Una terra di impareggiabili vini bianchi

di Gigi Brozzoni

Vigneti Petrucco – Buttrio UD

Listini più corti per vini più rappresentativi

Per fortuna il Friuli Venezia Giulia che conta, quello delle Denominazioni importanti, pare non accorgersi troppo del ciclone Prosecco.

Continua per la sua strada, producendo grandi vini sempre di migliore qualità, vuoi perché le ultime annate sono state, a modo loro, tutte favorevoli, vuoi perché gli stili di vinificazione si fanno più precisi e rigorosi, vuoi perché i giovani che hanno portato nuova energia nelle aziende stanno maturando e diventando sempre più bravi e consapevoli. 

Non ultimo il fatto che la maggior parte delle aziende sta accorciando i propri listini, per cui si concentrano maggiormente sui vitigni più rappresentativi della Denominazione e delle potenzialità aziendali.

Vigneti dell’azienda Ronchi di Manzano sulla storica collina di Rosazzo UD

Tra i rossi, il Pignolo e il Refosco

I vini rossi, che sappiamo non essere la vera vocazione di queste terre e di questi uomini, sono comunque ben fatti ed espressivi, considerando che qui non si devono cercare eccessive maturità e morbidezze, ma più vigore e vivacità. 

Il vitigno rosso che si esprime al meglio ci pare sempre il pignolo, che qui acquista una sua definita personalità ed eleganza. 

Ci piace molto anche l’esuberanza del Refosco, unita a un misurato grado di rusticità, mentre lo Schioppettino lo preferiamo quando è meno concentrato e più scattante e pepato. 

Il Tazzelenghe è prodotto in così pochi esemplari che ci è difficile esprimere un giudizio complessivo.

Soltanto raramente i Merlot e i Cabernet Sauvignon diventano davvero grandi in queste terre e ancor più difficoltà la incontrano i cosiddetti Cabernet Franc, alias Carmenère.

La ponca – Foto Il Carpino – San Floriano del Collio GO

Impareggiabili bianchi

Tra i vini bianchi troviamo impareggiabili i Sauvignon, sia nelle versioni giovani sia in quelle affinate più a lungo, come pure i Pinot Grigio che non hanno rivali al mondo. 

Molto buoni gli Chardonnay giovani e invecchiati, che soprattutto nel Collio tendono a « sauvignoneggiare», e i Pinot Bianco, anche se sappiamo che in Italia c’è chi li fa meglio di loro.

Molto buoni, anche se un poco discontinui, i Friulano: dopo tutto il baccano che si è fatto, ci pare iniquo che siano finiti nel dimenticatoio e godano di così poca considerazione da parte degli stessi produttori. 

Vigneti Petrucco – Buttrio UD

Culla dei primi macerati dell’Ovest

Non dimentichiamo poi che in questa regione nacquero i primi vini macerati del mondo occidentale e che la Ribolla Gialla è diventata la più rappresentativa di quello stile di produzione; ancora qui si producono le migliori espressioni di questo vitigno, anche se c’è qualcuno che la vorrebbe (orrore!) spumeggiante.

Del tutto trascurabili i pochi esempi di vitigni aromatici come Riesling e Traminer aromatico, come del resto il Pinot Nero tra i rossi.

Vigneti Ronchi di Manzano – Manzano – UD

Complicata questione: appassimento o surmaturazione?

Più complicata la questione di Verduzzo e Picolit, che raramente riescono a soddisfare le nostre aspettative. Non crediamo che sia per un loro problema aromatico né per questioni enologiche, quanto piuttosto per tempi e metodi di vendemmia. Ovvero: surmaturazione o appassimento?

TRE VINI QUOTIDIANI


Dalla Guida Oro I Vini di Veronelli 2020 tre assaggi, tre vini del Friuli Venezia Gulia che trovate in vendita tra i 10 e i 20 euro

Collio Friulano Vigna Runc 2017
Il Carpino
San Floriano del Collio GO

La recensione di Gigi Brozzoni

UN VERO CAMPIONE DI COMPLESSA PERSONALITÀ

Franco e Anna Sosol vivono nella parte sommitale del comune di San Floriano del Collio, poco distante da Oslavia. Un grande carpino segnala la loro casa/azienda nella quale sono ormai coadiuvati dai figli. Fra i tanti vini varietali che producono, oltre a un discreto numero di vini macerativi, abbiamo scelto il Friulano (il vecchio tocai friulano ora bandito) della Vigna Runc.

