LA STRAORDINARIA
di Rita Filice
STRAORDINARIO /stra·or·di·nà·rio/ agg. [dal lat. extraordinarius, comp. di extra «fuori» e ordo -dĭnis «ordine» (cfr. ordinarius «ordinario»)]: eccedente i limiti del normale o del comune, con significati che si determinano nel senso di un’eccezionalità rispetto alla prassi o all’ordine consueto, oppure nel senso di una rilevanza o esorbitanza quantitativamente o qualitativamente superlativa.
Quando si parla di Langhe è un aggettivo che viene utilizzato spesso, in aumento se il riferimento è al vitigno nebbiolo e ancor di più di vino Barolo.
In questo caso, l’aggettivo straordinario è alquanto inscindibile da Vignarionda.
Per ragioni che spesso si perdono in un passato remoto, alcune vigne godono di una fama singolare, avvolte in una suggestione particolare. Una vigna già conosciuta e apprezzata nel 1879, come dimostrato dall’Inchiesta Agraria sulla fabbricazione del vino nelle Langhe eseguita dallo studioso monfortese Giovanni Gagna.
Una notorietà che si è consolidata sensibilmente con il passare dei decenni e che già negli anni Sessanta, quando il Barolo era ancora prevalentemente un vino d’assemblaggio, veniva sottolineata sia dal prezzo delle sue uve (sempre maggiore rispetto a quelle delle altre vigne del comune), sia dalle preferenze dei mediatori e dei commercianti dell’epoca.
Vignarionda si trova nel cuore del versante occidentale della dorsale collinare del comune di Serralunga d’Alba e si estende per circa dieci ettari, a un’altitudine fra i 300 e i 350 metri.
La matrice geologica dominante del terreno è la Formazione di Lequio, che rappresenta l’ultima propaggine delle formazioni tipiche dell’Alta Langa, oltre ad essere la più antica e la più ricca in calcare tra quelle presenti nella zona di Barolo.
È costituita da sabbie arenacee di colore giallo-rossastro, spesso con laminazione parallela e ondulata in strati da 10 a 50 cm, alternate a marne siltose grigie e azzurrognole in strati da 5 a 40 cm.
Una formazione che domina praticamente tutto il comune, con l’eccezione dell’area che interessa i Cru Prapò e Cerretta, poggiati sulle Arenarie di Diano, e l’estremità settentrionale del comune, quella di Fontanafredda, Carpegna e Sorano, che poggiano sulle Marne di Sant’Agata.
In tale contesto, il suolo della Vigna Rionda rivela una supremazia rispetto alle altre vigne del comprensorio, sia per quanto riguarda il calcare attivo (con una percentuale del 13,58% contro, ad esempio, l’11,68% delle Brunate o l’8,60% dei Cannubi), sia per quanto riguarda il calcare totale (con una percentuale del 31,68% contro il 23,72% della Bussia o il 24,38% dell’Annunziata).
Particolarmente elevati, rispetto alla media, anche i livelli di elementi minerali quali boro, ferro e rame. Inoltre, la sua esposizione – tra sud e sud-ovest – particolarmente favorevole, la posizione isolata da altre menzioni e la protezione ricevuta dalle colline di Perno e Castelletto sono elementi che rendono Vignarionda una vigna particolarmente assolata.
Una caratteristica, questa, che contribuisce alla creazione di Barolo austeri e longevi, con una naturale propensione alla concentrazione che spesso sfocia in strutture imponenti, dotate di una trama tannica di spessore e intransigente.
Alessandro Masnaghetti, uno dei massimi esperti del terroir langarolo, si esprime in questi termini nel suo Barolo MGA, Menzioni Geografiche Aggiuntive:
«Senza nulla togliere ad altre menzioni di questo comune, Vignarionda nell’immaginario di molte persone è diventata un vero e proprio sinonimo di Barolo di Serralunga d’Alba, anche se per la verità lo stile dei suoi vini è quello che più stacca dai canoni riconosciuti di questo comune. Per dirla in altro modo – prima ancora che dei vini di Serralunga d’Alba – dei Barolo di Vignarionda, tanto è chiara l’impronta del cru. Un’impronta che si traduce in uno stile verticale, austero, a volte inflessibile e a volte più conciliante, che si ritrova sia nel cuore storico di questa vigna sia nel settore rivolto ad occidente, che giustifica così senza esitazione la sua appartenenza alla menzione ».
La Vignarionda, suddivisa in una ventina di parcelle, è in mano attualmente a 10 proprietari, 6 dei quali imbottigliano singolarmente il cru rivendicandone l’origine in etichetta: Massolino, Oddero Poderi e Cantine, Luigi Pira, Vigneti Luigi Oddero e Figli, Giacomo Anselma, Ettore Germano, Guido Porro, Regis, Terre del Barolo e Giovanni Rosso.
Uno dei vini simbolo – con la grande capacità di rispecchiare le caratteristiche espresse da questo terroir più antico – è sicuramente il Barolo Vigna Rionda Riserva di Massolino, la cui annata 2014 è stata oggetto di un nostro recente assaggio.
L’azienda affonda le proprie origini nel 1896, quando Giovanni Massolino crea la tipica fattoria langarola, incentrata su allevamento, coltivazione di ortofrutticole e produzione di vino, poi venduto sfuso.
La scelta per una produzione d’eccellenza si rafforza progressivamente con il passare dei decenni, scanditi dall’acquisto di cru come Parafada (1957) e Vigna Rionda (1960).
Ogni generazione ha apportato il proprio contributo: Giuseppe Massolino prima, Renato e Giovanni poi. Ma è in particolare con Franco e Roberto che l’azienda è entrata nel novero delle più luminose realtà langarole.
Il Vigna Rionda della famiglia Massolino, prodotto per la prima volta nel 1982, nasce da circa 2,3 ettari posti nella sezione centro-occidentale della menzione.
Gli impianti, orientati a girapoggio, sono datati 1965, 1985 e 2004.
L’esposizione delle piante varia da sud sud-ovest a ovest sud-ovest nelle parcelle che accompagnano la curva della collina verso nord.
La Riserva Vigna Rionda è il Barolo più diretto tra quelli di Massolino.
Un Barolo che non lascia nulla nascosto, non detto. La grande personalità della vigna si esprime qui in tutto il suo splendore.
Forte impatto olfattivo caratterizzato da una ricchezza fruttata (fragola, lampone e melograno), nota di camino e legno arso (tipico del Barolo di Serralunga) e una coda leggera di rosa selvatica. La trama tannica è talmente sottile e ben tessuta capace di donare una sensazione di quasi rotondità e morbidezza, pur sapendo che sotto c’è una materia prima in continuo movimento che regala un sorso vibrante.
Vino di straordinaria forza, potenza e personalità.
Uno dei capolavori della viticultura italiana d’eccellenza.