Ci sono molti ristoratori che lamentano un calo dei consumi di vino ai loro tavoli e pensano che questo fenomeno sia ascrivibile, forse non solo, ma certamente anche, all’innalzamento della gradazione alcolica dei vini italiani di gran qualità. Non è la prima volta che ci capita di sentire questi reclami, ma qualcuno comincia a pensare che si tratti di un fenomeno italiano e quindi tende a ritenere che le aziende italiane non siano in grado di controllare le loro produzioni, a differenza dei francesi che, secondo alcuni, controllano meglio questi fatti e riescono a contenere l’aumento di tenore alcolico.

Noi non vorremmo apparire troppo accomodanti o accondiscendenti verso le scelte dei produttori italiani, ma riteniamo che questi fenomeni siano il risultato di una crescita di perizia, e non il contrario, nella conduzione dei vigneti e dell’ormai assodato aumento delle temperature medie del globo. D’altro canto se vogliamo bere vini maturi e morbidi non abbiamo molte alternative da scegliere. Né i viticoltori italiani né quelli stranieri ed europei in particolare.

La dealcolazione dei vini abbiamo visto che non funziona, perché si peggiorano gli aspetti organolettici; raccogliere le uve meno mature vuol dire avere vini più acidi e spigolosi e questi aspetti non piacciono ai consumatori stranieri; favorire una viticoltura di quota significa aumentare i costi di produzione e di conseguenza anche quelli di vendita; oppure pensare, come stanno facendo in Champagne, di emigrare al nord e attraversare la Manica per approdare nel Kent o nel Sussex. Potremmo sperare in un’inversione di tendenza climatica che ci porti ad una piccola glaciazione o, più semplicemente, ridurre i nostri consumi a tavola di circa il 10%, visto che la gradazione alcolica dei nostri ottimi vini non è aumentata di più; è passata, in questi ultimi 15 anni dal 13-13,5% al 14,5% di alcol.

Se invece è una questione di gusto, di impressione organolettica, allora vi consiglierò un vino molto alcolico, perché nonostante i suoi 15,5% di alcol non si avverte nessuna negativa impressione al palato. Si tratta dell’Amarone della Valpolicella Classico Vigneto Castel del 2006 dell’Azienda Agricola Mazzi Roberto e Figli di Negrar, in provincia di Verona. Impressiona per la sua maturità, la sua rotondità ed il suo equilibrio, e non ci verrebbe in mente di dire che sia un vino molto alcolico o smisurato. Ma per nostra fortuna i bravi vignaioli ci sono, sono tanti anche se non si mostrano troppo spesso. Lasciano che parlino i loro vini.

Sapremo ascoltarli con attenzione?

Gigi Brozzoni