di Marco Magnoli

«Le vin, en dèfinitive, vaut ce que vaut l’homme et l’ignorant ne fait du bon vin que par hasard»
(Il vino, in definitiva, vale quel che vale l’uomo e l’ignorante non fa vino buono se non per caso).

Con questo suo famoso motto, Émile Peynaud, uno dei più celebrati padri della moderna enologia francese, voleva affermare che per produrre vino di qualità eccellente sia necessario possedere precise conoscenze teoriche e pratiche, in vigna come in cantina.

Solo attraverso la competenza tecnica è, in effetti, possibile realizzare con costanza vini di elevata qualità e se a volte può capitare – seppur raramente – di assaggiare qualche discreto vino uscito dalle vigne e dalle mani di approssimativi improvvisatori, è assai difficile che tale buona riuscita si ripeta poi nel tempo, rimanendo, appunto, un isolato e del tutto fortuito caso.

Ora, fra tutti i vini credo che i più “tecnici” siano gli spumanti, o meglio gli spumanti ottenuti da Metodo Classico, una tipologia con cui non si può assolutamente improvvisare, agendo ispirati da vagheggiamenti e malie, ma è fondamentale padroneggiare le opportune conoscenze tecniche ed essere dotati dell’appropriata tecnologia di cantina.

Si ricorderà, per contro, come di Luigi Veronelli sia, invece, noto un altro motto:

«Il peggior vino contadino è migliore del miglior vino d’industria.»

Ad una lettura frettolosa e poco meditata, tale opinione potrebbe sembrare poco concorde con quella di Peynaud, un fraintendimento nel quale si rischia di cadere qualora si intenda ‘contadino’ come sinonimo di ‘ignorante’ (cosa che, evidentemente, non è) e ‘competenza e dotazioni tecniche’ come equivalenti a ‘metodo industriale’.

In realtà Veronelli era senz’altro d’accordo con Peynaud.

Dal canto suo intendeva piuttosto sottolineare come il vino, per essere veramente grande, debba esprimere oltre alla qualità organolettica anche un’anima, un sentimento, un’emozione; non deve essere una bevanda prodotta in serie, ma raccontare qualcosa di unico e irripetibile.

Deve, insomma, incarnare l’idea un po’ romantica dell’artigianalità, tant’è che fu sempre Veronelli a scrivere:

«Il contadino e l’artigiano mettono certo in conto il profitto, […] ma ci aggiungono sempre, per ragioni storiche e culturali, […] la volontà del ben eseguito e del coinvolgimento appunto sentimentale».

La padronanza della tecnica agronomica ed enologica non sono certo fuori contesto in quest’ottica, ma sono piuttosto un presupposto indispensabile per esprimersi in un lavoro artigianale d’eccellenza.

Artigiano è chi possiede un mestiere, un’arte e la svolge con perizia.

Artigianalità significa perseguire la miglior cura del dettaglio; anzi, porre l’enfasi sull’unicità, sulla differenza di ogni singolo dettaglio è ciò che può fare del tecnico/artigiano un artista, inteso come colui o colei che, attraverso la padronanza di una tecnica, riesce ad esprimere l’anima di ciò che realizza e, dunque, la sua stessa anima.

Proprio tra i tanti Metodo Classico prodotti nel nostro Paese ve n’è uno che ci pare esemplare di quanto abbiamo fin qui affermato.

Il Giulio Ferrari Riserva del Fondatore, prodotto a Trento dall’azienda Ferrari dei fratelli Lunelli, con la sua elevatissima qualità e la sua sicura costanza qualitativa è una palese dimostrazione di questi concetti.

In un calice di Giulio Ferrari c’è sicuramente la vocazione di un territorio, forse il più vocato in Italia per la coltivazione di uve da spumante grazie al clima fresco, all’altitudine e alla giacitura dei vigneti, che permettono ai grappoli di maturare lentamente arricchendosi di aromi, ma al contempo mantenendo l’opportuna ed equilibrata freschezza acida.

È, però, la grande competenza tecnica di Casa Ferrari che consente a tale vocazione di esprimersi appieno ed in modo unico nei suoi Metodo Classico, in particolare nelle selezioni millesimate a lungo affinate sui lieviti e a basso o nullo dosaggio, tipologie che non perdonano nulla, non concedono alcun errore né in fase di elaborazione del vino base né in quella successiva di spumantizzazione.

Il Giulio Ferrari Riserva del Fondatore è un Trento Doc Extra Brut, Blanc de Blancs prodotto solo con selezionatissime uve chardonnay, affinato oltre dieci anni sui lieviti per esprimere ad ogni annata la magia che ne ha fatto da tempo un’autentica leggenda tra gli appassionati.

Non è dunque un caso – né tantomeno un hasard – se il millesimo 2010 si sia aggiudicato il riconoscimento di Migliore Assaggio ovvero miglior vino spumante italiano nell’edizione 2022 della nostra Guida Oro i Vini di Veronelli, come era del resto già avvenuto lo scorso anno con il millesimo 2009.

Ruben Larentis, enologo di Ferrari, sostiene che col Metodo Classico ci vogliono tempo e pazienza, così che possa lentamente costruire la sua finezza e profondità.

Una decennale maturazione sui lieviti che non è solo preludio di complessità, ma anche promessa di longevità.

Più che dell’estrema eleganza e del sottilissimo perlage del 2010, infatti, vorremo qui raccontarvi dello stupore che ci ha colto al recente assaggio di una bottiglia di Giulio Ferrari Riserva del Fondatore 1999, un vino incredibilmente coinvolgente, di eccezionale integrità, il cui incedere ricco, morbido, a tratti sontuoso eppure così preciso e puntuale ci ha svelato come queste terre nordiche e alpine si esprimano anche attraverso la pienezza di una matura e aristocratica dama che, sotto i preziosi ornamenti di cui ha saputo agghindarsi col tempo, mantiene il raffinato portamento insieme alla grazia e alla seduzione vive, guizzanti, essenziali e palpitanti delle forme e degli sguardi.

Le imminenti Festività natalizie ci sono sembrate l’occasione migliore per invitarvi ad un brindisi benaugurale con un calice di Giulio Ferrari (per l’annata lasciamo a voi la scelta, perché davvero è solo questione di dettaglio), Metodo Classico trentino che racchiude in ogni sua diversa espressione e sfumatura tutta l’atmosfera, la poesia, la tradizione e, naturalmente, il savoir-faire di un territorio incantevole e di una Casa spumantistica tra le più prestigiose al mondo.

E allora cin-cin e buon Natale a tutti dal Seminario Veronelli!



MARCO MAGNOLI

Deve alla tradizione familiare la passione per i vini di qualità e a Luigi Veronelli, incontrato nel 2001, l’incoraggiamento a occuparsi di critica enologica. Dal 2003 è collaboratore del Seminario Permanente Luigi Veronelli. È tra i curatori della Guida Oro I Vini di Veronelli.