La ponca su cui giacciono le vigne del Collio conferisce ai vini che vi si producono, soprattutto con i vitigni aromatici o semi-aromatici quale è il friulano, un carattere incisivo, diretto, schietto e quasi esuberante. I profumi di questo vino ricordano i fiori di sambuco e le foglie di pomodoro, la pietra focaia e i frutti della passione, seguiti sul palato da una schietta sapidità e da una incisiva consistenza e persistenza.

Tutto ciò deve rammentarci che questo vitigno ha un nome alquanto travagliato: altrove è chiamato sauvignon vert, qualcuno parla di petit sauvignon, da noi in passato era tocai ed ora, un po’ troppo semplicisticamente, friulano. Ma il vino è tutt’altro che semplice, bensì un vero campione di complessa personalità.

Anna Sosol, vignaiola

UN FRIULANO, TRA LE ALPI GIULIE E L’ADRIATICO

Il friulano è uno dei vitigni autoctoni del Collio. Questo Friulano proviene da una vigna che arriva ai 35 anni di età, con un’esposizione a est e con rese intorno ai 50 quintali per ettaro, quindi molto basse. La ricchezza del nostro territorio è data principalmente dalla ponca, quel substrato di roccia composto da marne e arenarie che contiene numerosi microelementi. In questo modo salinità, mineralità e acidità dal suolo vendono trasmessi al bicchiere e ci permettono anche di mantenere vini freschi e longevi.

Anche le condizioni climatiche giocano un ruolo importante per la nostra zona, come la presenza vicina delle Prealpi Giulie e del Mare Adriatico, l’una perché ci ripara dai venti freddi del nord e l’altro perché mitiga il clima.
Oltre a queste sono determinati le importanti escursioni termiche tra giorno e notte, nonché una costante brezza che mantiene l’aria asciutta con conseguente abbassamenti di rischi di infezioni alla pianta.

Siamo un’azienda a conduzione familiare, ci sentiamo contadini: se un contadino non conosce tutte le fasi dell’uva e del vino,  in prima persona, non può pensare di fare un vino buono.

Per concludere vorrei dire che coltivare la vigna, fare il vino,  sono per noi una scelta di vita dettata dal forte legame che abbiamo con la terra, che ci permette di vivere liberi e lavorare secondo i ritmi dettati dalla natura.
Ciò che noi cerchiamo è che il vino sia l’espressione del territorio e del vitigno perché è proprio questo a generare vini originali e unici.

Friuli Colli Orientali Rosazzo Bianco 2016
Ronchi di Manzano

Manzano UD

La recensione di Gigi Brozzoni

SAPIDITÀ MATURA, AVVOLGENTE, PROFONDA

Roberta Borghese ha preso le redini di questa azienda familiare quando ancora non si parlava di quote rosa; si intuiva, però, la passione che animava il suo spirito e la determinazione che avrebbe mostrato nel reinventare la gestione dell’azienda. Un caso emblematico che dovrebbe essere studiato dai sociologi perché questa terra è prodiga di esempi di successo imprenditoriale tutto al femminile. Ognuno di noi potrà scovare nella propria memoria tanti nomi di donne che hanno fatto grande la viticoltura di questa regione.

Un secondo argomento importante è quello relativo al nome di questa piccola Doc legata al successo dei vini provenienti dai territori adiacenti l’Abbazia di Rosazzo; così qui si è voluto puntare sul nome del territorio anziché sul nome dei vitigni, dando a tutte le aziende la possibilità di scegliere e selezionare le varietà che più servivano ad esprime la personalità di un territorio e l’ideale di vino di ciascuno.

Eviteremo, quindi, di elencarvi i vitigni che compongono questa cuvée, proprio per non influenzare la percezione che ciascuno di voi ne ricaverà degustandola. Vi diremo solo che sono quattro i vitigni presenti e che nel loro complesso riescono ad esprimere note fruttate molto complesse, con tocchi vegetali e floreali e una sapidità matura, avvolgente e profonda che scaturisce anche da un lungo affinamento e destinato a prolungare la vita di questo eccellente vino.

Lisa Borghese, export manager dell’azienda di famiglia

IL NOSTRO ROSAZZO NASCE DALLA PASSIONE

Al cuore di Ronchi di Manzano c’è la passione. Dove oggi c’è l’azienda, c’era una frasca in cui tutti venivano a bere il bicchiere di vino, terminato il lavoro. Anche mio nonno, che produceva sedie, ci veniva. Si innamorò di questa collina e, presentatasi l’occasione, comprò i vigneti con il socio, Dorigo, che si occupava di curarli e vinificare.

