di Alessandra Piubello – dalla Guida Veronelli 2021

L’Abruzzo può essere suddiviso in due zone: quella interna montuosa, che costituisce oltre il 65% dell’intero territorio regionale, e quella litoranea con l’ampia fascia collinare.

I terreni calcareo-argillosi della parte collinare sono accarezzati dalle brezze provenienti dagli Appennini e dal mare.

Questi terreni sono particolarmente adatti alla produzione di vini strutturati e, relativamente al vitigno montepulciano, sanno esprimere bene le sue potenzialità. I suoli sabbioso-argillosi, posti nella fascia collinare a ridosso del litorale e caratterizzati da un clima più mite, sono particolarmente indicati per la coltivazione di uve a bacca bianca.

L’Abruzzo è un territorio ricco di potenziale, vario e in continua evoluzione.

Nella regione, i tre quarti della produzione complessiva di vino provengono da 40 cantine cooperative (32 delle quali operanti in provincia di Chieti), da grandi aziende ma anche da un tessuto vivo e dinamico di piccole realtà animate da vignaioli intraprendenti e virtuosi che ricercano interpretazioni originali e di carattere.

Cresce la sensibilità verso una vitivinicoltura biologica o con un approccio sostenibile e in cantina si dosano un po’ meglio gli affinamenti in barrique.

Il Trebbiano d’Abruzzo da Loreto Aprutino ha fatto scuola, innescando un movimento propulsivo, arrivando in altri areali, anche sull’altopiano di Popoli, manifestando una chiara vocazione alla longevità, con una caratterizzazione distintiva riconosciuta anche nei nostri assaggi.

Una conferma della valenza di questo vitigno, apprezzato su scala nazionale, quando si realizza una viticoltura attenta e tecniche di cantina rispettose.

Il Pecorino è il vino abruzzese più in voga in questo momento. Una caratteristica tipica dell’uva pecorino è che durante la fase finale di maturazione, la curva dell’acidità non scende, ma rimane costante.

Peculiarità questa che permette ai vini ottenuti di avere notevole acidità accompagnata poi da buona struttura e longevità.

Continua la riscoperta di vitigni autoctoni come passerina, cocioccola e montonico, pur faticando nel trovare degli stili identitari. Il vitigno autoctono più diffuso è il montepulciano, le cui produzioni sono suddivise in cinque sottozone: Alto Tirino, Casauria, Teate, Terre dei Peligni e Terre dei Vestini.

Dalla valle Peligna, ai piedi dei massicci della Majella e del Velino-Sirente, culla di cultura (qui nacque Ovidio, il più raffinato ed elegante dei poeti latini), questa cultivar trae le sue origini, ma con il passare dei secoli si è acclimatata in tutta la regione, dalle colline pedemontane fino al mare.

L’interpretazione del vitigno sembra seguire due strade diverse: una strutturata e concentrata, obnubilata da un legno impattante; l’altra più fine, elegante ed equilibrata.

Il Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Docg convince per le sue potenzialità nel creare armonia tra frutto, acidità e corpo.

Il Cerasuolo sta dimostrando nel tempo di riuscire nella combinazione di struttura e levità, con un carattere sempre energico che lo contraddistingue per natura.

Crediti fotografici: La Cucina Italiana, La Stampa, Regione Abruzzo.


Alessandra Piubello

Giornalista e scrittrice veronese, degustatrice professionista, è Direttore di numerosi periodici e autrice di libri e reportage di turismo gastronomico. Vanta collaborazioni con testate di rilievo nazionale e internazionale ed è presenza costante nelle commissioni dei più rinomati concorsi enologici al mondo