di Gigi Brozzoni

Coltivare la Memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l’indifferenza e ci aiuta,
in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze,
a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare.
Liliana Segre

Ci si preparava il giorno prima per essere certi che il 25 Aprile fosse tutto pronto per andare in piazza a festeggiare la Liberazione dal nazi-fascismo, cantare le canzoni partigiane, incontrare amici, anche quelli che si incontravano solo quel giorno per poi sparire il resto dell’anno.

Ma ci si ricordava di tutti e di ciascuno ricordavamo un episodio, un aneddoto, uno sberleffo.

Rimaneva comunque la base politica che ci spingeva in piazza per sottolineare la nostra appartenenza ad uno schieramento, ad una parte di gioventù che sognava progressi, evoluzioni, cammini che portassero a nuove prospettive per il nostro futuro e per quello dei figli che già avevamo, o progettavamo di avere, o speravamo di avere.

Finiti i festeggiamenti politici bisognava anche festeggiare la primavera che ormai aveva fatto fiorire i prati e gli alberi, con le temperature da miti a quasi calde, e la voglia di stare all’aperto che ci aveva ormai pigliato; e allora si formavano i gruppi di amici che si dirigevano verso le colline di Bergamo Alta con le tante frasche che a pranzo servivano il tenero radicchio con le uova sode, pane e salame e poco d’altro.

Noi preferivamo trovare uno spiazzo con qualche sedile di fortuna e consumare frittate con erbe varie, una sorta di torta pasqualina e gli immancabili pane, salame e formaggio.

Da bere si portava pochissima acqua destinata solo ai bambini e per noi grandi ci si affidava agli scaffali del Mario Cozzi, mitico oste di Città Alta, che in mezzo a tante bottiglie di dubbia o ignota qualità, aveva anche qualche buon vino piemontese.

Se le Barbera dell’epoca erano di scarsissima qualità (Giacomo Bologna a Bergamo negli anni Settanta era ancora sconosciuto) avevamo trovato gustose Freisa che ci davano molta soddisfazione.

Badate che all’epoca di vini non ne sapevamo nulla e nessuno si piccava di essere intenditore, ma una certa attenzione (o curiosità) comunque ci aiutava.

Non ricordiamo assolutamente da quale azienda provenisse, se non genericamente da Alba, ma quel vino un po’ rustico, a volte brioso, generoso e tannico ci dava soddisfazione, tanto che a metà pomeriggio la pennichella acquietava i nostri bollenti spiriti.

Qualcuno più audace e vispo con una chitarra intonava una canzone, ma pochi riuscivano a vincere Morfeo.

Ripensando a quei momenti ci è venuta voglia di andare a vedere cosa ne pensasse Luigi Veronelli, delle Freisa di quegli anni e con il Catalogo Bolaffi dei Vini d’Italia – edizione del 1976 – abbiamo scoperto un sacco di cose che a noi, all’epoca, erano del tutto ignote.

Facevamo presto a dire Freisa, ma Veronelli già ne elencava quattro tipi: Freisa d’Asti, Freisa di Chieri, Freisa Amabile di Valdivilla e Freisa Secco d’Alba.

Di ciascuna indicava la collocazione geografica dei vigneti, segnalava i migliori comuni di produzione e persino i Cru del suo privilegio.

Descriveva il tipo di invecchiamento (modalità e tempi sia presso la cantina sia presso l’acquirente); forniva anche l’esame organolettico, gli abbinamenti di gastronomia e le eventuali notizie varie, del tipo:

«qualche produttore propone il tipo amabile ch’io non consiglio».

Infine una piccola sezione grafica dava una carta geografica della zona di produzione, i prezzi al consumo minimo-massimo, il tipo di bicchiere da impiegare e la posizione di conservazione della bottiglia, ritta o coricata.

Poi si apriva lo spazio dedicato alle sue bottiglie preferite, ma seguendo sempre modalità di tipo qualitativo, e si dava: il nome dell’azienda, l’indirizzo dettagliato con via, frazione o località, comune e provincia, numero di telefono. Seguiva il tipo di bottiglia, il prezzo riferito alle singole annate e le notizie varie che in verità racchiudono descrizioni ma anche consigli al produttore e al consumatore. Ne farò un esempio.

«Notizie varie – Vigneto nelle regioni Ceresole, Perona e San Donato del comune di Andezeno e Rocche, San Giovanni e Prelle del comune di Marentino. Mi auguro che Melchiorre Balbiano si convinca a vinificare il suo già più che buono Freisa di Chieri in selezione, podere per podere. È prodotto anche un tipo fresco, da pronta beva, assai adatto per la bagna caôda».

A chiudere, la riproduzione dell’etichetta e i simboli: da uno a tre stelle (☆) per la qualità e da uno a tre pallini (•) per la notorietà commerciale del vino.

Per rendere chiaro quello che avremmo potuto sapere su quel Freisa bevuto il 25 aprile di tantissimi anni fa, seppur del tutto improbabile che si tratti della stessa etichetta, eccovi quello che Luigi Veronelli scrisse di un vino prodotto da una grande e florida azienda ancora operante, ma che probabilmente il Freisa Secco di Alba non lo produce più.

