di Marco Magnoli – dalla Guida Veronelli 2021
La Valle d’Aosta viticola viene tradizionalmente suddivisa in tre aree, ciascuna legata ad un particolare vitigno.
La prima area è l’alta valle, che segue il primo tratto della Dora Baltea, dove i vigneti allignano a quote altimetriche medie di 1000 metri s.l.m., regno del prié blanc.
Segue la media valle, grosso modo da Avise a Saint-Vincent, zona del petit rouge, coltivato in vigneti mediamente posti intorno ai 600 metri s.l.m..
Infine la bassa valle, laddove la Dora riprende a scorrere in direzione nord-sud, tra Montjovet e Donnas, vigneti a quote medie di circa 400 metri s.l.m. e grande diffusione del nebbiolo-picotendro.
In realtà tale visione è un poco semplicistica e schematica.
La suddivisione del territorio seguendo il corso della Dora Baltea e, conseguentemente, le altitudini medie dei vigneti fotografa una realtà di fatto.
Ma sotto il profilo geologico la Valle d’Aosta presenta suoli estremamente vari e variegati, e la sua morfologia fa sì che i piccoli vigneti valdostani, pressoché disseminati in minuscole parcelle, possano godere di giaciture ed esposizioni molto diversificate che si traducono in vini dal carattere altrettanto differenziato.
A proposito delle uve, inoltre, v’è da rimarcare come, nonostante le tre varietà sopra indicate siano effettivamente le più coltivate nelle aree a cui sono associate, il panorama ampelografico valdostano sia in effetti ben più ricco ed ampio, potendo contare su una schiera di vitigni presenti da secoli nella valle, spesso diffusi esclusivamente in loco, a cui si affiancano alcune uve importate più di recente da zone viticole confinanti e diverse varietà internazionali di qualità conclamata, quali chardonnay, pinot nero ed ora anche un po’ di sauvignon.
Il risultato è che la proposta enologica valdostana vanta ormai un grande assortimento ed una notevole variabilità espressiva.
Tra i bianchi si trovano, infatti, Petite Arvine sempre convincenti, sia nelle versioni più semplici, sia in quelle più ricche e ricercate.
Blanc de Morgex et de La Salle puri ed essenziali, che fanno di freschezza e sapidità le loro doti più incisive.
Pinot Gris di piacevole sostanza.
Muscat di delicata aromaticità.
Chardonnay di notevole valore, eleganti ed «alpini», che uniscono morbidezza e consistenza con garbo sottile.
Vi sono, poi, rossi dalla personalità altrettanto articolata, con le tradizionali denominazioni, ottenute da vitigni autoctoni, che in qualche caso lasciano spazio a versioni ancora un poco rustiche nella loro schiettezza e acidità, e vini di stile più moderno, talora anche molto generosi e potenti, ma mai banali.
Grande carattere dimostra il fumin, forse il vitigno rosso autoctono più interessante della valle, spesso affascinante nei suoi contrasti e nei suoi originalissimi aromi.
Si fanno notare persino Pinot Nero piuttosto ambiziosi, alcuni più fini e gentili, altri più estremi e umorali.
Sotto il profilo qualitativo, insomma, c’è ormai di che soddisfare ogni naso e palato.
In verità, l’unico reale ostacolo attuale alla piena affermazione dei vini valdostani ci pare risiedere nella loro scarsità.
Gli esigui numeri della vitivinicoltura regionale, infatti, non le consentono di farsi conoscere ed apprezzare con facilità sui palcoscenici più ampi, tant’è che buona parte della produzione viene ancora assorbita dal mercato turistico locale.
V’è, tuttavia, di che essere ottimisti, perché in Valle d’Aosta, oltre ai produttori storici che continuano a mostrarsi dinamici e ricettivi, sta crescendo una giovane generazione di vignaioli che hanno preso le redini delle aziende familiari, oppure si sono impegnati in imprese originali ed autonome, con una visione libera ed aperta, animata dalla volontà di consolidare e mantenere viva una tradizione, ma anche di introdurre novità, nuovi punti di vista, approcci e soluzioni fresche e talvolta un po’ temerarie.
Non mancano gli azzardi, o progetti che necessitano di qualche rifinitura e aggiustamento, ma ci sembra di cogliere tanta voglia di dialogare con la realtà vitivinicola nazionale ed internazionale, di confrontarsi con mercati più vasti e consumatori più aperti.
Un confronto che ci auguriamo solido e proficuo, perché rappresenta il modo migliore per crescere e migliorarsi.
Le premesse e i margini per affermare con sempre più convinzione il valore della Valle d’Aosta, quindi, ci sono tutti, non solo perché ogni microarea esprime vini con caratteristiche peculiari, ma soprattutto perché può contare su vignaioli in grado di cogliere e valorizzare tali specificità.
Ogni azienda valdostana, infatti, dimostra uno stile ben marcato e distinguibile, elemento fondamentale dal momento che un territorio viticolo diviene tanto più interessante quanto più è capace di proporre varietà di lettura e di interpretazione.
MARCO MAGNOLI
Deve alla tradizione familiare la passione per i vini di qualità e a Luigi Veronelli, incontrato nel 2001, l’incoraggiamento a occuparsi di critica enologica. Dal 2003 è collaboratore del Seminario Permanente Luigi Veronelli. È tra i curatori della Guida Oro I Vini di Veronelli.