«La città di Scicli sorge all’incrocio di tre valloni, con case da ogni parte su per i dirupi, una grande piazza in basso a cavallo di una fiumara, e antichi fabbricati ecclesiastici che coronano in più punti, come acropoli barocche, il semicerchio delle altitudini…» Così la racconta Elio Vittorini ne Le Città del Mondo (1969), e così la racconta la geologia: il territorio è solcato da diversi corsi d’acqua i quali hanno tutti carattere torrentizio tranne l’Irminio; gli altri intercettano il centro di Scicli e sono il Mothucanus, il torrente di S. Maria La Nova e quello di S. Bartolomeo. Nei millenni ognuno di questi ha scavato nel tavolato profonde gole che oggi caratterizzano il paesaggio.
Ancora Elio Vittorini: «È la più bella città che abbiamo mai vista. Più di Piazza Armerina. Più di Caltagirone. Più di Ragusa, e più di Nicosia, e più di Enna… Forse è la più bella di tutte le città del mondo. E la gente è contenta nelle città che sono belle…» Così bella che l’Unesco nel 2002 l’ha insignita del titolo di Patrimonio dell’Umanità e le sue ricette, i suoi sapori, i suoi piatti non sono altro che la rappresentazione di ciò che è stato il suo passato storico, fatto di dominazioni e di mescolanza di culture, di usi e tradizioni diverse: prima gli arabi, poi i normanni e poi ancora gli aragonesi. Palazzi e Chiese sfoggiano un barocco elegante e luminoso, di un pallido colore giallo-oro che al sole acquista un’indescrivibile opulenza.
Michele Mölgg, enologo trentino, si innamora di Scicli e nel 2002 decide di produrre vino in quelle terre del Miocene, fatte di calcare compatto, tenero o marnoso, talvolta bituminoso; vi pianta Nero d’Avola, il vitigno caratteristico di queste zone, che alleva a cordone speronato con densità di 4400 ceppi per ettaro nelle contrade Romito e Piazza Filippa; ristruttura alcuni vecchi fabbricati rurali per farci la cantina con i locali per la vinificazione e per l’affinamento. Dopo un’attenta selezione le uve pressate vengono vinificate in tini di acciaio inox con temperature che oscillano tra 28 e 32° con una lunga macerazione sulle bucce. Dopo la spontanea fermentazione malolattica il vino è posto in barriques per circa 8 mesi e, senza alcuna filtrazione, viene poi messo in bottiglia per l’ulteriore affinamento che durerà almeno due anni.
Ora il Siclys Nero d’Avola Sicilia Igt 2009 dell’Azienda Armosa di Scicli, in provincia di Ragusa, è pronto per il consumo. Si offre in una veste color rubino intenso, ha profumi ricchi di frutti rossi come ribes e amarena, poi di spezie dolci come cannella e liquerizia, un pizzico di aromi vegetali quasi selvatici ed un briciolo di agrumi canditi. Al gusto si espande con calore alcolico e dolcezza di confettura, mentre la sottile trama tannica ne sostiene la possente struttura. È vino di terre calde, forti e robuste, dove solo il mare col suo respiro riesce a tratti a spegnerne l’ardore.
Gigi Brozzoni