Quando le loro strade si divisero, fu mia madre Roberta, allora ventenne, a voler i impegnarsi per continuare a far vivere l’azienda. Lo fece, per l’amore del padre e per quel luogo. Studiò e viaggiò facendo esperienze in aziende francesi e californiane. Imparò sul campo un mestiere e l’importanza del valore qualitativo.

La passione è la stessa che abbiamo mia sorella ed io, che abbiamo affiancato in azienda la mamma. Ma è ancora la passione per questo territorio che portò mia madre a compare un meraviglioso appezzamento di 20 ettari sul Colle Rosazzo, a 200 metri di altitudine. Un luogo di grande vocazione viticola, oggi fortunatamente riconosciuto anche dall’omonima Docg.

Una porzione ospita il vigneto da cui proviene il nostro Rosazzo bianco. Le quattro uve che lo compongono vengono vendemmiate assieme, studiando bene gli equilibri singoli di maturazione. La vinificazione è molto semplice, l’affinamento in inox e poi il riposo in bottiglia per un anno, prima di uscire sul mercato.

È un vino che ha una grande potenzialità evolutiva. D’altra parte va ricordato che l’uvaggio contiene un 50% di friulano, una varietà perfetta per originare vini longevi. Questo vino che ha buonissima struttura fa un matrimonio perfetto con un crudo di pesce e con i crostacei, ma anche con i primi e i secondi delicati di pesce. 

Friuli Colli Orientali Refosco dal Peduncolo Rosso
Ronco del Balbo 2016
Petrucco
Buttrio UD

La recensione di Gigi Brozzoni

UN VINO DALL’INQUIETA VITALITÀ

Lina e Paolo Petrucco si sono appassionati alla viticoltura nei primi anni Ottanta del secolo scorso, sull’onda di quanto stava accadendo in questa terra che, dopo anni di sofferenza e povertà, stava trovando una sua via al successo e alla prosperità. Le morbide colline dei Colli Orientali, in parte disegnate da ampi e sinuosi terrazzamenti che abbelliscono il paesaggio e facilitano la lavorazione dei suoli vitati, sono costituite dalle famose formazioni eoceniche chiamate localmente ponca, ovvero argille e marne calcaree stratificate che conferiscono ai vini vigore, intensità e complessità.

Il vitigno rosso più diffuso in queste terre è un’antica varietà chiamata refosco dal peduncolo rosso, per via del colore rosso violaceo del graspo; questo vitigno fa parte di una piccola famiglia di uve molto simili che verso oriente prende il nome di Terrano, mentre in Romagna si chiama Cagnina, e qua e la con diverse sfumature colora di rosso i vigneti d’autunno. Produce un vino vigoroso, perfino un poco rude e brusco che necessita di molte cure per riuscire a dare piacevolezza e garbo nel bicchiere.

I Petrucco limitano molto la produzione unitaria di uve, ne attendono, sfidando le intemperie, la piena maturazione, le vinificano in tini di acciaio termocontrollate e affinano lungamente il vino in barrique e tonneau per arrotondare i tannini e acquietare l’esuberante acidità. Il risultato è un vino dalla inquieta vitalità che sa, però, accompagnare egregiamente i forti sapori della cucina regionale.

Flavio Cabas, enologo

DA UN VIGNETO STORICO, UNA RIABILITAZIONE PER IL REFOSCO

Il refosco è una varietà in cui abbiamo sempre creduto, anche se storicamente è stato un vitigno bistrattato e da sempre destinato alle grandi rese, e poco alla qualità. Ma noi ci abbiamo fermamente creduto, appunto. Nei primi anni Duemila abbiamo iniziato a produrre questa selezione di Refosco che proviene da tre vigneti le cui piante hanno dai 30 ai 50 anni. Da queste preleviamo le uve migliori, con una vendemmia separata.

Il nome del vino si riferisce ai vecchi proprietari di queste terre. La proprietà dei vigneti stava all’interno della tenuta Florio – Balbo: la contessa Emanuela Florio – di Buttrio – aveva come marito Italo Balbo da cui il nome del vino. È soltanto un’attribuzione storica. E le vigne sono storiche, e vengono mantenute e ristrutturate soltanto attraverso la selezione massale: il patrimonio genetico resta così intatto.

Le uve vengono raccolte a perfetta maturazione – e mai surmature. Dopo la diraspatura stanno sulle bucce fino al termine della fermentazione alcolica, con folature e rimontaggi quotidiani. Passano poi a una pressatura soffice, fanno la malolattica in acciaio e poi per almeno un anno, riposano nel legno, in barrique da 225 o 228 litri, nuove,  di secondo e di  terzo passaggio.

