A Gaiole in Chianti per un incontro “post-lockdown” con i vini, le persone e la storia di Riecine
di Gigi Brozzoni
Se escludiamo quel rapido e doloroso viaggio a Firenze per il funerale di Daniel Thomases il 5 marzo scorso, fatto in automobile con Andrea Bonini, in Toscana non tornavo dal 22 febbraio, giorno di chiusura, per noi giornalisti, di Benvenuto Brunello 2020 con la presentazione dell’annata 2015.
Lockdown e ripresa, lo sia anche per vignaioli e ristoratori
Tutti sappiamo cosa è successo in Italia e nel mondo da queste date in poi. Ciascuno di noi si è, quindi, ritirato nella propria abitazione accettando suo malgrado un lungo periodo di clausura per proteggerci e proteggere il nostro prossimo dalle contaminazioni del terribile Coronavirus o Covid 19.
Non staremo a raccontare cosa si fece in questi lunghi mesi; ciascuno si inventò un modo di tenersi informato su tutto, si trovò un metodo per poter lavorare seppur in modo sacrificato, ma si sopravvisse fino a questa estate con la ripresa delle degustazioni, domestiche quest’anno, per la redazione della Guida Oro I Vini di Veronelli 2021.
Decisione fondamentale del Seminario Veronelli, per dare ancor più visibilità ai grandi vini italiani e alle importanti aziende che li producono con impegni, sacrifici e maestria impareggiabili, ma che, purtroppo, in questi difficili mesi soffrono per il turismo assente e per una ristorazione ferma.
Guardare avanti
Anche noi, quindi, vogliamo dare il nostro contributo alla visibilità di un comparto importantissimo per l’economia sociale e fornire un piccolo stimolo ai consumatori affinché non dimentichino la nostra buona ristorazione, di qualsiasi categoria e livello, e non tralascino il buon vino italiano dalla loro dieta alimentare, ovvero da quello stile di vita italiano che tutto il mondo ci invidia.
In sostanza dal 5 marzo siamo usciti di casa pochissime volte e solo per svolgere in città piccole commissioni, piccoli acquisti e brevi incontri.
Bergamo è stata a lungo una città deserta, con un clima da coprifuoco, con inquietanti e angosciosi silenzi, rotti solo dalle strazianti sirene delle ambulanze e dalle allarmanti raccomandazioni della Protezione Civile.
Ma siamo sopravvissuti, ce l’abbiamo fatta a superare il punto più profondo della crisi e piano piano, dall’inizio di maggio, la città ha ricominciato ad animarsi, dapprima timidamente e poi progressivamente verso un più disinvolto approccio alla ripresa delle relazioni sociali, a volte persino eccessivamente disinvolte.
Un gradito invito in Toscana
L’occasione per tornare a riassaporare il gusto di viaggiare, di visitare città, luoghi e aziende, di incontrare vecchi amici e conoscere nuove persone me l’ha fornita Carlo Macchi, amico e collega toscanaccio di Poggibonsi.
Mi ha invitato a un incontro-degustazione a Riecine, nel comune di Gaiole in Chianti, perché Lana Frank, la nuova proprietaria dell’azienda che fu di Palmina Abbagnano e di John Dunkley, vorrebbe che il Macchi scrivesse la ricca storia dell’azienda e dei personaggi che l’hanno animata e vissuta in questi 50 anni di vita.
Ma forse è meglio partire dall’inizio: dalla stazione ferroviaria di Bergamo salgo sul Frecciarossa che più che distanziato è pressoché vuoto; perfettamente in orario arrivo alla stazione di Santa Maria Novella, dove sono atteso da Carlo Macchi in tenuta estiva, calzoni corti e pittoresca maglietta.
Si esce da una Firenze poco frequentata dagli stanziali e disertata dai turisti, ci avviamo verso Poggibonsi per cenare in un ristorante pieno di gente del luogo che passa allegramente la serata con amici e morose varie, anche senza mascherine e senza troppi distanziamenti.
