Negli ultimi 15 giorni mi sono tuffato in un mare di vino piemontese: ho resistito agli attacchi di acidità delle Barbera di Nizza, che prossimamente diventeranno semplicemente Nizza; ho resistito una settimana intera agli attacchi dei tannini del Nebbiolo sferrati a palato, lingua e gengive comprensivi di tutti gli annessi e connessi con le degustazioni di Roero 2009 (discreti) e Riserva 2008 (buoni), Barbaresco 2009 (da discreti a buoni) e Riserva 2007 (da buonini a buoni), Barolo 2008 (da buonini a buoni) e Riserva 2006 (molto buoni) e ne sono uscito affaticato, ma pressoché indenne.

Ho dovuto resistere ai piagnistei di alcuni colleghi che si sono lamentati per i troppi vini in degustazione (e gli asciugheremo la fronte); ho dovuto persino io, serralunghista fondamentalista integralista, sentir dire che i migliori Barolo sono stati quelli generici di La Morra (è stata dura, ma mi sono trattenuto dagli insulti e dalle percosse).

Mi sono anche librato nell’aria sopra le vigne di Barolo, percorrendole in lungo e in largo con uno spettacolare avvitamento su Bricco Boschis, resistendo energicamente alla forza di gravità ma con il supporto meccanico, pare ancora indispensabile, di un elicottero, specializzato in trattamenti antiparassitari ma ormai quasi disoccupato vista la tendenza ad una viticoltura di precisione e ad un più discreto impiego di prodotti chimici.

Ho dovuto persino complimentarmi con gli organizzatori per l’efficienza e la precisione del programma, con le assistenti per la loro simpatia e cortesia, con i sommelier per l’ottimo e puntuale servizio prestato e potendo, così, lamentare solo qualche ritardo dei pullman per i vari spostamenti. Persino l’hotel I Castelli ha ammodernato sobriamente le camere, anche se a dire il vero lo spazio per le colazioni e le colazioni stesse continuano ad essere più da pensione Aurora che da albergo a 4 stelle. La nota industria dolciaria albese ci dispensava il mattino un buon profumo di cacao e caffè tostati a giorni alterni, ma la sera, tutte le sere, ci appestava l’aria di odore di ali di pollo bruciacchiate.

Ma ora amici piemontesi, statemi bene a sentire, perché, fatta eccezione per un ottimo bollito misto offertomi in casa propria da Giuseppino Anfossi in quel di Guarene, ho mangiato per tutta la settimana come peggio non si può. A partire dal lungo e banale aperitivo in piazza Duomo di Alba, per passare ad inconcludenti piatti in piazza Savona (su tutto brillava un fagottino di zucchine e asparagi conditi con un improbabile pesto) e finire ad una folle cena a Serralunga d’Alba, appena sopra Sorano, con un risotto sfatto con ragù di cervo da far rabbrividire anche il più sanguinario dei felini; e poi inusuali ripieni in pasta sfoglia quasi cruda, fette di carne di ignota provenienza e indescrivibile cottura, terminando nello splendido e spettacolare castello Alfieri, alto su Magliano Alfieri, con una serie di bicchierini, coppettine, scatoline, vassoini di policarbonato contenenti creme e cremine, passati e passatine, gelé e gelatine di inutile laboriosità nel prepararli e figuratevi nel mangiarli.

La notte sognavo fiumi con vivaci rapide di tajarin, dolci colline di ravioli del plin, placide pianure di vitello tonnato e scogli di insalata russa, promontori di conigli arrosto e alture di brasato di manzo fassone.

Se becco quello che ha pensato di adottare la cucina creativa…

G.B.