso. I fazzoletti di vigneti faticosamente strappati al bosco e sostenuti dai muri a secco compongono un quadro che nessun artista è mai riuscito e imitare. Superata Sondrio, la valle inizia a salire più rapida fino a portarci in una sorta di conca nella quale i vigneti si elevano fino a 550 metri s.l.m. Questi luoghi lucenti e roventi vengono chiamati Inferno e qui il nebbiolo (chiavennasca) deve proteggersi dai raggi del sole producendo una maggior quantità di antociani, il cui effetto sulla qualità dei vini che ne derivano è noto e attestato. La perizia dei Rainoldi trasforma queste doti naturali in un vino insieme molto espressivo, generoso e fragrante, di grande eleganza.

Aldo Rainoldi, vignaiolo

Un vino inclusivo

Noi non abbiamo inventato niente. Inferno è una denominazione storica, un territorio che offre di per sé grandi possibilità e per questo, in vigna, cerchiamo di assecondare la natura e il ciclo vegetativo. In generale credo che, in questi ultimi anni, in Valtellina si sia fatta strada una nuova consapevolezza. Qui si coltiva la chiavennasca che geneticamente è un nebbiolo, siamo cugini dritti di un importante territorio come la Langa. Ma il nostro nebbiolo si è acclimatato in montagna, dove è notevole quell’escursione termica che fa fiorire lo spettro aromatico. E allora dobbiamo smettere di cercare vini imponenti e giocare invece sulla freschezza, sull’equilibrio, sulla morbidezza. Valorizzare quel che abbiamo, e non costruire artificiosamente quel che non abbiamo. Personalmente non mi affascina il discorso della struttura e della potenza che può anche generare vini difficili da capire, e da consumare. Veronelli, per quanto ne ricordo, pensava a vini che fossero inclusivi, e non riservati a pochi adepti. Non credo al vino pensato per la nicchia. Questo non significa banalizzare il prodotto, naturalmente. Io dico che il buon enologo è come un padre: deve assecondare le potenzialità del figlio e limitarsi ad accompagnarlo nella sua crescita. E così, noi dobbiamo assecondare il vino come espressione di questo specifico territorio, così come viene qui, ricordandoci che la platea dei consumatori oggi si è evoluta, allargata, e comprende, per esempio, molte donne e molti giovani. I gusti cambiano, e bisogna tenerne conto, se non si intende chiudersi nell’idea di fare un vino per pochi. Il vino non deve intimorire, ma regalare il piacere, l’emozione e magari anche un sorriso. In questo momento ne abbiamo bisogno più di sempre, credo.

Pezzabianca Barbera Provincia di Pavia 2017
Bisi
San Damiano al Colle PV

La recensione di Gigi Brozzoni

Una moderata nota linfatica che dona brio ed energia

Quella dei cugini Claudio ed Emilio Bisi è la storia di tante aziende dell’Oltrepò Pavese nate all’inizio del XX secolo, che si sono sviluppate beneficiando della vicinanza della metropoli milanese. Su queste belle colline imparentate con il sistema geologico dell’Appennino che corre tra Piacenza e Alessandria, si sono sempre riversate frotte di milanesi a caccia di vini quotidiani. Ma questo tipo di qualità ai nostri Bisi stava un po’ stretto e, a partire dagli anni Novanta, pensarono di aver bisogno di tecniche agricole ed enologiche più fini, più precise, capaci di promuovere quel balzo qualitativo che il moderno consumo imponeva. Si è chiesta la collaborazione di Leonardo Valenti, docente universitario di indiscussa fama, e si sono impostati severi protocolli produttivi sia in vigna sia in cantina per ottenere tutta la qualità che questi luoghi sono in grado di fornire. Questo Pezzabianca Barbera del 2017, affinato in diverse botti di rovere, offre tutte le caratteristiche organolettiche tipiche del vitigno con una grande maturità del frutto, anche ben speziato, ed una moderata nota linfatica che dona brio ed energia alla sua moderata trama tannica.

Claudio Bisi, vignaiolo

La Barbera è nella mia storia

Intanto parliamo di barbera, vitigno importante. Qui in Oltrepò lo sentiamo nostro, anche se ovviamente c’è la sua autorevole storia piemontese. Personalmente amo la Barbera, la ritengo un vino molto nobile. La vigna di provenienza del Pezzabianca è in collina, su terreni bianchi, asciutti e ricchi, esposti a sud est perché questo vitigno necessita soprattutto di calore. Generoso, esuberante, ha bisogno di essere contenuto se si vuol puntare alla qualità. Qui in Oltrepò trova le condizioni ideali, benché sia un vitigno difficile, ha la buccia sottile, fortemente minacciata dalla botrytis nera. Il Pizzabianca è un vino accessibile ma è anche un vino importante, nato in vigna con la dovuta attenzione. E poi affinato nel legno, non per far emergere possenti tannini, ma per aprire la via a una buona evoluzione. Il tempo gli dona dolcezze e complessità. È un vino che si può dimenticare in cantina, magari riscoprendolo piacevolmente dopo due lustri. Fin da piccolo ho visto in tavola, ogni giorno, la Barbera; allora era frizzante, molto diversa da questa. La Barbera è un vino che sa essere versatile: la sua bella spalla acida la manda a nozze coi piatti grassi, ha buon corpo e va bene coi primi piatti ricchi e coi risotti. La Barbera è nella mia storia, ho sempre bevuto Barbera, a tutto pasto, in famiglia, con gli amici. Sempre.

