Se n’è andato nel bel mezzo della calura agostana, quando tutti sono in ferie a riposare e a ricaricare le pile per la prossima, imminente vendemmia franciacortina. Gualberto Ricci Curbastro, uno dei dieci artefici nel 1967 della Doc Franciacorta, era rimasto a presidiare la tenuta di Capriolo che ospita la creazione di cui andava più orgoglioso e fiero, il Museo Agricolo e del Vino.
Di ciascun pezzo esposto sapeva, con passione e trasporto, raccontare l’origine e l’uso; ricordava ancora con precisione dove e come era riuscito ad entrarne in possesso e non nascondeva la commozione e l’affetto che aveva per tutto ciò che riguardava la civiltà contadina. Dal 1986 quello era diventato il suo vero e unico lavoro, avendo affidato le sorti dell’azienda alle capaci mani di Riccardo.
Lo ricordo quasi vent’anni fa a tavola, nella sua grande cucina di casa, festoso e allegro mi volle al suo fianco per avere dei buoni pretesti (ed un correo) per i numerosi brindisi; e anche più di recente a casa di Evelina, Gualberto mi elesse complice di brindisi e ironico critico della cucina della figlia e del genero. È vero, istintivamente c’è stata molta complicità nei nostri rari incontri e la sua figura, il suo ruolo in famiglia mi è sembrato sempre quello dell’amico, saggio per età ed esperienza, ma lontano dalle ingessate formalità del patriarca.
Caro Gualberto, oggi stapperò la bottiglia di Franciacorta Extra Brut 2006 che porta il tuo nome, che i tuoi figli ti hanno dedicato per sottolineare il ruolo che hai avuto nella tua famiglia e nella comunità franciacortina, e la berrò tutta perché, come tu volevi, neanche una goccia deve andarne sprecata.
Gigi Brozzoni