Per il pernottamento vengo portato in una delle più belle e suggestive dimore toscane, lo splendido Castello di Spaltenna, ove mi assegnano la stanza più magica che abbia mai frequentato.
Siamo nel sottotetto della torretta del castello e la parete che guarda a nord ospita dei fori protetti da vetri ove si rifugiavano i piccioni e le colombe. Il mattino l’alba intinge di luce magica le pareti della stanza creando un effetto che neanche Vittorio Storaro ha mai realizzato.
Arrivo a Riecine
Il mattino sono a Riecine, dove sono già in corso i preparativi per la degustazione che verterà sulla prima fase produttiva dell’azienda e che il Macchi, d’accordo con il nuovo direttore Alessandro Campatelli, vuole sia degustata da chi ha almeno annusato il profumo di quei vini e osservato i climi e i personaggi di quegli anni.
Insieme a me sono stati chiamati altri giornalisti più o meno giovani, ma tutti con buona esperienza. Così, armato di buona pazienza e diversi cavatappi, inizia il difficile lavoro di apertura delle bottiglie da parte di Simone Loguercio del ristorante Konnubio, che per il dopo degustazione stava nel frattempo preparando un ottimo pranzo.
Ricordi condivisi
Per scaldare i muscoli otorino-faringei per la degustazione si comincia con alcuni ricordi.
Fernando Pardini ha raccontato dei suoi viaggi con il padre in Cinquecento alla scoperta dei nuovi Chianti Classico.
Il sottoscritto ha narrato dell’amicizia che legava Luigi Veronelli a Palmina, figlia di quel Nicola Abbagnano che avviò alla Filosofia lo stesso Veronelli e schiere di giovani intellettuali del dopoguerra e un personale ricordo di un mio incontro (1991 o 1992?) con John Dunkley in un riservatissimo club inglese nella centralissima via Tornabuoni di Firenze.
Si parlò della nascita di un premio dedicato a Palmina, che era morta l’anno precedente, da erogare a un giovane neodiplomato enotecnico.
Il laborioso lavoro di Simone Loguercio si avviava a conclusione e ci fu tempo per una conoscenza davvero inaspettata di tale Nanni Montorselli: un nome sconosciuto ai più, ma conosciuto bene dai più anziani vignaioli chiantigiani perché ispettore e funzionario del Consorzio Chianti Classico che allora si chiamava ancora Gallo Nero.
Vera e propria memoria storica di tutte le vicende chiantigiane, delle sue aziende e dei personaggi che l’hanno animata in mille rivoli di fatti, misfatti e segreti incontri e scontri.
Enciclopedia parlante del Chianti Classico che a 84 anni sembra ancora, ne conserva fattezze e postura, un giovanotto appena pensionato.
Verso gli assaggi
Ora sarà bene iniziare a parlare della nostra degustazione, visto che è per quel motivo che siamo stati chiamati a Riecine. Per prima cosa Carlo Macchi vorrebbe capire che vini si producevano cinquant’anni fa, quando ancora il Chianti stava ripensando al suo futuro dopo l’epopea del Barone Ricasoli che ormai segnava il passo e aveva bisogno di nuove idee per diventare un vino più adatto ai gusti dei nuovi consumatori e adeguarsi alle nuove tecniche agricole e alle nuove tecnologie enologiche.
Erano anni in cui facevano anche la loro comparsa nomi ben conosciuti attualmente come Maurizio Castelli e Carlo Ferrini, il quale successivamente iniziò a collaborare direttamente con Riecine. La sua collaborazione si protrasse diversi anni, fin quando fece la sua apparizione Sean O’Culligan, che progressivamente ne assunse la direzione tecnica fino al 2015.
Le sessioni di degustazione
Carlo Macchi, di concerto con Alessandro Campatelli, divide in tre sessioni l’escursione dei vini di Riecine: la prima dal 1971 al 1985; la seconda dal 1986 al 2000; la terza dal 2001 a oggi.