In questi ultimi anni l’interesse dei consumatori per il Refosco è cresciuto, insidiando la palma d’oro del Merlot. Questo Refosco Vigna del Balbo, per la sua rustica eleganza, si sposa bene con le carni e coi formaggi stagionati e anche piccanti.

Per conoscere tutti i vini del Friuli Venezia Giulia selezionati dalla Guida Oro, scarica I Vini di Veronelli, app per dispositivi iOS e Android.

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IL LUOGO DEL BUON BERE

di Simonetta Lorigliola

Dom Bistrò
Sgonico TS

Sei nel cuore del Carso triestino, comune di Sgonico-Zgonik, località Borgo Grotta Gigante, o meglio, in parlata locale slovena carsolina: Briščke. 

Borgo Grotta Gigante

E abbiamo già detto molto. Qui è la grotta carsica con la sala più grande al mondo. La sua formazione comincia 10 milioni di anni fa nel Miocene: la scavano i fiumi ipogei per circa sei milioni di anni. Spettacolo. Vale la visita, soprattutto d’estate. 

A pochi metri dall’entrata della Grotta, il precedente locale della famiglia Milič, è stato preso e ristrutturato nel 2019 da Alex Vitez ed Alexander Sardoč, entrambi giovanissimi cultori di vini d’eccellenza, della buona gastronomia, dell’agricoltura contadina.

Alexander Sardoč e Alex Vitec – Foto Primorski dnevnik

Oggi è un locale disimpegnato ma curatissimo nel suo essenziale design, in cui spiccano i materiali: legno e pietra carsica. All’aperto, nella bella stagione, sia sta in un sereno giardino. 

Alle volte, forse, quando il locale è pieno, si desidererebbe che non fosse…troppo pieno, e che ci fosse meno confusione e meno concitazione, proprio a voler trovare qualcosa da migliorare. Ma passi…

Carta dei vini a vista

I vini sono custoditi da pareti di vetro e la Carta dei vini « esposta» al pubblico. Bella la disponibilità dei gestori nel consigliare e raccontare ogni etichetta si desideri conoscere. Oggi siamo a quota 300 etichette. La fanno da padroni il Carso, Il Collio-Brda, la Vipava e l’Istria. Non mancano testimonianze d’eccellenza italiane, austriache e tedesche.

Kuhanje doma: il Dom e la cucina di casa

Vogliamo anche mettere sotto i denti qualcosa di buono?

Dom in sloveno, e con prestito naturalmente latino, significa casa.

E qui la cucina ha l’aria di casa, ma non in senso naif: non c’entra la retorica della nonna e dei sapori d’infanzia. Qui abita la gioia di cucinare in modo semplice e sperimentale, senza mai cadere in inutili acrobazie. 

L’orto e la tavola

Mi racconta Alex Vitez: «Durante il lockdown abbiamo lavorato con l’asporto. Avevo più tempo e mi sono messo a fare l’orto per il locale, in alcuni terreni incolti che erano di mio nonno. Un orto quasi sinergico: non ho dato nemmeno rame e zolfo… è dura coltivare! Non ti ripaga economicamente, ma non lo faccio per il business, è giusto fare così, eticamente. Sto anche pensando a un vigneto…. Poi vedevo le file davanti ai panifici e ho pensato che avremmo potuto offrire del pane, e mi sono messo a farlo, trovando la giusta quadra. È piaciuto molto, e allora ho deciso di continuare a farlo per il locale».
Le farine sono del friulano Molino Moras, una parte è di segale, cereale totemico in queste terre. 

Sbeccolando

Al Dom, poi, si sta coi piedi per terra, e qui la terra è Carso: formaggi, carni, salumi, verdure. Local, più che mai. Ma si viaggia, anche, e si arpionano, a seconda, un’ottima burrata, del buon tonno rosso, dei bei paccheri al pomodoro e basilico… 

Il menu cambia e segue le stagioni. È una carta semplice, con misurate e intelligenti proposte. C’è spazio anche per ottimi panini, al vertice dei quali spicca un hamburger che gratia deo cancella ogni miseria delle catene macdonaldifere. Pane morbido uscito dal loro forno, carne eccellente, verdure fresche e saporose. Adolescenti – e non- sfogate qui, con godimento, la vostra voglia di fast food!