Freisa secco d’Alba


Vigneto (Collocazione geografica): gli assaggi, benché numerosi, non mi consentono, a 2 anni dal precedente Catalogo, di stabilire l’esatta zona, e in particolare, i crus. Cito – sempre in via provvisoria – i comuni di Alba (cru molto buoni: Bernardina, Ciabot del Prete e Ciabot Alto; cru buoni: Castelgorlone), Barbaresco (cru molto buoni: Pora, Faset, Qualin, Bric ‘d Dario, Tre Stelle, Roncalino, Montestefano e Asili), Barolo, Castagnito, Castellinaldo, Castiglione Falletto, Dogliani, Grinzane Cavour (cru molto buono: Val d’Isera; cru buoni: Borzone e Giacco), Guarene, La Morra (cru molto buono: Batasiolo), Monforte d’Alba (cru molto buono: Visette; cru buono: Dardi), Neive (cru molto buono: Gallina; cru buoni Bordini e Cottà) Roddi d’Alba (cru molto buono: Bricco Ambrogio), Santo Stefano Belbo (ma qui prevale la Freisa dolce), Serralunga d’Alba, Sinio (crus buoni: Morenghi e Fontane), e Verduno. Tutti in provincia di Cuneo.
Uva od Uve da cui è prodotto: freisa.
Invecchiamento: Presso il produttore: 1 anno in botti di rovere. Presso l’acquirente: da 3 a 5 anni secondo annata.
Esame organolettico: Colore: rosso rubino, a volte intenso fino a granato. Profumo: morbido e continuo, molto piacevole. Sapore: asciutto con netto fondo amarognolo temperato da lievissima vena amabile (hai il sospetto di ammandorlato), rotondo e vigoroso; nerbo e stoffa sentiti; pieno carattere. Tenore d’alcool: 11-12,5°. Acidità totale: 7-8‰. Annate consigliate: 1971.
Gastronomia. Qualificazione: rosso asciutto. Accompagnamento: pollame; in particolare: polenta e coniglio, ossobuco alla milanese. Temperatura di servizio: 18°C. Modo del servizio: stappare la bottiglia un’ora prima di servirla.
Notizie varie – Si stanno «smontando», nelle Langhe e altrove, i vigneti del Freisa secco; è un grave errore: ha un suo «spazio» in cui vivere e prosperare.

Cru Cascina Favot di Bussia Soprana
Azienda agricola “Poderi Aldo Conterno” – Località Bussia 46, 12065 Monforte d’Alba (Cuneo) tel. (0173) 799150.
Bottiglia: borgognona, dl 7,2.
Prezzo: al privato della bottiglia in Italia: 1974, lire 1500.
Notizie varie – Vigneto: Cascina Favot e Conca Tre Pile in frazione Bussia Soprana del comune di Monforte d’Alba. La famiglia Conterno si dedica alla produzione e alla vendita del vino sin dal 1770; se ne ha testimonianza da antica bolla di consegna. Aldo Conterno ha sottoposto al mio esame – oltre al Freisa d’Alba secco e al Barolo, presenti nel Catalogo – un Dolcetto d’Alba cru Cascina Favot; gli assaggi, peraltro assai buoni, sono ancora troppo pochi per consentirmene l’inserimento, con scheda propria, nel Catalogo.


Valutazioni: ☆☆☆ – •

Nella pagina successiva, a proposito di un altro Freisa Secco d’Alba Cru Ciabot del Prete dell’azienda Prunotto, Veronelli scriveva:

“Giuseppe Colla e Carlo Filiberti sono tra i primi ad avere colto la validità di una tesi, che, «mia», porto avanti – con costanza impari alla fortuna – dal 1958: quella dei cru. «Classificare» cioè i vini, non col generico nome delle uve; ma con l’esatta collocazione geografica del vigneto (e la relativa, precisa e puntuale, vinificazione delle uve raccolte nel «cru»). È questa l’unica via per arrivare all’altezza, nei pregi organolettici, dei massimi vini di Francia.”

Accanto al consueto lessico veronelliano, fascinoso, complicato e preciso, troviamo una quantità di informazioni sbalorditive, che ci fanno quasi sentire inadeguati per proseguire nel nostro lavoro che non ha dato ancora una vera e propria classificazione qualitativa dei tanti cru, e solo ora, e un po’ disordinatamente, si cerca di trovare sistemi condivisi in poche aree di maggior prestigio come le Menzioni geografiche, Unità geografiche, ecc.

Tanto più che (e questo va ricordato soprattutto ai più giovani) nel 1976 non c’erano i computer, non c’era Internet, non c’erano né i telefonini né gli smartphone; tutti questi dati erano scritti su fogli di carta con le macchine per scrivere e ordinati manualmente in ingombranti faldoni.

Ci sentiamo moderni ed efficienti con le nostre apparecchiature elettroniche, ma alla nostra effimera modernità manca sempre più l’essenziale, ovvero la cultura dell’informazione, della descrizione, dei progetti ambiziosi, delle proposte migliorative che Veronelli con i suoi scalcinati mezzi sapeva organizzare e diffondere.

Ci sentiamo giornalisti 4.0 quando in realtà siamo ancora al 4– (meno meno) dei voti scolastici.

Gigi_Brozzoni

Gigi Brozzoni

Curatore della Guida Oro I Vini di Veronelli nato e residente a Bergamo, dopo molteplici esperienze maturate nel campo teatrale e nella progettazione di arredi, nel 1986 incontra Luigi Veronelli. La passione per il vino lo spinge a costanti frequentazioni gastronomiche finché nel 1988 arriva al Seminario Permanente Luigi Veronelli di cui assume la direzione nel 1989. Vi rimarrà per 25 anni fino al pensionamento nel 2013. Ha diretto la rivista Il Consenso è stato animatore di convegni tecnico-scientifici in ambito viticolo ed enologico e ideatore e conduttore di corsi di analisi sensoriale per professionisti e appassionati. Negli anni Novanta ha curato la redazione dei Cataloghi Veronelli dei Vini Doc e Docg. e dei Vini da Favola. È autore del libro Professione Sommelier che fu adottato come primo manuale sul vino per le scuole alberghiere italiane. Per l’Associazione Le Città del Vino ha curato numerose edizioni de Le Selezioni di Eccellenza dei vini italiani.