di Alessandra Piubello

…la vetta superba dell’Etna che si slancia verso il cielo, e le sue vallate che sono già tutte nere, e le sue nevi che risplendono degli ultimi raggi del sole, e i suoi boschi che fremono, che mormorano, che si agitano.


Giovanni Verga

Fermata Etna (come il titolo del film di Klaus-Michael Grüber). E tutti vogliono scendere. 

È il mistero del mito, la bocca dell’inferno, la fertilità delle falde ricche di biodiversità e di vigneti eroici. Etna alias Mongibello, come metafora cosmica dove il regno della vita e della morte si toccano. 

L’immaginario fantastico corre fra queste balze laviche dove si narra che approdarono l’astuto Ulisse che qui accecò il ciclope Polifemo, e poi il saggio Enea; dove fata Morgana accolse re Artù. 

Potenza e imprevedibilità del gigante, il più alto vulcano europeo, riconosciuto come patrimonio dell’Umanità nel 2013.

Mongibello – vigneto e muretti

La montagna senza cui non è mondo, il mondo.

Con l’ambivalenza originaria che regola l’intensità dei rapporti fra uomini ed elementi naturali, il fuoco della montagna viene percepito dai locali con un sentimento di profondo rispetto. 

Ecco le parole dell’enologo Salvo Foti:

«L’Etna è per noi da sempre, gente della Sicilia orientale, un riferimento. È una presenza maestosa. Fisica, psicologica, da cui gli anziani agricoltori, mio nonno, rivolgendo lo sguardo alla bianca sommità del vulcano, hanno assunto premonizioni, auspici, previsioni climatiche. Da piccolo non riuscivo ad immaginare la mia terra senza la Montagna e, ingenuamente, chiedevo, con ovvia ilarità di chi mi ascoltava: ma come fanno gli altri senza a Muntagna?».

Una storia di vulcanesimo documentata da 2700 anni, un ecosistema unico al mondo. 

L’azione dell’Homo Etneus (come l’ha definito l’agronomo catanese Attilio Mezzasalma) ha tenacemente trasformato l’ambiente lavico in un paesaggio agricolo unico, valorizzando un suolo aspro e selvaggio, poco incline a essere piegato alla volontà dell’uomo. 

Vigneto Etna Eroica

Microclima vulcanico

In questo piccolo mondo nell’isola di Sicilia, con una varietà di microclimi impressionante, esistono vigneti ad alberello ultracentenari, in alcuni appezzamenti addirittura a piede franco. 

A tratti ancora piantato a quinconce (cinque viti di cui quattro disposte ai vertici di un immaginario quadrato e la quinta al centro, una configurazione che dà un’armoniosa lettura del paesaggio, risultando simmetrica a prescindere dall’irregolarità dei terrazzamenti), su terrazze dette custeri, mantenute dai neri muri a crudu ovvero a secco, chiazzati di licheni e muschio. 

Il clima qui fa registrare temperature medie molto più basse rispetto al resto della Sicilia, con le minime che, specie nel versante est, scendono non di rado sotto lo zero e con escursioni termiche tra giorno e notte che nei mesi estivi possono arrivare fino a trenta gradi. 

Altrettanto anomalo rispetto ai parametri isolani è l’andamento delle precipitazioni, che si concentrano in particolare nel versante est. 

casa decima vineyard

Vini di versante

Non meno originale è la fisionomia dei terreni, con colori che variano dal bruno scuro al nero, ricchi in microelementi minerali (ferro e rame) e poveri d’azoto e di calcio, tutti formati dallo sgretolamento di vari tipi di lava di età diverse, nonché da materiali eruttivi quali lapilli, ceneri e sabbie. 

La loro composizione può dare origine tanto a suoli dalla tessitura molto fine, quanto a terreni ricchissimi di scheletro e abbondanti in ripiddu (pomice dalla capacità drenante molto elevata). 

Pur nella comune matrice vulcanica, questa profonda varietà dei terreni dovuta alla stratificazione di colate laviche di età diversa è, dunque, la principale responsabile delle notevoli differenze tra i vini, differenze apprezzabili talvolta non solo tra un versante e l’altro, tra una contrada e l’altra, ma anche tra le diverse vigne di una stessa contrada. 