Vedi poi nel Menu, la voce Sbeccolando, lemma gergale non sdoganato dai dizionari d’italiano che però rende bene, nel suo mettere il becco in qualcosa di buono. Al Dom, per esempio, si sbeccola il Crudo carsolino da piccole produzioni locali di suprema stagionatura, tagliato a mano.

Ma si può iniziare una cena con un classico triestino i Sardoni (alici) marinati e mozzarella di bufala, matrimonio di mondi. 

Proseguendo (così recita la Carta) vanno citati i Tagliolini semi integrali con aglio, olio, peperoncino e scampi istriani, la cui dolcezza e morbidezza rappresentano un dato incontestabile. 

E poi le carni, tutte d’eccellenza e proposte in cotture semplici e rispettose di sapori e consistenze.

Carni d’eccellenza

Alex: «Le carni sono oggi di una selezionata pezzata rossa austriaca, ma stiamo andando in altra direzione: carni slovene, un incrocio tra Wagyu, la razza giapponese, e l’Angus in un piccolo allevamento che ha 40 bestie in tutto, lo fanno per passione… le mucche sono libere… Sono queste le carni a cui puntiamo e che poi possiamo anche raccontare».

E la pizza?!?

Infine, non si può tacere della pizza. Al Dom si dimentica ogni bruttura del famigerato binomio Pizzeria Ristorante. Siamo, infatti, in un bistrot, e vince la cucina essenziale e senza artifici, in ogni senso. 

Pizze con farina Moras (integrale al 30%) lievitate dalle 18 alle 36 ore, per garantire gusto e digeribilità. Poche (per fortuna) e ben studiate le tipologie, legate alla stagionalità. Sempre cotte a  puntino e senza quelle cicatrici nere sul sedere, segno di sciatte bruciature nefaste al gusto e alla salute. 

Notevoli le declinazioni pluri-territoriali, come la Bela (bianca, in sloveno), magico connubio di mozzarella, stracciatella pugliese, pesto di basilico e zucchine del loro orto. Slurp.

Slurp!

E con questa leccata di baffi, si chiude e si apre la carta d’identità di questo azzeccato locale.

Per l’estate si consiglia, a chi fosse da quelle parti nel week end, un’escursione alla Grotta gigante e un’obbligata visita al Dom. Non ci sarà spazio per alcuna delusione. 

Dom bistrò
Borgo Grotta Gigante, 87
SGONICO – TS
dombistro.it

Per conoscere gli altri Luoghi del Buon Bere del Friuli Venezia Giulia selezionati scarica l’App I vini di Veronelli


Gigi_Brozzoni

Gigi Brozzoni

Curatore della Guida Oro I Vini di Veronelli nato e residente a Bergamo, dopo molteplici esperienze maturate nel campo teatrale e nella progettazione di arredi, nel 1986 incontra Luigi Veronelli. La passione per il vino lo spinge a costanti frequentazioni gastronomiche finché nel 1988 arriva al Seminario Permanente Luigi Veronelli di cui assume la direzione nel 1989. Vi rimarrà per 25 anni fino al pensionamento nel 2013. Ha diretto la rivista Il Consenso è stato animatore di convegni tecnico-scientifici in ambito viticolo ed enologico e ideatore e conduttore di corsi di analisi sensoriale per professionisti e appassionati. Negli anni Novanta ha curato la redazione dei Cataloghi Veronelli dei Vini Doc e Docg. e dei Vini da Favola. È autore del libro Professione Sommelier che fu adottato come primo manuale sul vino per le scuole alberghiere italiane. Per l’Associazione Le Città del Vino ha curato numerose edizioni de Le Selezioni di Eccellenza dei vini italiani.


Simonetta Lorigliola

Simonetta Lorigliola, giornalista e autrice, si occupa di  cultura materiale. 
È nata e cresciuta in Friuli. Ha frequentato l’Università degli studi di Trieste, laureandosi in Filosofia. È stata Responsabile Comunicazione di Altromercato, la principale organizzazione di Commercio equo e solidale in Italia. Ha collaborato con Luigi Veronelli, nella sua rivista EV Vini, cibi, intelligenze e nel progetto Terra e libertà/critical wine. Ha vissuto in Messico, ad Acapulco, insegnando Lingua e cultura italiana. Ha diretto Konrad. Mensile di informazione critica del Friuli Venezia Giulia. Da molti anni collabora con il Seminario Veronelli per il quale è oggi Responsabile delle Attività culturali. La sua ultima pubblicazione è È un vino paesaggio (Deriveapprodi, 2018).
Foto di Jacopo Venier