Per incontrare tutti i vini lombardi selezionati e segnalati dalla Guida Oro, scarica la App I Vini di Veronelli

Scopri gli altri VINI d’ORO:
Sardegna | Val d’Aosta | Sicilia | Calabria | Liguria

IL LUOGO DEL BUON BERE

a cura della Redazione

Trattoria Via Vai

Ripalta Cremasca CR


Semplicità e ordine dialogano con passione e senso di intenzioni. In musica, nel design e anche in cucina. La pensa così Stefano Fagioli, studi da architetto e conversione trentennale al culto dei fornelli Dice: «La passione evolve insieme alla crescita, alle esperienze che fai, alle persone che incontri. Non cucinerei mai un piatto che non mangerei io».

I piatti della memoria del Via vai sono i Risotti nelle loro varie declinazioni stagionali, i Tortelli Cremaschi, un piatto denso di rimandi storici e gastronomici, che fa incontrare le sfoglie emiliane, occhieggia ai turtei di zucca mantovani, senza sovrapporvisi, e richiama persino i cjarsons carnici: paste ripiene del Nord Italia che giocano tra loro a rimpiattino, donandoci singolari e territoriali declinazioni. E i Tortelli di Stefano Fagioli valgono il viaggio, corto o lungo che sia.

Non dimentichiamoci i meravigliosi Patè, che Fagioli confeziona anche per l’asporto.



E la Caponata e Pipetto? «Tirar fuori da verza, aglio, brodo e Parmigiano qualcosa di semplicemente goloso è ogni volta uno stimolo nuovo». Non è tutto e tutto qui non possiamo dire, ma un passaggio in cantina, è obbligato.

Tra le passioni di Fagioli ci sono «il vino, il vecchio rock, il design». E al vino pensa come a un viaggio esperienziale da proporre all’ospite: «Quando è nato il Via Vai, abbiamo “studiato” sulla Guida Veronelli, andando dai produttori in Piemonte, in Oltrepò, nel Collio, in Alto Adige, nel Piacentino».

Stefano Fagioli

E aggiunge: «I gusti veronelliani agli inizi hanno fornito un imprinting sensoriale aperto, curioso, evolutivo, lontano dai condizionamenti di mercato a favore dell’ascolto del prodotto e di chi lo fa. Mi piacciono i vini buoni, che nascono in vigna e non vengono stravolti senza senso. Mi piace capire la ragione che c’è dietro la scelta di una barrique. Ho una predilezione per il Piemonte e la Borgogna, per i piccoli vignaioli che non si piegano e sanno fare ottime etichette, per gli Champagne che invogliano a riempire la coppa. Cognac e Calvados le scelte del cuore per continuare una buona conversazione senza fretta dopo cena»

Che altro chiedere, a questo grande oste?

Trattoria Via vai
Via Libertà 18
Bolzone di Ripalta Cremasca CR
trattoriaviavai.it

Per conoscere gli altri Luoghi del Buon Bere in Lombardia selezionati e segnalati dalla Guida Oro scarica l’App I vini di Veronelli


Gigi_Brozzoni

Gigi Brozzoni

Curatore della Guida Oro I Vini di Veronelli nato e residente a Bergamo, dopo molteplici esperienze maturate nel campo teatrale e nella progettazione di arredi, nel 1986 incontra Luigi Veronelli. La passione per il vino lo spinge a costanti frequentazioni gastronomiche finché nel 1988 arriva al Seminario Permanente Luigi Veronelli di cui assume la direzione nel 1989. Vi rimarrà per 25 anni fino al pensionamento nel 2013. Ha diretto la rivista Il Consenso è stato animatore di convegni tecnico-scientifici in ambito viticolo ed enologico e ideatore e conduttore di corsi di analisi sensoriale per professionisti e appassionati. Negli anni Novanta ha curato la redazione dei Cataloghi Veronelli dei Vini Doc e Docg. e dei Vini da Favola. È autore del libro Professione Sommelier che fu adottato come primo manuale sul vino per le scuole alberghiere italiane. Per l’Associazione Le Città del Vino ha curato numerose edizioni de Le Selezioni di Eccellenza dei vini italiani.