Cronaca di una giornata a incontrare poliedrici assaggi di Ornellaia (e altre chicche)

di Gigi Brozzoni

È stata un’alzataccia fredda e tagliente, ma ne ho fatte tante e anche peggiori. 

Il Bergamo-Milano è in orario, nonostante gli allarmi di scioperi in vista. Solo foschia e un po’ di nebbia prima di Milano. In compenso il Frecciarossa proveniente da Torino porta un bel 25 minuti di ritardo. Mi distraggo con un caffè macchiato; adocchio una vetrina carica di variopinti macarons che non riescono ad interessarmi, ma subito dopo sono attratto dalla firma del pasticciere parigino Pierre Hermé e da scatolette di Bonbons Chocolat alle quali non so resistere e che decido di condividere al mio rientro a casa. 

Il Frecciarossa riparte da Milano in un clima annebbiato che si incupisce avvicinandosi al Po, ma che, superando Piacenza, si dissolve e si apre in un limpido sole padano. 

A Firenze si scende e si procede in buona compagnia con un confortevole pulmino. 

Ma è in prossimità di Livorno che il panorama, il clima, il profumo cambiano decisamente; la luce si fa più nitida e intensa e i bagliori del mare appena mosso da piccole onde mi portano un poco di nostalgia, una carezza di ricordi e sensazioni dolcissime e soavi. Una veloce pausa pranzo e siamo pronti a ripartire per la nostra meta.

Eccoci, quindi, sulla Bolgherese; ne riconosco tutte le curve, le vigne, i casali, le cappelle, le cascine e le finte cascine. 

Dopo le prime salitelle un ricco cancello si apre su un lungo viottolo che costeggia i primi vigneti. Siamo all’ingresso di Ornellaia, dove si trovano i fabbricati destinati all’ospitalità. Noi, però, proseguiamo verso le colline dove è ubicata la cantina e dove si comincia a percepire la geografia delle vigne, dalle più recenti a quelle più vecchie, fino a quelle di Masseto

Nei pressi di alcuni filari di cabernet sauvignon incontriamo una squadra di potatrici capitanate da Marco Balsimelli, nuovo direttore di Ornellaia, e da Giuliano Tarchi, storico agronomo dell’azienda. Con loro impariamo a riconoscere le tecniche di potatura e a capirne i motivi in funzione della qualità ricercata. Un lavoro minuzioso, apparentemente ripetitivo, ma che invece richiede una continua sensibilità e capacità di comprendere le viti: ogni pianta va interpretata così da farla lavorare uniformemente a tutte le decine di migliaia di altre piante per ottenere risultati omogenei.

Ora ci spostiamo nella Sala dei Cedri per una degustazione di cinque annate di Ornellaia; si parte dalla 2001 per passare al 2005, al 2011, al 2015 e concludere con la presentazione dell’ultima annata in commercio, la 2022. Siamo assistiti da Vittorio e Lamberto Frescobaldi e dal direttore Marco Balsimelli. 

In questi cinque vini è racchiuso un periodo molto importante e significativo di Ornellaia, perché con il 2001 si congeda la conduzione tecnica di Thomas Duroux e con la 2005 Axel Heinz avrà già compiuto un suo buon rodaggio quadriennale con le vigne bolgheresi. Tutti gli altri vini sono stati realizzati con la direzione tecnica di Axel Heinz e solo il 2022 verrà imbottigliato con l’assistenza di Denise Cosentino, attuale winemaker di Ornellaia.

Il 2001, in realtà, appare piuttosto deludente per le lievi note evolutive, evidenziate anche da un’insolita sfumatura bruno-granata, ed i profumi e i sapori molto maturi, ma leggermente cedevoli e carenti di energia vitale e dinamica. Strana evoluzione di un vino nato in un’annata non particolarmente calda, che diede maturazioni piuttosto equilibrate e che all’epoca, degustato insieme a Daniel Thomases, si meritò un punteggio molto allettante.

Il cambio di passo lo abbiamo avvertito nettamente con il 2005, in parte per l’ottimo andamento stagionale, che ha portato a eccellenti maturazioni tutte le uve, dai più precoci merlot ai più tardivi cabernet, ma forse anche per le due novità apportate da Axel Heinz, ovvero l’aumento della presenza di cabernet franc e la comparsa del petit verdot (ancora in quantità limitata, ma che sarà destinata ad aumentare negli anni successivi). 

Così, a distanza di soli quattro anni dal precedente, ci ritroviamo un vino estremamente più integro e vitale, complesso e maturo, dal carattere spiccatamente bordolese con quei tocchi leggermente animali, note di tabacco e lievemente balsamiche; il frutto è maturo e succoso e la trama tannica finissima, dal piglio ancora vivace e dinamico.

Con Ornellaia 2011 troviamo una novità, ovvero l’indicazione del carattere distintivo dell’annata espresso attraverso un nome. Il 2011 è stato battezzato L’Infinito, un termine che descrive appropriatamente il carattere del vino, che si apre con un gran frutto maturo e denso, ricco di sfumature vegetali e balsamiche, speziate e quasi piccanti; la trama tannica è fittissima, vivace ed esuberante, quasi mascolina, ma morbida e suadente e si prolunga in mutevoli rivoli a sottolineare la sua grande, dinamica e sferica personalità. Qui il ruolo del merlot sembra aver ceduto una ricchezza fruttata e una consistenza vellutata di superiore classe.

