In dialogo con Sabrina Tedeschi.

a cura della Redazione

Vino e mercato, un binomio su cui, in una situazione di generale instabilità, molti discutono. Ecco il quadro attuale secondo Sabrina Tedeschi, che per l’azienda di famiglia si occupa proprio di mercati, in Italia e soprattutto all’estero, tra Canada, Usa, mercati asiatici e centro europei.

Dopo i vari ribaltoni di questi mesi, come vedi oggi la situazione?

La crisi è mondiale e siamo in un momento critico. Va però ricordato, per evitare sterili autoreferenzialità, che ci sono settori che soffrono di più che il mondo del vino. Io però dico che, in generale, questi momenti di instabilità possono portare a un’analisi profonda di prospettive e azioni. 

La vostra analisi dove conduce?

Innanzitutto bisogna lavorare per differenziare il mercato, evitando di legarsi a pochi interlocutori.

In secondo luogo, l’instabilità si affronta con il coraggio di evolvere. E anche di osare. Non è facile perchè cambiare significa investire e, con un mercato che traballa, è rischioso. Tuttavia, quella è la direzione.

Un esempio concreto di cosa significhi?

Per esempio noi abbiamo lavorato per ottenere un nuovo vino bianco, una novità dal punto di vista stilistico, osando puntare su un blend di garganega e riesling. Un vino che mantenga le caratteristiche del territorio, ma risponda a uno stile di freschezza e aromaticità più attuali, anche contenendo il grado alcolico.

E poi stiamo anche rivedendo le strategie di appassimento perchè il cambiamento climatico, con annate molto calde, ha mutato le caratteristiche delle uve e dobbiamo tenerne conto, per salvaguardare la bevibilità.

Queste strategie di cambiamento sono una svolta che si farà radicale?

No, perchè per noi mantenere lo stile delle produzioni di famiglia resta essenziale. È piuttosto un lavoro di continua evoluzione e aggiustamento per salvaguardare la piacevolezza nei nostri vini. Non bisogna mai allontanarsi dal proprio essere, ma lo stile può evolvere, in coerenza con la propria identità.

In questo momento ti senti ottimista o pessimista?

Mi viene in mente la questione di come, storicamente, i nostri contadini affrontavano le grandinate: testa bassa e avanti!

Non devi mai lasciare nulla a caso e devi essere preparato a ogni evenienza. E poi non devi mai farti sopraffare dalla tristezza.

Anche se oggi, per come va il mondo in generale, una certa dose di tristezza piomba addosso a tutti…

È vero ma bisogna salvaguardare una dose di ottimismo. Sulla questione di vino e mercati, ad esempio, è ovvio che quell’euforia post covid non poteva durare. Dovevamo essere preparati a un arresto. E oggi bisogna guardare avanti, anche se c’è un po’ di preoccupazione. Anche se è vero che finché fai tu degli errori, li paghi e li puoi riparare, ma quando le cose dipendono dalle macro questioni, il tuo intervento non è concesso. E da qui nasce anche un fondo di oggettiva preoccupazione.

Il vino, dunque, tra tendenze low alcol e altre mode, dove andrà a finire?

Bisogna lavorare sulla cultura del bere. Non si può semplicemente continuare a dire che i giovani non bevono. Bisogna offrire informazione, far comprendere la cultura dello stare a tavola, il piacere di una convivialità, il bere il giusto e il saper scegliere prodotti di qualità.

Infine, un’altra cosa importante è dare il giusto prezzo al vino in modo che sia accessibile e non inarrivabile. Questo non significa svendere perchè il  il valore del territorio va salvaguardato, ma se vogliamo guardare ai giovani bisogna impegnarsi anche in una politica del giusto prezzo.