L’avevo scritta per i 25 anni delle Città del Vino, ma l’hanno sdegnosamente ignorata, per cui la dedico ora ai nostri affezionati lettori per lasciare loro motivi di riflessione per passare la prossima estate, rilassante per voi ma di gran lavoro per noi che dobbiamo dedicarci totalmente alla stesura della Guida Oro I Vini di Veronelli 2014. Ci risulterà praticamente impossibile mantenere fede al nostro impegno quotidiano per cui la rubrica Un vino al giorno… diventerà settimanale o casuale nonostante i contributi di Andrea Bonini e Marco Magnoli.
Questa lettera potrebbe accompagnare simbolicamente le vostre degustazioni estive, augurandoci che troviate sempre ottimi vini, ottima compagnia e ottimo clima; è un poco più lunga del solito, ma l’estate corre lenta e son certo troverete il tempo di leggerla.
Caro Amico
Ti scrivo in questa forma un poco arcaica perché ti voglio raccontare le ultime vicende che mi vedono a stretto contatto con una bottiglia di vino. Tutto parte dal fatto che è iniziato un nuovo anno palindromo, il 2552, il quale è venuto dopo più di cent’anni dal lontano 2442, così che siamo ancora in pochi ad aver passato due capodanni palindromi, mentre nell’antichità, quando ancora la vita degli uomini raramente superava i cent’anni, gli uomini hanno vissuto ugualmente due anni palindromi perché succedutisi a breve distanza l’uno dall’altro, il 1991 e il 2002. Pensa che enorme fortuna ebbero quelle antiche popolazioni!
E proprio in loro memoria ho pensato che potessi passare questo capodanno bevendo una bottiglia di vino, a quell’epoca, come ben sai, molto comune in tutte le abitazioni umane d’Europa. Molto comune, dicevo, ma gli storici sostengono che già si fosse in fase di recessione dovuta al mutare delle abitudini alimentari e all’insicurezza dei loro antichi mezzi di mobilità umana. Si usavano ancora le automobili condotte dall’uomo, che sotto l’effetto dell’alcol spesso cozzavano l’una contro l’altra o andavano a schiantarsi contro case in muratura, pali di metalli ferrosi semplici e alberi ad alto fusto che erano ancora molto numerosi.
Un altro motivo di grande recessione fu il continuo aumento di soggetti che producevano vino contro la rapidissima contrazione di chi beveva vino, considerato un prodotto obsoleto e molto costoso e quindi facile preda del più sfrenato fai da te che caratterizzò quel periodo storico.
Ancora più tardi intervennero i sostanziali cambiamenti climatici – come la tropicalizzazione del 21esimo secolo o la media glaciazione del 23esimo, la diversa sequenza stagionale e la mutazione della composizione dell’atmosfera terrestre – a rendere impossibile la coltivazione arborea all’aperto e si dovette passare alle complicate e costose coltivazioni in ambiente atmosferico modificato (Atm), con il conseguente moltiplicarsi delle cupole di agricoltura mutata, le famose CAM, che cominciano ora a diventare un problema per il sovraffollamento di unità biologiche alterate.
Comunque sia, la voglia di tornare a ripetere questi antichi rituali edonistico-domestici di classe FF+ mi ha spinto a collegarmi telepaticamente con la Cam X348S che è posta appena a Sud della depressione padana, dove un tempo scorreva un corso d’acqua di media portata chiamato Po-Bos, ed appena ad ovest di un avvallamento terrazzato e carpiato ove scorreva il Tan-Aro/Bis. In questa Cam è possibile compiere visite olografiche con prelievi telepatici programmati di erbe e frutti di diverse specie e varietà mantenute in vita da un programma micro satellitare continuo interstiziale (Msci).
Nel filare 1493, in posizione progressiva BB412 ho scovato alcune piante di vitis vinifera nebbiolo modello lampia, provenienti da un’antica collezione ampelografica giacosiana, con frutti a maturazione coassiale stabilizzata che ho fatto prelevare dall’androide di turno, modello domusviolaXcorleggero di fabbricazione albarese, nella misura di 1,2 kilogrammi complessivi calcolato ad una pressione di 1840 nanometrici inferiori.
I frutti furono posti in barattoli metallici pressurizzati e messi in condizione obbligata di auto-fermentazione onanistica; successivamente il liquido alcolico ottenuto è stato messo ad affinarsi in ambiente materialmente modificato e portato ad una pressione centripeta di 18.000 milliorgasmici che ha fornito un invecchiamento istantaneo paragonabile a quello ottenibile a inizio millennio in 20 anni di tempo solare.
