di Alessandra Piubello – dalla Guida Veronelli 2021

La Campania era detta Felix soprattutto per la vocazione viticola e per i suoi vini, che ebbero rinomanza fin dall’antichità.

Attualmente poche regioni del Sud mostrano una vitalità paragonabile a quella della Campania, con una produzione relativamente bassa (570.000 ettolitri, in tredicesima posizione per quantità rispetto alle altre regioni italiane), ma scrigno di biodiversità e di vitigni autoctoni di tradizione pluricentenaria che possiedono una storia avvincente da raccontare al mondo.

Un’antica vocazione le cui ragioni van ricercate, prima di tutto, nella sua orografia.

La Campania si distende su più del 50% di superficie collinare, sul 30% di area montuosa, e sul grande sistema dei rilievi vulcanici pari a poco meno del 6% del territorio, rappresentato da quattro centri: Roccamonfina, Ischia, Flegrei e Somma-Vesuvio, che, a dispetto della modesta incidenza territoriale, hanno profondamente plasmato i paesaggi, i suoli e gli ecosistemi dell’intera regione.

L’annata 2019 ha visto svolgersi una vendemmia posticipata e ottimale.

Dai bianchi arrivano le conferme più importanti e le promesse di lunghi e positivi invecchiamenti. Capofila si conferma l’Irpinia, con le sue Docg: Fiano di Avellino e Greco di Tufo.

L’antico vitigno fiano (da tenere sotto osservazione la zona del Cilento) genera vini di bel temperamento, che valorizzano ampiamente nel bicchiere il lavoro svolto da aziende storiche e da altre relativamente giovani.

Il Greco di Tufo esprime agli assaggi struttura, acidità elevata, sapidità ma anche un carattere ruvido, che dimostra originalità e complessità.

La storia secolare della falanghina oggi si traduce in produzioni enologiche di pregio. È anche il vitigno prevalente nella base ampelografica di alcuni dei più apprezzati vini bianchi Doc della Campania. In Irpinia colpisce per interpretazioni speziate e di una sapidità perentoria, mentre nei Campi Flegrei le sue note si localizzano, tanto da richiamare tipici sentori territoriali sulfurei.

Vitigno chiave anche del beneventano, la Falanghina del Sannio dopo gelate e grandinate degli scorsi anni, torna ad esprimersi con maggior compiutezza.

Nel comprensorio del Casertano primeggia il Falerno del Massico, vino nelle tipologie bianca e rossa prodotto nella zona dell’ager falernus e prediletto dagli imperatori romani. Non dimentichiamo alcune valide prove di Asprinio d’Aversa, le cui virtù citrine furono già cantate da Mario Soldati.

Ancora fra i bianchi, segnaliamo la coda di volpe e le varietà più proiettate sul mare, come biancolella, forastera, ginestra, ripoli, che si apprezzano in particolar modo nelle isole e nella Costiera Amalfitana, grazie a vigneron che praticano viticoltura eroica su terrazzamenti tra la roccia e il mare.

Il vitigno aglianico rappresenta l’anima rossista del territorio campano, e ancora una volta è l’Irpina, con il Taurasi Docg a esserne l’interprete più autorevole.

Continua il positivo percorso di riscoperta e valorizzazione di vitigni autoctoni come il piedirosso, sia dei Campi Flegrei sia del Vesuvio, pallagrello, casavecchia, sciascinoso, legati a specifici territori che stanno offrendoci prove degne di menzione.


Alessandra Piubello

Giornalista e scrittrice veronese, degustatrice professionista, è Direttore di numerosi periodici e autrice di libri e reportage di turismo gastronomico. Vanta collaborazioni con testate di rilievo nazionale e internazionale ed è presenza costante nelle commissioni dei più rinomati concorsi enologici al mondo