La linea di demarcazione la traccia il Tanaro e solo pochi chilometri dividono realmente le colline delle Langhe da quelle del Roero, ma da un punto di vista temporale la distanza è enorme, vale circa 10 milioni di anni e passa dal Miocene al Pliocene.

Geologicamete il Roero è formato da depositi marini piuttosto giovani ed emersi con il ritiro del mare da tutta la pianura Padana; il poco tempo che ci separa da quell’evento non ha permesso che questi depositi si compattassero per sedimentarsi in marne ed arenarie come nelle Langhe, ma ha dato vita a formazioni sabbiose come le sabbie di Asti e ad alcune formazioni di marne sabbiose stratificate.
Da un punto di vista orografico le colline del Roero si presentano piuttosto movimentate e scoscese a causa di numerosi calanchi e della pronunciata erosione causata dai fattori climatici che hanno scavato valli e declivi irti e ripidi.

L’impiego agricolo di questo territorio è caratterizzato dalla presenza di diverse colture arboree nelle parti pianeggianti, mentre sulle colline ha trovato posto la viticoltura che si presenta prevalentemente a giropoggio, anche se su alcuni crinali molto inclinati è possibile vedere alcune vigne a rittochino.
La zona di produzione dei vini Roero e Roero Arneis si estende su un’ampia superficie collinare sulla sponda sinistra del fiume Tanaro e comprende integralmente o parzialmente 19 comuni per un totale di 630 ettari vitati che danno origine ad una produzione di circa 40.000 ettolitri di vino, in prevalenza Arneis, mentre solo 5.300 ettolitri di Roero sono ottenuti con uve nebbiolo. Altri vini prodotti su questo territorio sono il Nebbiolo d’Alba ed il Barbera d’Alba.

La degustazione di ieri sera, con una diecina di Roero Riserva 2009, ci è servita innanzitutto per valutare lo stato dell’arte di questa docg e a visto prevalere il Roero Riserva Printi 2009 di Monchiero Carbone a Canale, seguito a una certa distanza dal Roero Riserva Braja 2009 di Deltetto, anch’esso di Canale, e dal Roero Riserva Bric Aut di Gian Paolo Viglione di Montà; ma soprattutto per capire quanto sia singolare la personalità di questi vini e quanta sia la distanza dai vini di Langa, che continuano a rappresentare stilisticamente l’esempio da imitare e da inseguire.

Noi francamente preferiremmo che il Roero cercasse una sua via, un suo percorso capace di portare originalità, distinguibilità ai suoi vini piuttosto che rimanere una copia un po’ sbiadita dei più blasonati vini di Langa. Una ricerca tecnica che peraltro è già partita da alcune aziende langarole, e proprio da quelle che meno avrebbero bisogno di sperimentare modi diversi di vinificare le uve nebbiolo. Noi speriamo che il nascente ed autonomo Consorzio del Roero sappia farsi carico, fra i tanti e difficili compiti che lo aspettano, di ricercare uno stile, una forma, un’espressione che siano veramente autonome, originali e distinguibili; che sappiano, cioè, dare visibilità, lustro e prestigio al Roero.

Gigi Brozzoni