di Alberto Capatti

Due secoli son passati dalla nascita, oppure centoventinove anni dalla pubblicazione de La scienza in cucina con ristampe continue e traduzioni. Una fama tranquilla, quella di Artusi, e pochi nemici, prima fra tutte Ada Boni, autrice di un Talismano della felicità edito nel 1925.

Molti gastronomi, invece, ne hanno dato per scontato il lascito, e occorre citare fra tutti, Luigi Veronelli che mirava ad una nuova cucina italiana con bottiglie di vino. Eppure Artusi non era digiuno, ed una prova è nella ricetta n° 130 della Scienza in cucina:  

Padellata di fegato – La Cucina Italiana

Fegato col vino bianco
Il vino, come condimento nella cucina, non è molto nelle mie grazie, ammenochè non si tratti di vino da bottiglia e di certi piatti in cui è necessario pel carattere loro speciale. Ma poiché i gusti sono tanto diversi che quel che non piace ad uno potrebbe piacere ad altri, eccovi un piatto col vino.

Tagliate il fegato a fette sottili e così naturale friggetelo in padella con olio e burro. Frullate in un pentolino un cucchiaino di farina con vino bianco ottimo o, meglio, moscado per formarne un intriso molto liquido; quando il fegato sarà a due terzi di cottura versateglielo sopra. Finite di cuocerlo e conditelo con sale e pepe.

Veronelli e Carnacina preferivano il fegato alla veneziana, senza farina e senza vino, e consigliavano un Raboso a tavola (Mangiare e bere all’italiana, Garzanti, 1962, pag. 177).

Ma torniamo al bicentenario. È ancora segnato da tre mesi chiusi in casa, con la cucina da attivare ogni giorno, per una, due o poche persone. Mai ci si era trovati, per legge, a cucinare ogni giorno soli in casa, approvvigionandosi in negozi o in un supermercato.

È chiaro che si poteva mettere nel carrello, piatti surgelati pronti, tortelli o tagliatelle da bollire, queste ultime da condire con un vasetto di sugo già pronto.

Due cucine dunque, l’una casalinga e l’altra industriale, a scelta e in conflitto fra loro. Fuori, tutto chiuso.

E Artusi?

Ha osservato attentamente gli scapoli prepararsi un panino o un piatto di pasta, e molte verdure, e le famiglie cucinare senza alternativa alcuna, né amici con cui discutere. Ne è uscito rafforzato? Difficile dirlo, anche se il crescente consumo di lievito fa pensare a torte e pizze, oltre al pane, segno di un mondo alla rovescia, che vuol provare a rifare.

Non è stato un passo indietro, verso la cucina della nonna o della serva, semmai avanti, in una cucina che diventa l’epicentro non solo della nutrizione ma di una lotta contro la pandemia, luogo in cui, per reagire, bisogna operare con idee proprie in un mondo tutto chiuso. 

Un bicentenario in cui ogni ricetta artusiana viene letta guardando al passato – per il fegato meglio il Moscato suggeriva – e al futuro, non solo rileggendo Veronelli che al fegato alla veneziana abbinava il Raboso ma ristudiando la propria cantina, ed andando oltre, pensando attentamente al fegato e comparando le sue ricette, cercando di immaginarselo mangiando e stappando.

In un mondo tutto chiuso, ne soffrono gli approvvigionamenti, guidati dalla sussistenza, ma non la fantasia.

Minestrone – La Cucina Italiana

Chi poi si sarà preparato un minestrone, è invitato – bicentenario oblige – a rileggersi le pagine della ricetta n° 47 Minestrone in cui Artusi parla di una lunga notte di sofferenze, con “una rivoluzione in corpo da fare spavento” proprio dopo averlo mangiato in una trattoria di Livorno, in una Toscana colpita inaspettatamente dal colera.

Locali aperti, chiusi solo se moriva il proprietario, vie senza barriere e minestroni per chi partiva, a cavallo, in carrozza, con o senza virus.

Questo era il passato, e pare una leggenda nera.


Alberto Capatti

Alberto Capatti

Nato a Como il 2 novembre 1944, è uno tra i principali storici della gastronomia italiana e da molti anni si occupa di storia dell’alimentazione e di cultura materiale.
Ha diretto, dal 1984 al 1989, “La Gola. Mensile del cibo, del vino e delle tecniche di vita materiale” in cui prendeva forma di rivista un poderoso e inedito mix arte, letteratura, design, cucina, antropologia, grafica…che uscì in edicola dal 1984 e il 1991. Capatti è stato direttore scientifico del Comitato Decennale Luigi Veronelli.
È stato membro del Comitato direttivo dell’Institut Européen d’Histoire de l’Alimentation (dal 2005 al 2012).
È stato il primo rettore dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, e direttore di “Slow”, rivista di Slow Food dal 1994 al 2004.
Nel 2001 ha curato, con la direttrice della Bibliothèque de l’Arsenal la mostra «Livres en bouche» presso la Bibliothèque Nationale de France.
Fa parte del Comitato scientifico di CasArtusi.
Dal febbraio 2018 è presidente della Fondazione Gualtiero Marchesi.