Stavo persino dimenticandomi delle anteprime toscane del mese scorso, tanto mi pare stiano diventando degli appuntamenti di routine: rassicuranti come ogni routine, ma anche un poco noiose come lo sono tutte le cose che non ci presentano più un briciolo di imprevisti.

Il problema, se di problema si può parlare, è che i tre consorzi sono diventati bravi, sempre più bravi a organizzarci le degustazioni, le serate, gli incontri con i produttori, gli spostamenti; bravi sono anche diventati a farci incrociare i vini aziendali che non rientrano nelle doc, per cui non ci rimane che parlare delle annate presentate da ciascuna Denominazione.

In effetti dal Chianti Classico Collection qualche novità è emersa e forse non di poco conto, anche se bisognerà attendere qualche anno per capire se queste novità avranno successo o se deluderanno le aspettative che noi stessi abbiamo contribuito ad alimentare. Innanzitutto il Consorzio Chianti Classico ha un nuovo Presidente: è Sergio Zingarelli di Rocca delle Macìe di Castellina in Chianti.

La novità tecnica consiste, invece, nell’aggiunta di una nuova versione di Chianti Classico, una sorta di alta selezione qualitativa (chiamata appunto Gran Selezione) che avrà regole più restrittive e rigorose. Il fine sarebbe quello di far rientrare nella principale denominazione del territorio i più prestigiosi vini aziendali che, pur avendo tutte le caratteristiche per poter far parte della Docg, preferiscono ancora rifugiarsi nella Igp Toscana.

Un’altra piccola novità è il restyling del famoso gallo nero, diventato più gagliardo e canterino, quindi speriamo più comunicativo. Questo fatto, seppur marginale, ci auguriamo possa diventare motivo di riflessione per quello spavaldo giornalista fiorentino che, in una trasmissione Tv, raccontò come il ruolo del gallo nero non sarebbe stato quello di dare l’anticipato via al cavaliere fiorentino per galoppare sulla strada verso Siena, così da segnare il confine tra le due città nel punto di incontro con il cavaliere senese, ma come, invece, sarebbe stato il gallo stesso, alzatosi prima del suo concorrente senese, a mettersi di corsa sulla strada per Siena. Meglio tornare, però, alle cose più serie.

Il Chianti Classico presentava 37 etichette del 2011, 95 del 2010 ed ancora 27 del 2009; della versione Riserva 22 etichette erano del 2010, ben 65 del 2009 ed altre 26 del 2008. In sostanza bisognerebbe parlare di quattro annate diverse, altro che anteprime, tanto che il Consorzio del Chianti Classico già da tempo si era affrettato a cambiare il nome da Anteprima in Collection, così da evitare malintesi.

Noi ci limiteremo, tuttavia, a parlare soltanto delle vere novità di quest’anno, quindi Chianti Classico 2011 e Chianti Classico Riserva 2010. Il 2011 ci è piaciuto molto, dandoci dei vini maturi e generosi ma anche dotati di eleganza e complessità. Sarà un’ottima occasione per il consumatore medio, cioè il marito della famosa casalinga di Voghera, di bere vini di una certa classe a prezzi piuttosto contenuti. Meno positivo il giudizio sui Riserva del 2010, che non ci pare abbia dato vini molto maturi e morbidi, ma abbia piuttosto lasciato evidente una certa ruvidità del Sangiovese. Come sempre le eccezioni non mancano, perché vi sono aziende che riescono sempre, anche nelle annate peggiori, a fare vini di buona qualità, a volte persino sorprendenti.

Il 2010, invece, ci è piaciuto a Montepulciano con dei Vino Nobile di bella maturità, succosi, con buoni tannini fini e di bella eleganza complessiva; il 2009, il millesimo della Riserva, riteniamo sia stato meno espressivo, ma ha comunque consentito di produrre dei buoni vini, soprattutto ai soliti noti, anche se dobbiamo rilevare con piacere che il livello qualitativo generale di questa Denominazione negli ultimi anni è cresciuto costantemente.

Crediamo siano stati soprattutto il carattere e la riconoscibilità di questi vini a trarne il maggior beneficio, un elemento che, almeno così riteniamo, di solito i consumatori apprezzano molto. Forse è anche per questo che Federico Carletti, presidente del Consorzio giunto a fine mandato, ci ha dato un quadro ottimistico della situazione generale della Denominazione e della salute anche economica delle aziende.

Annata decisamente controversa quella del Brunello di Montalcino: un 2008 di media qualità, decisamente sopravvalutato dal Consorzio, che ha acceso qualche disputa tra gli addetti ai lavori. Noi non ne siamo entusiasti in generale ed abbiamo notato qualche caduta sensibile anche da aziende che in passato e con annate difficili se l’erano cavata meglio, tanto che le eccezioni al rialzo sono piuttosto limitate.

C’è, però, da dire che questa Denominazione si sente ancora, se non assediata, sotto stretta osservazione da parte di tutti, giornalisti, distributori, importatori e pubblico, e questo di certo non le giova. Occorrerà al più presto ritrovare serenità e ottimismo, ma anche un poco più di coraggio e ardimento. Nelle vigne soprattutto, perché il panorama dei vigneti di Montalcino è ancora desolante e deprimente, adatto a produrre dei semplici ed onesti Rosso di Montalcino piuttosto che dei grandi ed ambiziosi Brunello di Montalcino.

Noi speriamo in una nuova stagione di alta viticoltura, ma tanto sappiamo che gli idioti e gli stupidi continueranno all’infinito a parlare solo di botti grandi e di barriques, fino alla noia, fino alla nausea; in alternativa parleranno, forse, di lieviti, ma mai di volatile.

Gigi Brozzoni