Il 2015 di Ornellaia è stato chiamato Il Carisma e mai definizione ci è parsa più azzeccata, in quanto si è trattato di un’annata perfetta, senza eccessi né carenze: ogni cosa al tempo giusto, ogni evento arrivato al momento opportuno, come il gran caldo di luglio, ma anche le piogge agostane, e alla fine ogni vitigno è giunto a perfetta maturazione, sanissimo e pronto a dare il massimo di sé. Il vino, con un deciso timbro vegetale dato da cabernet franc e petit verdot, ha tenuto a bada il forte carattere fruttato maturo e denso, succoso e polposo insieme. Ne è scaturita una personalità di grande ampiezza e freschezza vegetal-balsamica, una trama di tannini finissimi, ben tessuti ma di sicura e continua consistenza, a tratti persino incisivi tanto da rafforzare la struttura complessiva dei gusti, della loro complessità e persistenza.

Ma la nostra curiosità batteva forte per il Bolgheri Superiore Ornellaia 2022: La Determinazione. Ovvero quel carattere necessario a pensare, prima, e costruire, dopo, il vino con il quale affrontare le difficili sfide che il futuro sta lanciando al mondo della viticoltura nazionale ed internazionale. I nuovi consumatori, i nuovi mercati erano e sono ancora in attesa di un segno, di un cambio di passo da parte dei produttori di grandi vini. Perché proprio da loro deve arrivare il segnale, l’avvertimento che si è capita la necessità di modificare qualcosa del proprio lavoro; che non sono più i produttori a imporre i loro vini, ma sono i consumatori a chiedere nuove vie, nuovi modi di bere vini, grandi vini.

Eccolo Ornellaia 2022, determinato a far esplodere profumi di straordinaria ricchezza e maturità, frutti di bosco più succosi che polposi, toni balsamici freschi e quasi vegetali, spezie leggere e poco dolci, garbate e gentili, tannini fitti e minuti, finissimi e carezzevoli. Il vino deve scorrere in bocca leggero e fragrante, vibrante e palpitante. In un soffio si ingerisce e saranno solo i sapori a rimanere a lungo senza ostacoli alcolici e densità glicerinose. Questo è un perfetto e performante vino “moderno”. 

Un vino destinato a segnare un punto di svolta per il futuro. Da applausi.

Certo, una giornata così bisogna concluderla degnamente; non si può pensare di chiuderla con un piattino qualsiasi. 

Così, in una scenografia spettacolare, con un trionfo di piccoli candidi tulipani, Daniele Zazzeri del ristorante La Pineta ci ha dato modo di bere un elegantissimo Bolgheri Ornellaia Bianco 2022 con un Fritto di polpo e arancia; i Paccheri con tonno rosso sono stati accompagnati dall’ottimo Bolgheri Rosso Le Serre Nuove dell’Ornellaia 2022; il Filetto di capriolo alla griglia ci ha consentito di riassaggiare il superbo Bolgheri Superiore Ornellaia 2022 (ancor più buono a tavola che in degustazione) e per chiudere un Tris di pecorino di diversa provenienza e stagionatura ha accompagnato un doppio magnum di Bolgheri Superiore Ornellaia 1997 di formidabile bontà. 

Per la cronaca, nel 1997 l’azienda era ancora guidata da Ludovico Antinori e questo vino fu prodotto da Andrea Giovannini, enologo, di concerto con Andrea Paoletti, agronomo. Tutto ciò è documentato sulla Guida Oro I Vini di Veronelli 2001 e valutato dal sottoscritto.

Il giorno successivo, dalla lucentezza di Bolgheri e della costa livornese, gradualmente sono ritornato alle nebbie e nebbioline della Val Padana. Rientrato a casa, le temperature medie erano scese di una decina di gradi centigradi, ma il calore e il clima domestico si sono rivelati, come sempre, impagabili. Forse questa volta un po’ più del solito: per il ricordo di una splendida esperienza bolgherese, certo; ma anche, devo confessarlo, grazie alla scatoletta di cioccolatini di Pierre Hermé spuntata dal mio zainetto…


Gigi_Brozzoni

Gigi Brozzoni

Curatore della Guida Oro I Vini di Veronelli nato e residente a Bergamo, dopo molteplici esperienze maturate nel campo teatrale e nella progettazione di arredi, nel 1986 incontra Luigi Veronelli. La passione per il vino lo spinge a costanti frequentazioni gastronomiche finché nel 1988 arriva al Seminario Permanente Luigi Veronelli di cui assume la direzione nel 1989. Vi rimarrà per 25 anni fino al pensionamento nel 2013. Ha diretto la rivista Il Consenso è stato animatore di convegni tecnico-scientifici in ambito viticolo ed enologico e ideatore e conduttore di corsi di analisi sensoriale per professionisti e appassionati. Negli anni Novanta ha curato la redazione dei Cataloghi Veronelli dei Vini Doc e Docg. e dei Vini da Favola. È autore del libro Professione Sommelier che fu adottato come primo manuale sul vino per le scuole alberghiere italiane. Per l’Associazione Le Città del Vino ha curato numerose edizioni de Le Selezioni di Eccellenza dei vini italiani.