A noi tocca la prima sessione con 12 vini così selezionati e divisi in tre sezioni:
Vino Rosso di Riecine 1971, Vino Rosso di Riecine 1972, Chianti Classico 1973, Chianti Classico 1974;
Chianti Classico Riserva 1977, Chianti Classico Riserva 1978, Chianti Classico Riserva 1979, Chianti Classico Riserva 1980;
Chianti Classico Riserva 1982, La Gioia di Riecine 1982, Chianti Classico Riserva 1985, La Gioia di Riecine 1985.
Riecine Chianti Classico 1974: come una profezia
Non starò a raccontarvi tutti questi vini ancora animati da una bella voglia di vivere, con colori chiarissimi, profumi terziari ancora reattivi e gusti che riportano a elementi evolutivi neanche troppo accesi.
Mi soffermerò però su quel Chianti Classico del 1974 che mi ha colpito e a lungo ho guardato e riguardato, annusato e riannusato, degustato e ridegustato fino a innamorarmene.
E così ho annotato: ancora ben chiaro il colore rubino aranciato; profumo molto netto e pulito con un ricordo di lampone e fragola, poi spezie finissime, al gusto ha acidità e tannini pronunciati, ma fini e ben ordinati.
Farò, anzi, di più e vi darò un’altra analisi organolettica:
Dall’affanno amoroso nasce un Chianti Classico che ha pochi uguali. L’esame organolettico su campione dell’annata 1974 dà: colore rosso rubino piuttosto carico, caldo e brillante; bouquet intenso ed elegante in cui si sottolinea il sentore di mammola; sapore asciutto, sapido e generoso, che si va facendo (ha volontà di bene invecchiare) completo; il nerbo è saldo sotto una stoffa che si preannuncia vellutata e aristocratica; pieno carattere e razza.
È Luigi Veronelli nella sua rubrica Il Buon Vino di Panorama del 14 settembre 1976 che Alessandro Campatelli mi mostra alla fine del pranzo, quando, tra le tante cose che ci si è raccontati, scopriamo che Palmina e John producevano anche poco Vin Santo da bere solo con gli amici.
Come se Veronelli già avesse saputo come sarebbe andata a finire questa degustazione e cosa ne avrei pensato io di quel Chianti Classico del 1974.
Non ci resta che il tempo di un saluto agli amici, un grazie a Carlo Macchi e un arrivederci a chissà quando.
Sistemo la mia mascherina per salire sul Frecciarossa ben distanziato che mi riporterà a casa, sapendo già che arriverà con il solito ritardo che nessuno scuserà, ma non fa nulla. Abbiamo ben altro a cui pensare per i prossimi mesi, fino a quando la pandemia verrà sedata e si potrà tornare a muoversi e incontrarsi con maggiore facilità e a viso scoperto.
Gigi Brozzoni
Curatore della Guida Oro I Vini di Veronelli nato e residente a Bergamo, dopo molteplici esperienze maturate nel campo teatrale e nella progettazione di arredi, nel 1986 incontra Luigi Veronelli. La passione per il vino lo spinge a costanti frequentazioni gastronomiche finché nel 1988 arriva al Seminario Permanente Luigi Veronelli di cui assume la direzione nel 1989. Vi rimarrà per 25 anni fino al pensionamento nel 2013. Ha diretto la rivista Il Consenso è stato animatore di convegni tecnico-scientifici in ambito viticolo ed enologico e ideatore e conduttore di corsi di analisi sensoriale per professionisti e appassionati. Negli anni Novanta ha curato la redazione dei Cataloghi Veronelli dei Vini Doc e Docg. e dei Vini da Favola. È autore del libro Professione Sommelier che fu adottato come primo manuale sul vino per le scuole alberghiere italiane. Per l’Associazione Le Città del Vino ha curato numerose edizioni de Le Selezioni di Eccellenza dei vini italiani.