di Antonella Corona,
con una postilla di Simonetta Lorigliola

Ci sono stelle che tracciano cammini e guidano destini, è il caso della Stella di Venere, la stella del mattino e della sera, la messaggera del giorno che compare all’orizzonte alle prime luci dell’alba e l’apripista che fa capolino all’imbrunire, prima del tramonto del sole. 

È questa stella simbolo di gentilezza, di misura e rispetto, e soprattutto di equilibrio armonico, che ha guidato le sorti di Eubea. 

Il Roinos, punta di diamante della cantina lucana, è:

“dedicato al piccolo Roberto che da una stella in cielo è volato su una vite e l’ha resa magica”

e il vino è stato così chiamato proprio ammirando la stella dedicata alla dea dell’amore.

L’azienda Eubea, dal nome dell’isola greca del Mar Egeo patria di alcuni coloni della Magna Grecia che si narra abbiano portato la vite sul suolo italico, esiste dal 1922, collocandosi  tra le più longeve aziende vitivinicole della regione Basilicata. 

È guidata dalla passione sconfinata di Francesco Sasso, da tutti conosciuto come il Professore, non solo per il suo lavoro di docente di matematica, ma soprattutto per la compostezza, il rigore e l’approccio pedagogico con il quale si relaziona. 

Francesco è succeduto al padre dando un’impronta di qualità estesa, assumendo il regime biologico e adottando alcuni principi biodinamici per la conduzione della vigna riuscendo a salvaguardare il patrimonio viticolo ereditato che annovera viti che arrivano ad avere 70 anni di età. 

Confessa, con il fare di un bimbo impertinente, di aver infranto la promessa fatta al padre di cedere l’azienda alla sua scomparsa. 

Attualmente sua figlia Eugenia Sasso si occupa della conduzione e della commercializzazione, affiancandolo con sguardo amorevole e riconoscente.

Ci troviamo in territorio di Ripacandida, nelle immediate vicinanze dell’abitato di Rionero in Vulture. 

È il posto in cui Carmine Crocco, il famoso brigante di epoca risorgimentale, esercitava il ruolo di guardiano, paventato e ossequiato fino a poco prima di darsi alla macchia.

Il casale ottocentesco in cui ha sede l’azienda apparteneva a un’antica famiglia di notabili locali.

Questa residenza affascinante e suggestiva è stata già teatro di cene di gala e si appresta a diventare un luogo di accoglienza con alcune camere e ristorazione, dando linfa al turismo enologico in una regione in cui il movimento è pressoché inesistente.  

Quello che in superficie è un antico casolare di campagna, all’interno cela inimmaginabili cunicoli di grotte scavate nel tufo nel corso del tempo, al variare delle esigenze della cantina. 
Le pareti mostrano le diverse ere geologiche stratificate al suolo, con strati di cenere che si sono compattati nel terreno di questo luogo dominato dal vulcano Vulture, attuale alveo dei laghi di Monticchio.

Le sedimentazioni calcaree e magmatiche si alternano, tanto da sembrare la trama in filigrana di un tessuto prezioso ed eterno.

Fanno da scrigno alle botti di varie dimensioni dopo che il prezioso nettare ne ha tratto nutrimento in sali minerali e in riserva d’acqua in vigna. 

All’interno della sala di rappresentanza campeggia, tra premi e riconoscimenti ricevuti in tutto il mondo, una foto di un vigneto al tramonto, affiancato da queste parole:

 Le passioni vere sono quelle che nascono in silenzio e crescono lentamente

Parole che rifuggono i clamori e il fascino dell’effimero, echeggiando all’aurea mediocritas di Orazio, sommo poeta, natio della vicina Venosa. 

Il Professore comunica a ogni parola il suo amore per questo impegno totalizzante e mi racconta delle scelte radicali e controcorrente attuate negli anni.

Confessa un unico vezzo: nell’anno 2000 l’impianto di un ettaro di syrah, forse il suo giocattolo emotivo.

Poi le sue attenzioni si sono concentrate esclusivamente sul vitigno del territorio, l’aglianico del Vulture. 

Con orgoglio e rinnovato stupore ricorda che nel 2001 sono riusciti nell’impresa memorabile di avere  un estratto secco di 47g/lt e attribuisce il record alla ricchezza e all’importanza dei minerali del terreno che consente un invecchiamento del vino fino a 60 anni.

Da anni Sasso sta studiando la realizzazione di un vino da meditazione, ça va sans dire, da aglianico in purezza. La sua produzione avverrà in un locale di forma ellittica, che si trova al piano più basso del casale, senza l’ausilio di macchine o elettricità. In questo microsito, nelle viscere dell’antico vulcano spento, si produrrà un vino che, nelle intenzioni, è una sintesi ideale di ciò che di meglio vi è stato dall’epoca greca e romana fino ai tempi attuali. 

La coreografia è degna di ammirazione, doppie barrique allineate di misure leggermente diverse raccolgono i mosti per caduta. Il processo avviene in presenza di ossigeno, a protezione assoluta del mosto. Massima attenzione ad ogni singolo passo. Risultato? Una conservazione di profumi e un colore strabiliante. Ho assaggiato una prova dello studio preliminare per questo futuro passito: alle pendici del monte Vulture il mio cuore si è fermato ringraziando, per una volta, per le promesse mancate. 

POSTILLA, a cura di Simonetta Lorigliola

Ròinos
Aglianico del Vulture
Riserva 2012

di Simonetta Lorigliola

Viene alla luce degli occhi nel 2022, questo Aglianico 2012 specialissimo, realizzato per festeggiare i 100 anni di vita dell’azienda familiare dei Sasso. Ròinos, vino iconico di questa cantina, realizzato solo nelle annate ritenute più degne.

Da uve aglianico, vinificate in purezza e nate da un vigneto monumentale di 80 anni d’età. Suoli di origine vulcanica con relative epifanie minerali. Vendemmia a fine ottobre. Lunga maturazione in botti di rovere. In seguito, riposo in bottiglia.

Il diamante distilla se stesso, e sboccia un assaggio incredibilmente fresco.

Già il colore rosso rubino intenso suggerisce, sinestesicamente, freschezza. 

I profumi viaggiano, mettendo a solidale braccetto la marasca fruttuosa, le more di bosco e poi, subito, un’aura balsamica e una punta di cenere, nata da fuoco di legna. Note speziate fanno il ricamo, tar il pepe e il chiodo di garofano.

Incontrando il sorso arriva subito un carattere canterino, brioso con note di amarena (l’amara amarena). Tannini rotondi e appena stuzzichevoli. Austero ma amichevole. Fiero.

Scriveva Veronelli parlando dell’Aglianico lucano: “invecchiando si fa compiuto ed educato”.

E questo Roinos 2012 camminerà ancora, sulla strada dell’ottima educazione verso la sua compiutezza.

Arrivederci, Roinos, dunque. Sarà un piacere rincontrarti, tra qualche anno.


ANTONELLA CORONA

Nata nel cuore dell’Appennino lucano, qui ha scelto di vivere.
Porta nel cuore i tanti luoghi dell’Europa in cui ha operato e volge gli occhi a tutto ciò che di bello, buono, giusto e vero il mondo offre. Docente di inglese, sommelier e indomita lettrice.