Come tutti ben sanno, in materia di vino il termine classico si riferisce alle zone viticole di più antica tradizione. Diverse denominazioni includono, infatti, una zona classica accanto alla quale, in tempi più o meno recenti, si è aggiunta un’area cosiddetta “allargata”, i cui vigneti, però, non di rado presentano caratteristiche di minor vocazione.

Volendo fare solo qualche nome noto, potremmo citare i casi della denominazione Chianti, o Verdicchio dei Castelli di Jesi, oppure Soave, o ancora Valpolicella. Se non ci limitassimo, tuttavia, al più circoscritto e specialistico vocabolario del vino, ma ci rivolgessimo ad un dizionario più generale ed esaustivo – per esempio l’autorevole Tommaseo-Bellini, pubblicato tra il 1861 ed il 1879 e rimasto per decenni il punto di riferimento per generazioni di scrittori e letterati – troveremmo numerose altre accezioni di questo lemma.

Scopriremmo, così, come l’aggettivo e sostantivo “classico” possa tra l’altro significare: “di classe notabile sopra le altre”; “opera la cui bontà è confermata dalla lode de’ giudici migliori in grande spazio di luoghi e tempi”; “non solo d’antichi, ma di quelli che nel genere loro si meritano preminenza”; “esemplare e autorevole nel suo genere”.

Stappiamo ora una bottiglia di Amarone della Valpolicella 2006 prodotto dall’azienda Roccolo Grassi in quel di Mezzane di Sotto, provincia di Verona. Non ci troviamo, dunque, in nessuno dei cinque storici comuni di produzione del Valpolicella, i cui vini hanno diritto di recare in etichetta la menzione “Classico”. Nel 1996 l’enologo Marco Sartori ha qui dato vita ad una piccola realtà produttiva, subentrando al padre ed iniziando la sua personale rivoluzione.

Nei vigneti, non classici ma comunque posti in ottime posizioni collinari e su terreni di origine vulcanica e basaltica, coltiva corvina, corvinone, rondinella e croatina con grande attenzione per la qualità e la sanità dei grappoli che, una volta giunti a perfetta maturazione, raccoglie e lascia appassire fino alla prima settimana di dicembre; alla pigiatura fa seguire circa 30 giorni di fermentazione in legno, 26 mesi di elevazione in barriques ed altri 18 mesi di affinamento in bottiglia.

La sua ricetta, nel caso dell’Amarone del 2006, ha dato un vino di eccezionale struttura e densità aromatica, carico di sensazioni di frutti di bosco e amarene in confettura, di vivaci e deliziose spezie, con intriganti tocchi di torba, di grafite, di tabacco ed una lieve suggestione di scorza d’agrume candita, nitida e precisa, che insieme all’integrità del frutto lascia intuire un appassimento condotto in modo magistrale.

Non si tratta di un “Classico” per la legislazione vinicola, ma frugando tra le definizioni del Tommaseo siamo certi di averne scovate davvero tante che si addicono a questo affascinante vino. Anzi, i racconti sempre cangianti che continuano a regalarci, annata dopo annata, gli Amarone di Marco Sartori ci hanno fatto tornare alla mente una vecchia citazione e ci invogliano, in tutta umiltà, a parafrasare e dedicare ai vini ciò che Italo Calvino ebbe a scrivere un tempo a proposito dei libri: un classico è un vino che non ha mai finito di dire quel che ha da dire.

Marco Magnoli