Diventa sempre più attuale ed importante, in ogni settore della vita pubblica e persino privata, saper comunicare, come e a chi. Anche un vino al giorno d’oggi dovrebbe saper comunicare con il proprio consumatore, ma anche con chi consumatore ancora non è per chissà quanti e quali motivi. Di solito si inventano una marea di occasioni per comunicare con il pubblico, dalla semplice e classica pubblicità sui diversi mezzi di comunicazione, alle sponsorizzazioni di eventi culturali o sportivi, alle più diverse attività promozionali tra le quali spicca la classica degustazione, in luoghi usuali come enoteche e ristoranti o inusuali come palcoscenici teatrali, biblioteche, librerie, piazze, capannoni, stand e quant’altro la fantasia può suggerire.

Ma anche la bottiglia è un primo mezzo di comunicazione, non soltanto per quello che un’etichetta recita, ma anche per la sua foggia, l’immagine, la forma, la grafica: tutti a concorrere per dare o suggerire uno stile, un’espressione della realtà culturale dell’azienda. Qualcuno si è spinto oltre e ha pensato che la bottiglia stessa potesse diventare il veicolo di una grande quantità di informazioni contenute in una retro etichetta ben più ampia di quel classico rettangolino, ovvero un micro pieghevole a più facciate ben ripiegate con descrizioni italiano-inglese del vino, del vitigno, del territorio, dell’annata, della vinificazione e dell’azienda. A questo progetto, chiamato Vino Parlante e inventato da due astuti ragazzi, Antonio Cardetta e Christian Fabrizio, ha partecipato attivamente per alcuni anni anche il Seminario Veronelli.

Oggi mi è capitata tra le mani una bottiglia di Vino Parlante e non ho resistito, l’ho stappata e me la sono bevuta su un filetto di trota iridea; il vino era il Vallée d’Aoste Blanc de Morgex et de La Salle Nathan 2010 di Ermes Pavese a Morgex (Aosta). Si tratta di un vino straordinario che nasce in unico vigneto a quasi 1200 metri sul livello del mare, alle pendici del Monte Bianco, e fa parte dei vigneti più alti d’Europa. È prodotto con una varietà di uva chiamata Prié Blanc che ha la caratteristica di compiere l’intero ciclo di vegetazione nei pochissimi mesi estivi e di essere coltivato su pergolette basse, capaci di raccogliere la notte il calore accumulato dal terreno durante il giorno.

Ed Ermes Pavese coccola le sue vigne come fossero delicati fiorellini da accudire con amore. Una rarità nel vero senso della parola, tanto è limitata la produzione di questo vino che ha una sublime freschezza con note mentolate ed agrumate di assoluta eleganza. Questa versione è parzialmente fermentata in barriques di diverse età, ma il vino non si carica di note troppo tostate, bensì riesce a rendere più ampio il suo spettro aromatico con una progressione minerale di altissima finezza. Una bottiglia assolutamente da bere e da ascoltare; si ascolta il vino e si legge la sua storia.

Da non perdere.

Gigi Brozzoni