Nerello mascalese principe dell’Etna

Vitigno principe della zona è il nerello mascalese, originario della piana di Mascali, da cui deriva il suo nome. 

È un varietà con una certa vigoria vegetativa e produttiva che sull’Etna viene gestita per ottenerne qualità, e che ha maturazione piuttosto tardiva: da metà ottobre in avanti, ma con differenze in relazione all’altimetria dei vigneti. 

Il nerello mascalese non andrebbe confrontato, come accade troppo spesso, con il pinot nero o con il nebbiolo. 

Ha una sua precipua identità, fatta di sfumature dettate dai molti peculiari elementi contradaioli, microclimatici ma che si possono sintetizzare in finezza, fresca acidità, eleganza, profondità, verticalità.

Un po’ scarico nel colore, con un indice medio-basso di antociani totali, è un vitigno molto diverso quanto a struttura e polifenoli dall’altra varietà storica etnea a bacca rossa, il nerello cappuccio, che al contrario offre vini abbastanza colorati, ma poco adatti all’invecchiamento. 

Chiude il cerchio degli autoctoni il carricante, varietà a bacca bianca piuttosto produttiva, tardiva nella maturazione e sostenuta nell’acidità, particolarmente diffusa nel versante est e nelle contrade più alte, come a Caselle, nel comune di Milo, zona d’elezione per il carricante, dove l’Etna Bianco diventa Superiore. 

Dotato di una sua personalità che si esprime in complessità con la longevità, il carricante dopo essere stato progressivamente abbandonato, viene ora ripiantato nei nuovi vigneti. 

Lo scrittore Mario Soldati in Vino al vino, riferendosi all’Etna Bianco scrive: 

«… così l’Etna Bianco raccoglie e fonde, nel suo pallore e nel suo aroma, nella sua freschezza e nella sua vena nascosta di affumicato, le nevi perenni della vetta e il fuoco del vulcano ».

Nel 1968 con la prima Doc siciliana e una fra le prime in Italia, l’Etna pone la base per arrivare ai nostri giorni. Nel Duemila siamo agli albori di un vero rinascimento etneo, stimolato dall’arrivo di «forestieri».

Lo statunitense Marc de Grazia qui fonda Tenuta delle Terre Nere.

Andrea Franchetti, dopo i successi in Val d’Orcia, crea Passopisciaro

E poi il belga Frank Cornelissen. 

Questi, lavorano al fianco di aziende storiche etnee fra cui Barone di Villagrande, Murgo, Benanti, alle quali si aggiungono firme del vino siciliane come Cottanera, Tasca d’Almerita, Firriato, Planeta, Cusumano. 

In questi ultimi anni, altri «forestieri» noti hanno investito sull’Etna, come il piemontese Davide Rosso o il toscano Piccini. 

Si è dato poi vita a sodalizi che hanno richiamato un’attenzione mediatica internazionale, come quello tra Tornatore e Farinetti e tra Graci e Gaja.

In termini di popolarità l’Etna vive un momento unico, ma mai come ora occorre preservare e tutelare il territorio etneo, guardandosi bene dal distruggere le antiche terrazze con i muri a secco per dar spazio a grandi superfici vitate finalizzate alla meccanizzazione e all’aumento della produzione vinicola. 

La velocità con la quale si vuole entrare a far parte del club etneo può essere pericolosa: occorre attendere il tempo della consapevolezza per dar vita a gesti volti alla qualità assoluta e al rispetto ambientale.

I dati aggiornati al 2020 mostrano un panorama in costante crescita, che comprende 380 viticoltori, 144 aziende imbottigliatrici su 1.118 ettari, per un totale di circa 4,1 milioni di bottiglie (consideriamo che nel 2012, nove anni fa, le bottiglie erano poco più di 1,2 milioni).


Alessandra Piubello

Giornalista e scrittrice veronese, degustatrice professionista, è Direttore di numerosi periodici e autrice di libri e reportage di turismo gastronomico. Vanta collaborazioni con testate di rilievo nazionale e internazionale ed è presenza costante nelle commissioni dei più rinomati concorsi enologici al mondo