L’ASSAGGIO
Molise Rosso Riserva Don Luigi 2015
Di Majo Norante | Campomarino CB
di Marco Magnoli
Negli anni in cui la mia passione per il vino cominciava ad approfondirsi, la rinascita della vitivinicoltura italiana era già ben più che avviata; per molti versi, anzi, era già definitivamente consolidata.
V’erano ancora, però, alcuni comprensori nei quali le aziende stentavano un poco a trovare la loro strada, talvolta confuse e intrappolate da tradizioni antiche, ma non per questo necessariamente virtuose, che sembravano anzi frapporre qualche ostacolo di troppo alla migliore realizzazione di ogni velleità qualitativa.
A volte capitava, poi, che quanti si rendevano conto di tale situazione cercassero di porvi rimedio intraprendendo percorsi che parevano forse più semplici, ma sovente risultavano assai perniciosi, limitandosi a scimmiottare, non di rado in malo modo, modelli elaborati da altri in altri contesti, con risultati, quindi, non particolarmente esaltanti.
Un panorama nel quale, tuttavia, v’erano dei vini, delle etichette, il cui nome veniva considerato una sorta di totem, investito di una valenza quasi mitica quale simbolo di eccellenza, antica o recente che fosse; nomi già piuttosto noti oppure nuovi astri che iniziavano a far parlare di sé nel rinnovato palcoscenico enoico italiano.
Occorre, in tutta onestà, riconoscere che per alcune aree, in particolare le più piccole e, all’epoca, davvero marginali nel contesto vitivinicolo nazionale, quei nomi si riducevano spesso ad uno solo, una sola etichetta che riassumeva in sé tutte le ambizioni e le aspirazioni di un intero territorio.
Ricordo ancora come, giovani adepti del culto di Dioniso, ci si intrufolava al Vinitaly o a qualsiasi altra manifestazione enoica alla caccia di questi feticci, anelando un assaggio che ci confermasse nelle nostre attese o ci aprisse gli occhi su quelle che, ad ogni buon conto, potevano in effetti risultare null’altro che fole.
Tra i vini totemici ve n’era uno molisano, in realtà uno dei pochissimi – se non l’unico – di quella regione un filo esotica e misteriosa, almeno sotto il profilo vinicolo, la cui fama girasse con insistenza tra gli appassionati, suscitando forti aspettative: il Don Luigi di Di Majo Norante.
Non molto si sapeva del Molise, se non che vi si trovavano più o meno gli stessi vitigni coltivati nelle regioni circostanti (tra i rossi prevalentemente montepulciano e aglianico, dato che in quel tempo la tintilia era ancora poco più di una scommessa), come se ciò dovesse ineluttabilmente costituire un limite qualitativo
Il Don Luigi, però, pareva mettere d’accordo tutti, emblema di un modo moderno di fare il vino che non stravolgeva, tuttavia, i richiami ad una precisa origine, di luoghi e di vitigni; un Montepulciano condito da una percentuale di Aglianico che scaldava cuori e palati, svegliando inattese emozioni.
Personalmente ho sempre trovato il Don Luigi un vino ottimo, il più delle volte persino eccellente.
È un vino che dimostra quanto il segreto del successo stia nella volontà di non lasciare nulla al caso, nello studiare con attenzione e con i mezzi adeguati la vocazionalità delle terre e delle uve, nel saper investire con cognizione e senza timori.
Perché è senza alcun dubbio vero che, come ci viene ormai ripetuto da ogni parte quasi fosse un mantra, il grande vino lo fa la vigna, ma, con buona pace di sentimentalismi ed idealismi eccessivi e spesso mal posti, la grandezza di un vino la compongono le mani e le menti che di quella vigna sanno cogliere le peculiari potenzialità e, di conseguenza, sanno come prendersene opportunamente cura; la fanno, ancora, le mani e le menti che poi, in cantina, sanno trasformare con sensibilità le uve in un vino che riunisce e fonde con sapienza ogni elemento e presupposto naturale, sublimandolo in un insieme «umanamente» compiuto.
Oggi in Molise i vini ottimi e ben realizzati sono sempre più numerosi, ma il Molise Rosso Riserva Don Luigi dei Di Majo Norante continua a proporsi come la più autentica e compiuta eccellenza regionale.
Ancor di più, con il suo profumo ricco, davvero espresso con eccezionale compostezza ed eleganza, ed il suo gusto denso, di grande struttura, racchiuso e sostenuto dalla forza di una trama tannica fittissima, serrata ed assai raffinata, che dona lunghezza e pienezza al sorso, l’annata 2015 pare aver raggiunto un superiore livello di completezza e definizione, dimostrandosi vino «materico», caldo e potente, eppure raccontato in ogni sfumatura con nitore, precisione e nettezza straordinari.
MARCO MAGNOLI
Deve alla tradizione familiare la passione per i vini di qualità e a Luigi Veronelli, incontrato nel 2001, l’incoraggiamento a occuparsi di critica enologica. Dal 2003 è collaboratore del Seminario Permanente Luigi Veronelli. È tra i curatori della Guida Oro I Vini di Veronelli.