Mutamento contro monumento: un impronunciato motto veronelliano


di Luigi Veronelli

Questo Sciòrio bianco è uno Chardonnay e questo Sciòrio rosso (l’etichetta porta, con qualche convenevole infingimento, Antico Vitigno) «un Cabernet Sauvignon» .

Sciòrio è località di Costigliole d’Asti, comune vocato alla Barbera. No, che a Sciòrio, la vocazione sta nella terra-cru, lì ti pieghi e la baci.

 «Vedete amici? Lo stesso è per la quinua. Questo grano e questa farina che hanno in sé, la lunga fatica contadina. Possono entrare, entreranno senza violenza alcuna – se appena appena fate attenzione, se le darete un critico ascolto – in tante e tante delle nostre ricette, per piatti certo nuovi e tuttavia tradizionali “per spirito”».

La tradizione è piattaforma su cui solo posare i piedi così che sia possente il balzo avanti. 

(Niente tradisce più la tradizione che il beota ripetere).

LUIGI VERONELLI

Contro ogni «beota ripetere» sull’italianità, contro il vuoto culturale di questo termine troppo spesso aggrappato all’autoreferenzialità, ancora oggi tanto diffuso e osannato, Veronelli lancia le sue frecce.

Questa volta è per un argomento insolito.

Altromercato, organizzazione importante di fair trade in Italia, gli chiede di scrivere una breve prefazione a un libello che racconta un prodotto allora sconosciuto, la quinua (o, più comunemente oggi, quinoa) pubblicato dall’editore indipendente Sonda di Torino.

Le sue battaglie per l’agricoltura, per il rispetto del lavoro agricolo lo fanno sentire vicino al progetto dell’equo e solidale, che tutela i diritti dei campesinos nel Sud del mondo.

Era il 1999. Accetta di scrivere per loro.

La quinua nel 1999 in Italia era poco più di un mistero, confinata al massimo nei corridoi della macrobiotica. Ma Veronelli la accoglie, la studia, la prova. Gli piace e lo incuriosisce, invita qualche amico cuoco a sperimentarla.

È convinto che autoctoni non si nasce, ma si diventa, così come accade per i vini, come nel caso dello Chardonnay o del Cabernet di Sciòrio, località (toponimo gorgogliante) dell’astigiano. In quel luogo, terra storica per la barbera, chardonnay e cabernet sauvignon arrivano e, nel corso del tempo, la eguagliano in eccellenza.

Così potrà essere per la quinua, nuovo elemento nelle cucine d’Italia, già da secoli percorse da arrivi più o meno clandestini di materie prime inizialmente sconosciute, poi tradizionali. Pomodoro, mais, cacao, caffè…et alias multipla.

L’italianità gastronomica esiste, suggerisce Veronelli, ma non è pura, unica, invariabile e quindi difendibile in una sua immobile identità. L’italianità, semmai, è fatta di intercessioni, sperimentazioni, sedimentazioni. In fondo anche il pioniere di quest’idea, l’Artusi, la costruisce attraverso operazioni di raccolta, aggiornamento, modificazione di un ricettario che produce molteplici edizioni, ognuna a differente.

Mutamento contro monumento:  un impronunciato motto veronelliano.


CULTURA MATERIALE | Veronelliana


a cura di Simonetta Lorigliola

Veronelliana è un luogo immaginario in cui far convergere temi, testi, immagini, divagazioni che siano fioriti o possano sbocciare intorno alla filosofia di Luigi Veronelli. Non un luogo del ricordo, ma di elaborazione, invenzione e connessione.

Per inviare e proporre materiali scrivere a simonettalorigliola@seminarioveronelli.com