Vi è stato un lungo periodo nel quale i nostri vini bianchi, anche quelli migliori, non avevano capacità di invecchiare, tanto che Luigi Veronelli nei suoi vecchi Catalogo Bolaffi dei vini Italiani editi negli anni Settanta consigliava di coglierli nella loro gioventù per godere della loro effimera freschezza. Di acqua sotto i ponti ne è passata tanta e l’enologia italiana ha fatto passi da gigante sotto il profilo culturale e produttivo.

Sono apparsi vini bianchi che hanno una grande capacità di sopportare bene il tempo, ma soprattutto è cresciuta una folta schiera di vignaioli che ha voluto produrre dei vini bianchi che sapessero migliorare, progredire con l’andare del tempo; non più semplicemente sopportare il tempo, bensì trasformarlo in elemento di crescita, di sviluppo, di progresso delle loro caratteristiche organolettiche.

Al contrario, invece, sembra che il pubblico dei consumatori, ma anche di parte degli operatori, sia rimasto fermo agli anni Settanta e continui a preferire vini bianchi giovani e freschi, certamente gradevoli, ma spesso solo in grado di mostrare caratteri fermentativi semplici e di limitata espressività; cioè, non si ha la voglia, la cultura, la sensibilità e la curiosità di voler attendere che questi aromi si trasformino in aromi terziari, più ricchi, maturi, evoluti, capaci di darci profumi e sapori nuovi, inaspettati e certamente più affascinanti e seducenti.

Ho aperto una bottiglia di Alto Adige Sauvignon Voglar 2007 di Peter Dipoli, un originalissimo e coltissimo vignaiolo altoatesino, che ha cantina in quel di Egna (Neumarkt in lingua tedesca). Sono letteralmente stato investito da una coltre di profumi di inaspettata intensità, ampiezza e finezza. Il Sauvignon ha perso le sue più tipiche note un poco pungenti di fiori di sambuco, di foglia di pomodoro ed ha sviluppato un più confortevole aroma di rosa selvatica, il frutto si è fatto più esotico con gli aromi del frutto della passione, la pungenza del peperone ha lasciato spazio a note di salvia ed erbe aromatiche ed ha fatto capolino un tocco minerale con impressioni di idrocarburi. Anche al gusto prevalgono ormai i sapori più maturi e placidi, ma sempre stimolati da una freschissima acidità che si è fatta meno amara e più agrumata per un finale di superba eleganza e continuità.

Gigi Brozzoni