Il vino così ottenuto è stato introdotto in un’antica bottiglia di vetro oscurato, agghindata dalla riproduzione olograficamente fedele di un’antica etichetta cartacea in uso nei primi anni, sempre del presente millennio e tappato con un antico cilindretto di sughero proveniente dal museo interattivo della comunità coatta dell’urbisalbeisa.
Da una consultazione multi mediatica della biblioteca eno-etimologica anabolizzata (Beea) dell’emisfero Nord del nostro pianeta abbiamo scovato un singolare reperto cartaceo sul quale sono descritti quelli che a prima vista potrebbero sembrare antichi nomi di vini abbinati ad alcuni cibi dell’epoca: “Matrimoni d’amore”, ci pare ancora di leggere in copertina, ed autore dovrebbe essere stato tal Luigi Veronelli (il resto è illeggibile).
I vini di quell’area geografica venivano chiamati Barolo Falletto di Serralunga ed erano abbinati a cibi dall’esotico ed esoterico influsso come “Lepre in Civet e piatti con tartufo d’Alba”. Orbene, se ancora ci è possibile risalire velocemente tramite l’ultrasito Sotutmi ad un animale quadrupede chiamato lepre (pare avesse, previa cottura ad alta temperatura, carni eduli e di ottimo sapore), della località Civet non se ne sa nulla e non si riesce nemmeno a capire esattamente se effettivamente si trattasse di luogo e di altra materia aromatica e commestibile.
Di tartufo, invece, si continuò a parlarne per due secoli, ma si estinse poi a causa degli stravolgimenti ambientali di cui sopra si è già detto e mancano, probabilmente ad opera dei sabotatori della corrente dipendentista del gusto (Cdg) in attività per tutto il ventiquattresimo secolo, tutte le voci correlate anche in ambiente realtà elettronicamente motivata (Rem 1, 2 e pleonasticipiti successivi). Di Alba sopravvisse ancora per qualche decennio l’usanza di vendere tartufi tramite obsoleti collegamenti in rete, con improbabili ristoratori che non sapevano come usare questi prodotti costosi e, a detta di molti, puzzolenti.
La città di Alba fu poi messa all’asta e se l’aggiudicò una persona mattiniera che la smarrì dopo una giornata di bagordi. La bottiglia di vino ci è stata recapitata virtualmente attraverso il sistema telemetriplicato gestito dai Sodali di Altardi (Sda). Fatto sta che con la bottiglia di vino stappata e attraverso il programma di ricostruzione artificiale delle organolettiche sensazioni gustative olfattive tattili (Pradosgot.3) abbiamo passato un capodanno come ormai non se ne vedono più in nessun angolo del sistema solare integrato (Ssi) nel quale ci è toccato vivere. Abbiamo potuto così ripercorrere ablasivamente la serie di emozioni che estasiavano l’uomo del 21esimo secolo quando riteneva opportuno festeggiare un evento straordinario se non proprio ordinariamente quotidiano.
Le nostre reazioni sono state registrate algoritmicamente ed inviate al centro di duplorettifica psicocombinata (Cdp) per le opportune verifiche socio ambientali applicate ed inviate ai centri seduttivi asessuati di tutta la popolazione sessualmente attiva del globo. Alla fine ci siamo sentiti in dovere di ringraziare tutti coloro che sono riusciti, con il loro lavoro e con la loro passione, a tramandare queste usanze, a documentarne le caratteristiche più sottili e a farle arrivare sino a noi seppure in forma immaterialmente solvibile.
E chissà se nei prossimi secoli, quando il programma di restauro totale del globo terracqueo (Pretoglot) sarà concluso, si riuscirà a ripristinare sulla superficie della nostra terra una viticoltura sostenibile e rispettosa della cultura dell’uomo, un’enologia naturale senza trucchi e senza inganni, una produzione adeguata ai consumi, un consumo moderato ma altamente qualitativo e a costi ragionevoli, con i giornalisti che informano e basta, i consulenti che consigliano e basta e i commercianti che commerciano e basta, oppure si ripeteranno tutti gli errori, le storture, le forzature, le inadeguatezze che caratterizzarono il mondo del vino all’inizio di questo millennio.
Gigi Brozzoni