Un luogo di sensorialità totale.

di Ilaria Bussoni

Ben più che un ristorante, la Locanda Mariella è un precipitato sensoriale di quella cultura gastronomica che ha radici nella cucina dell’Appennino parmense, ma che nei decenni ha continuato a cercare nuove strade per declinare sempre al futuro la parola territorio.

Qualcosa in più di un ristorante che, nella proposta di una cucina anzitutto attenta alla relazione, con le materie prime, con gli ospiti, con gli amici abituali e con quelli che lo diventeranno durante il pasto, ha saputo interpretare il genius loci di un luogo da sempre aperto al passaggio.

Siamo tre le «comunità ospitali» della via Francigena. Tra quei piccoli insediamenti costruiti nell’anno Mille lungo la strada dei pellegrini, disseminati di pievi romaniche in calcare beige a interrompere campi, ancora oggi coltivati a foraggio, dai quali proviene il Parmigiano di montagna. Tra le bordure di querce che poco più in alto si estendono a boschi, tra i quali si va in cerca del tartufo nero di Fragno. Lungo una valle «minore» – la Val Baganza – di un Appennino preservato dall’edilizia del boom economico degli anni Settanta e, per questo, luogo incantevole.

Da locanda per cacciatori della sua famiglia Gennari, Mariella ha accompagnato il cammino dei genitori da poco scomparsi trovando un passo gastronomico, condiviso da subito con il marito Guido Cerioni, che oggi sfocia in tre sorprendenti percorsi di degustazione. Tre menu completi che sono il risultato dell’equilibrio degli incontri e degli eventi che hanno attraversato queste vite e questi luoghi negli ultimi decenni, tradotti nei sensi del gusto.

E così il menu della Tradizione, con l’immancabile Anolino di stracotto in brodo e il resto tra bosco e pascoli. Scopriamo che oggi a prepararli è Kuniko Onuma, giovane cuoco giapponese accolto da Mariella e Guido come un amico di sempre. Ma Kuni, oltre alla maestria nei ravioli, tradizione dalla quale proviene, a Fragno ha portato conoscenza e tecniche della preparazione del pesce. Per questo il locale oggi può proporre un menù Oltre confine, dove il sapere è del mar del Giappone e la materia del vicinissimo mar Ligure, di Fagiolini neri con gambero rosso crudo marinato, zucchine e crema di mandorle e Capasanta scottata con brodo di pesce tiepido e melanzana, oltre al Pescato del giorno.

La mano di Kuni sembra avere da sempre abitato questi luoghi, anche quando nel percorso degustazione dedicato alla Terra propone il Sansyo per il Filetto di maiale tranquillo cotto rosato o i Cappellacci ripieni di caprino cacio e pepe o si sospetta contamini Joyce Mazzocchi, alla preparazione dei dolci, con lo Yuzu, agrume orientale fortemente aromatico. E così i menu degustazione diventano quattro, quando tra i dessert, oltre all’imprescindibile Zuppa inglese scomposta con Alchermes 32°, scorre la descrizione paratattica (il cuoco di nome fa pur sempre Joyce) di Rabarbaro, confettura di pesca, lamponi o Ricotta, ananas al peperoncino, crumble alle mandorle.

In sala, Mariella e Guido non mancheranno di leggere e assecondare il desiderio di terroir degli avventori, proponendo (solo se stagione) tartufo nero di Fragno, Parmigiano Reggiano del caseificio di Ravarano e Prosciutto crudo di Parma 30 mesi del salumificio Ruliano, insieme al pane del panificio di Cassio. L’origine delle materie (olio, uova, verdure e farine incluse) la troverete nei menu, precisata dalla conoscenza diretta dei produttori poco lontani e dal tono gentile e affabile della parola di questi ristoratori alla continua ricerca di incontri imprevisti e nuove alleanze.

Nelle sale tranquille non sorprenderà trovare gli impianti stereo che Guido Cerioni assembla ad arte per una riproduzione del suono che è parte integrante della qualità dell’esperienza sensoriale (anche in un ristorante) o, poco sopra la balconata che solo in estate funge da spazio esterno (siamo pur sempre in mezza montagna), la grande opera-graffito del muralista Zero-T. Incursioni uditive e visuali che esprimono l’andante curiosità di un coppia che in un villaggio dell’Appennino ha capito che per far esistere un luogo non occorre resistere ma predisporsi all’amicizia.

Quella stessa che ritroviamo in una Carta dei vini relazionale, che comincia con la Valigia globale nel 1987 e i viaggi in Australia, California, Sudafrica, Austria, Francia, alla ricerca di vini grandi ma soprattutto di altrettante storie, vigne, paesaggi e incontri da raccontare al momento di berli, che attraversa gli anni inevitabili dei Barolo Boys (e poi Girls) e che finisce per trovare sodalizi inamovibili nelle mineralità del Jura e della Champagne e in centinaia di vignaioli artigiani italiani proposti con accuratezza e grande onestà nei prezzi. Questa monumentale cantina offre dunque una domanda aperta e azzardata come ogni incontro, si dispiega nella fiducia, nella reciproca conoscenza di oste e cliente, nella sensibilità che sonda e crea un terreno comune sgombro da pregiudizi.

Nel prenotare (si consiglia con un pò di anticipo) e nello scegliere uno dei menu, comunque sempre in trasformazione, potrete osare richieste di verticali e immersioni geografiche anche esterofile o lasciar fare alla relazione con Mariella e Guido, eccezionali interpreti di una comunità ospitale che saprà indicarvi sorprendenti vie gastronomiche. Ovunque vadano, vi riporteranno a Fragno.

LOCANDA MARIELLA
Località Fragno
Fragnolo (PR)
locandamariella.it

Credits Photo: Alberto Blasetti e Locanda Mariella


Ilaria Bussoni

Filosofa di formazione, ha studiato e vissuto in Francia. E tra i fondatori della casa editrice DeriveApprodi, per la quale oggi co-dirige la collana di cultura materiale habitus. È fondatrice con Nicola Martino del magazine online OperaViva, per il quale scrive di estetica, arte e cinema.