Da lui è partita questa grande avventura e ora quasi nessuno se lo ricorda; è il vino più antico di questa regione, ma nel volgere di pochi anni ce lo siamo persi per strada ed i più giovani quasi non lo conoscono. Senza andare a disturbare argomentazioni troppo profonde e personali che non competono a questa enoica rubrica, ci pare, però, che anche il vino stia andando troppo in fretta e si dimentichi le sue origini e i suoi genitori; e non ricordandoseli non può neppure pensare di onorarli, cioè di attribuire il posto che spetta loro nella vita della famiglia e della società.

I Recioto della Valpolicella di Masi

E così ci si è scordati che per arrivare all’Amarone ci è voluta la Valpolicella e la sua massima espressione storica che è il Recioto della Valpolicella. Ormai si parla solo di Amarone senza alcuna connotazione territoriale e si pensa che ci sia sempre stato un vino con quello strano e originale nome. D’altra parte, se guardassimo bene i depliants delle tante aziende veronesi che producono Amarone, scopriremmo che ce ne sono tantissime che neppure la producono una bottiglia di Recioto della Valpolicella, vale a dire il capostipite dei moderni Amarone.

Ma come si fa a produrre Amarone se non si conoscono bene certi segreti, ovvero se non si sa da dove debbano giungere le uve da far appassire, se si ignora come debbano essere gestite le vigne, se non si è in grado di scegliere i grappoli più adatti per l’appassimento e così via fino alla vinificazione e all’affinamento? È come se avessimo saltato una tappa, una stazione, per cui si perde il filo logico delle cose e ci si trova in un luogo senza conoscere dove esattamente sia.

Ci ha pensato Sandro Boscaini a portare allo scoperto questa incongruenza e per rinfrescarci la memoria ha radunato un piccolo gruppo di amici ed ha organizzato una bella degustazione di Recioto della Valpolicella. Siamo saliti alla Tenuta San Ciriaco, sopra Negrar, dove ci attendevano undici campioni di Recioto di diverse annate e di diversi stili di produzione. Tre sono infatti le classi stilistiche con cui Masi affronta il tema dei Recioto della Valpolicella.

Il più classico è il Casal dei Ronchi, un Recioto della Valpolicella Classico proveniente dalle Possessioni Serego Alighieri nella frazione di Gargagnago; il suolo è di derivazione calcareo marnosa ed è a circa 200 metri s.l.m. Le uve appassiscono circa tre mesi sui graticci ed il vino si affina 12 mesi in botti da 25 ettolitri di rovere di Slavonia e una parte in botti di ciliegio per tre mesi. Il residuo zuccherino è molto variabile nelle diverse annate e si passa da 50 a 90 grammi per litro.

Sono state degustate le annate 1988, 1990, 1997 e 2010. Con le dovute sfumature conseguenti alle diverse condizioni climatiche dei millesimi, il Casal dei Ronchi presenta sempre intense note di ciliegia da molto matura a confettura, un ricco ventaglio speziato che può offrire note di cannella e vaniglia, poi caffè e cacao quando convivono ricordi tostati; al gusto vi è sempre una buona cremosità legata al grado di dolcezza ed una buona tannicità che può aiutare ad allungare la persistenza e a dare un finale vagamente amaricante ed avvolgente.

Il secondo vino risponde al nome di Recioto della Valpolicella Classico Amandorlato Mezzanella ed è un marchio di Masi; proviene dall’omonimo vigneto in località Torbe nel comune di Negrar; il terreno è composto da calcari marnosi e tufi basaltici di età eocenica ed è trattenuto dalle marogne, i tipici muri a secco della Valpolicella. Si trova ad un’altitudine di 350-400 metri s.l.m. ed è esposto a sud sud-ovest. Le uve sono le classiche Corvina, Rondinella e Molinara appassite sui graticci per tre mesi; sono vinificate in acciaio ed il vino è affinato due anni in barriques nuove di rovere francese. Il residuo zuccherino è contenuto tra i 40-50 grammi che rendono il vino poco più che abboccato prendendo il nome di Amandorlato proprio per la sua scarsa dolcezza.

In questa occasione è stato assaggiato nelle versioni del 1990, 1997 e 2007. In questi tre millesimi l’Amandorlato ha sempre mostrato una sua distinta personalità, da cui spicca sempre un tocco tostato e affumicato che apparentemente penalizza il profumo di confettura, ma aumenta invece le note speziate aggiungendo un pizzico di chiodo di garofano, mentre anche cacao e caffè escono più allo scoperto. Al gusto la forte azione del tannino aumenta lo stacco dolce-amaro, che porta ancora ad una netta percezione di cacao e cioccolata, nocciola tostata ed amaretto.

La terza versione, che potremmo definire intermedia, è quella che nel corso degli anni ha cambiato diverse volte il suo nome, pur sempre restando all’interno della denominazione Recioto della Valpolicella Classico e con il marchio Masi: Classico degli Angeli nel 1990, Amabile degli Angeli nel 1997 e nel 2007, Angelorum nel 2009. Le uve provengono da vigneti situati nei comuni di Marano, Negrar e Sant’Ambrogio di Valpolicella su terreni perlopiù di calcari eocenici e sono sempre le classiche Corvina, Rondinella e Molinara; vengono appassite mediamente per tre mesi su graticci di bambù ed il vino che ne deriva viene affinato per 12 mesi in botti da 25 ettolitri di rovere di Slavonia.

I suoi caratteri organolettici evidenziano un tono di confettura di ciliegia a cui spesso si affianca un ricordo di petali di rosa appassita, sempre spezie dolci e qualche volta tabacco e fungo essiccato. Anche un tocco di canditi e di prugna secca arricchiscono le sfumature che i diversi millesimi producono. Il residuo zuccherino è sempre evidente e porta subito al palato la dolcezza della confettura, la cremosità del cioccolato, la resistenza del tannino e l’avvolgenza che l’ottima fusione di tutte queste sensazioni riesce ad esprimere.

Su due elementi sarà bene posare la nostra attenzione nel cercare di fare un bilancio complessivo di questa bella degustazione: il primo riguarda il tempo e nella fattispecie l’elevato numero di anni necessari ad ottenere un vino maturo, morbido, ampio ed espressivo, considerato come, alla luce di questa esperienza, i vini più intriganti siano risultati quelli del 1988 e 1990; la seconda riguarda il consumo di questi vini, per creare un più appropriato abbinamento cibo-vino che sappia sfruttarne le caratteristiche organolettiche. Avrete già capito, visto l’elevato numero di citazioni sparse nelle varie descrizioni, che si tratta di cacao e cioccolato. Crediamo, infatti, non esistano tanti vini al mondo che abbiano una così netta e nobile affinità con la cioccolata, anche molto amara e persino quella salata, e con tutti i dolci e torte a base di cacao, più o meno cremosi, più o meno friabili.

Dovremmo fare i complimenti per questa teatrale degustazione a così tante persone che rischieremmo di dimenticarne troppe, per cui affideremo i nostri rallegramenti solo a Sandro Boscaini, il quale, siamo certi, li ridistribuirà equamente a chi se li è meritati.

Gigi Brozzoni