Un affresco rimasto nell’oblio per secoli, ora restituito ai nostri occhi. Ci racconta il luogo, i frutti di quella terra e quasi ci suggerisce profumi e sapori….

di Antonella Corona

De’ cinque sensi, vedere, uldir, odorato
sono di poca proibizione, tatto e gusto no

Leonardo da Vinci

Nell’“Italia dei Mille Comuni” si custodiscono tesori sconosciuti, ma sontuosi e significativi perché autentici racconti storici di epoche lontane.

Nella Lucania Interiore, sulle digradanti creste dell’Appennino, si situa Marsico Nuovo, sede della diocesi fin dall’anno 853, quando il territorio faceva parte del Ducato di Benevento, importante dominio dei Longobardi, allora egemoni sulla penisola intera.

In questa località, marginale rispetto agli eventi della grande storia, negli anni Ottanta del secolo scorso, nel Convento di San Francesco, nascosto da un ammasso di legna e ricoperto da un leggero intonaco, è stato rinvenuto un pregevole affresco che, dopo essere stato restaurato, è ora custodito nella Chiesa di San Michele, sede del locale Museo D’Arte Sacra.

Questa sorprendente Ultima Cena è stata attribuita a Girolamo Todisco, fiorente artista locale che qui operò tra il secolo XVI e XVII.

Attorno alla tavola imbandita a forma di arco aperto, quasi come un invito verso gli osservatori, si dispongono armonicamente distanziati i commensali.

Essi paiono interloquire tra loro, in un’atmosfera gradevole e amabile.

Il posto centrale è destinato all’ospite di riguardo: Cristo viene raffigurato con un’aureola di dimensioni maggiori rispetto a quella degli apostoli.

Lui regge il pane cristiano per eccellenza, l’ostia.

In primo piano degli animali domestici, un gatto e due cani, che paiono contendersi degli avanzi offerti loro da un apostolo, probabilmente Giuda.

Quest’ultimo viene tirato per le rosse vesti dal diavolo.

Ma è la tavola, ricoperta da una essenziale tovaglia chiara, a raccontare del luogo.

Particolarmente dettagliate sono le pietanze, distribuite in modo geometrico, quasi a rimarcare la loro essenziale e importante funzione.

Tra esse si riconoscono dei pani, della carne, uova, un carciofo, un’arancia tagliata a metà, una pera e un piatto colmo di uova bianca e un altro di ciliegie.

Tra tutte, alcune vivande hanno una tipicità locale come la selvaggina e il caciocavallo. 

Ciliegie e delicati fiori sono disseminati sulla tavola, apparentemente a maniera di decoro, in realtà la ciliegia nell’iconografia cristiana ha a lungo simboleggiato la passione di Cristo, sia per l’analogia con il colore del sangue che per il materiale legnoso del nocciolo che ricorda la croce.

Un dipinto, insomma, che trasfigura pienamente il senso dell’allocuzione cultura materiale.


Antonella Corona

Nata nel cuore dell’Appennino lucano, qui ha scelto di vivere.
Porta nel cuore i tanti luoghi dell’Europa in cui ha operato e volge gli occhi a tutto ciò che di bello, buono, giusto e vero il mondo offre. Docente di inglese, sommelier e indomita lettrice.