Per il vino di oggi ci serviremo di quanto scritto da Marco Magnoli a proposito di una degustazione di vini a base di uva fiano che si svolse presso la nostra sede nel corso degli Incontri del Lunedì. Il resoconto di questa degustazione fu pubblicato sulla nostra rivista Il Consenso nel numero 1 di Gennaio-Marzo 2005.

«Il fiano sembra essere una varietà di origine antichissima. Secondo molti studiosi essa risalirebbe almeno al periodo romano, durante il quale era conosciuta come uva apiana, ossia uva delle api, irresistibilmente attratte dalla sua dolcezza. Le questioni etimologiche, tuttavia, sono sempre difficili e controverse, così che qualcuno ha fatto notare come gli acini d’uva non attraggano le api, bensì le vespe, un valido argomento che sembra in grado di mettere in crisi la derivazione sopra prospettata.

In analogia con quanto avviene per il moscato (che non deriva certo il suo nome dalle mosche, quanto, piuttosto, dal suo particolare aroma muschiato), apiana non deriverebbe, allora, da apis, bensì da appianus, una varietà di mela descritta da Plinio che avrebbe preso il nome dal suo selezionatore, un tale Appio. Un ulteriore teoria vuole, invece, il nome fiano derivato da Apia, ossia l’area agricola che oggi comprende Lapio, proprio nel cuore della zona più vocata alla coltivazione del nostro vitigno.

Se, con ogni probabilità, l’incertezza sul nome si manterrà ancora a lungo, non altrettanto si può dire circa l’origine botanica, dal momento che anche per il fiano sono in corso analisi del DNA vegetale i cui primi risultati sembrano indicare, ancora una volta, come esso sia frutto di successivi incroci tra varietà autoctone campane.

Dall’originaria area di coltivazione, racchiusa nella provincia di Avellino, il fiano si è poi diffuso in alcune parti di Basilicata, Molise e Puglia, oltre che nel Cilento, ma è sicuramente nella sua tradizionale culla che riesce a dare i risultati migliori, potendo giovarsi di terreni vulcanici ricchi di minerali che vivacizzano e rendono più elegante il suo profilo aromatico, il quale rischierebbe altrimenti di scadere verso i toni un poco pastosi ed evoluti ben rappresentati dal tipico sentore di nocciola tostata.»

Ora apriamo il Fiano di Avellino Colli di Lapìo 2012 di Clelia Romano che nasce proprio a Lapìo, in provincia di Avellino, nel cuore dell’area di provenienza del vitigno. Ci ha sorpreso per la sua intensità fruttata, matura e polposa, ricca di note speziate dolci e con nettissima la nocciola tostata che dona una sensazione molto densa e sontuosa; eppure ha una vena acidula e vegetale capace di dare poi anche un tocco di fragrante eleganza alla beva e di rimanere a lungo impressa al gusto.

Gigi Brozzoni