Che ci sia un po’ di confusione in questa denominazione ci pare evidente e pensiamo che quanto più si aspetterà a porvi rimedio peggio sarà per tutti: per la Denominazione, per i produttori e per i consumatori. Se è vero che sia proprio nei momenti di crisi il periodo migliore per porre rimedio alle storture generate da anni di prosperità, crediamo sia giunto il momento di iniziare seriamente a ripensare totalmente e fin dalle sue basi il problema di questa complicatissima zona vitivinicola.

Abbiamo superato la fase del Chianti con la ricetta del Barone Ricasoli, quella del Chianti classico delimitato con regio decreto del 1933, quella del fiasco di Chianti bevuto da Enrico Fermi con il suo gruppo di fisici nucleari del Progetto Manhattan e quella de La confraternita del Chianti di John Fante.

Ora ci troviamo con un dedalo di vicoli chiamati tutti Chianti, ma che poco hanno in comune. Proviamo a contarli: Chianti, Chianti Superiore, Chianti Riserva, Chianti Classico, Chianti Classico Riserva, Chianti Classico Selezione, Chianti Rufina, Chianti Rufina Riserva, Chianti Montalbano, Chianti Montalbano Riserva, Chianti Montespertoli, Chianti Montespertoli Riserva, Chianti Colline Pisane, Chianti Colline Pisane Riserva, Chianti Colli Aretini, Chianti Colli Aretini Riserva, Chianti Colli Fiorentini, Chianti Colli Fiorentini Riserva, Chianti Colline Senesi, Chianti Colline Senesi Riserva.

E fanno venti. Venti denominazioni Chianti per indicare un vino proveniente da quattro diverse province, prodotto con Sangiovese ed una marea di altri vitigni, con periodi di elevazione che passano da pochi mesi a tre anni; e sugli scaffali i prezzi vanno da meno di 2 a più di 100 Euro a bottiglia.

Ora qualcuno vorrebbe poter specificare in etichetta le specifiche zone di produzione, come ha fatto Barolo e Barbaresco. Allora cominciamo col dire che di Barolo o di Barbaresco ce n’è solo uno e non con nove nomi diversi come nel caso del Chianti, per cui la indicazioni geografiche di queste denominazioni sono più chiare e numericamente gestibili; il modello imitabile, allora, non sarebbe quello di Barolo, ma quello di Bordeaux, dove con questo nome vengono prodotti tre livelli qualitativi di vini dei quali poi si va a specificare i comuni e i cru, ma perdendo il nome Bordeaux: Pauillac. Margaux, Saint Julien, Saint Estephe, Pomerol, ecc.

Quindi, Chianti Rufina diventa Rufina e basta, come resterebbero solo Montespertoli, Montalbano, Colli Aretini e Fiorentini, Colline Pisane e Senesi. In sostanza chi produce uno dei tanti Chianti crede nel proprio territorio o vuole solo salire su un carrozzone sperando che questo lo porti da qualche parte?

Continueremo a meditare su questi temi con la speranza che lo facciate anche voi; e per sottolineare questo nostro impegno ci siamo aperti una bella bottiglia di Chianti Classico Riserva Le Baroncole 2004 di San Giusto a Rentennano di Gaiole in Chianti in provincia di Siena. Eccellente, con tutto il profumo ed il sapore del sangiovese cresciuto nelle terre di alberese della Serie Tosco-Emiliana formatasi nell’Eocene (50 milioni di anni fa) e non nei calcari del Pliocene (5 milioni di anni fa).

Chiara la differenza?

Gigi Brozzoni