Appena si arriva a Cellole ci si scorda subito i nomi dei luoghi che si sono attraversati, tutti quei nomi che ci riportano a ricordi incresciosi e drammatici della nostra storia e dell’attualità ancora più nefasta. Poi, seguendo sempre la Via Domitiana, ecco che il Massico ed il Roccamonfina sulla destra (per noi che ci arriviamo da Napoli), di fronte il monte Petrella ed il golfo di Gaeta, che si schiude sulla sinistra verso il mar Tirreno, ci rincuorano e rasserenano. Sarà perché si cominciano a vedere delle vigne, ma ora il paesaggio ci pare più rassicurante; sulla sinistra verso il mare si arriva a Villa Matilde.
Maria Ida Avallone ed il fratello Salvatore ci stanno aspettando perché vogliono farci visitare la loro azienda; sanno che non siamo particolarmente attratti da tini di acciaio inox, botti e barriques di rovere, identici in ogni parte del mondo, così andiamo subito a vedere i vigneti, dei quali non ce n’è uno uguale all’altro.
Le vigne attorno all’azienda poggiano su terreni sabbiosi grigi e giallastri con detriti calcarei misti a lapilli e pomici, sono adatte a produrre dei vini fragranti, garbati e fini con vitigni bianchi; ma per osservare le vigne che danno il Falerno, il più importante dei vini di quest’area, già rinomato nei millenni precedenti, occorre andare ai piedi del Roccamonfina, il vulcano spento che fino al Pleistocene ha eruttato basanite e cinerite, tufo e basalto in varie forme e dimensioni.
Su questi suoli è l’aglianico il vitigno più coltivato, quello che più di ogni altro riceve influssi benefici dai suoli e raccoglie la luce solare anche riflessa e amplificata dal mare. I terreni salgono verso le cime a larghi ed immensi gradoni, che formano piattaforme a disegni variabili segnati dall’andamento dei filari delle viti. Si ha l’impressione di un paesaggio antico e selvaggio con tratti preistorici che mascherano la presenza ed il lavoro dell’uomo, che pure c’è ma è quasi assimilato alla rude natura. Si ritorna in azienda ad assaggiare i vini, dai più semplici e fragranti a quelli più consistenti ed invecchiati.
Ora, a distanza di alcuni anni, ce ne stiamo qui vicini al nostro minuscolo vigneto nel giardino bergamasco del Seminario Veronelli; siamo andati a controllare come crescono le nostre tre piante di aglianico allevate ad alberello e sorridiamo al ricordo della vigna Camarato. Cerchiamo nello scaffale, perché ricordiamo un’etichetta di Villa Matilde. Eccola: Falerno del Massico Rosso Camarato 2004. Massì che ce l’apriamo subito, tanta è l’impazienza di rinsaldare il ricordo e di ripercorrere quelle vigne in compagnia di Salvatore Avallone. Sì, è lui. È quel vino così intenso, composito ed elegante che scuote i sensi, che provoca una leggera scossa…
Gigi Brozzoni