Con la qualifica di Camerlengo si intendeva di solito l’addetto alla camera del tesoro o del sovrano, ovvero generalmente con tale titolo si designava colui che amministrava il tesoro e i beni dello Stato. Per la Chiesa Cattolica il camerlengo per antonomasia è il cardinale Camerlengo di Santa Romana Chiesa, che ha il principale compito di presiedere la sede vacante. Nella Repubblica di Venezia i Camerlenghi de Comùn, o semplicemente Camerlenghi, erano i pubblici cassieri dello Stato e sovrintendenti alle attività di riscossione e di redistribuzione delle entrate. Chissà a quale Camerlengo si allude sulla bottiglia di vino che abbiamo davanti agli occhi? È presto chiarito appena leggiamo che questo vino viene da Rapolla.

Andiamo allora sul sito aziendale e leggiamo che Camerlengo è il titolo del Cardinale che amministra la Camera Apostolica e si prende cura dei beni temporali della Santa Sede. Il nome di questo splendido vino si ispira agli eventi successivi a Federico II nel 1250, quando Guelfi e Ghibellini si contrastavano ferocemente per difendere gli uni il Papa e gli altri gli Svevi.

In quegli anni Manfredi, figlio di Federico, sostenuto da fedelissimi, si recò nelle varie città della Lucania che nell’incertezza politica si erano dichiarate fedeli al Papa. Al suo passaggio Manfredi riotteneva consensi e appoggi, ma nella città di Rapolla le cose andarono diversamente. Rapolla era fedele al Papa e, fiduciosa nel suo appoggio e protezione, resistette strenuamente all’assedio armato di Manfredi. Fu così che il Papa, tramite il Cardinale Camerlengo, in segno di riconoscimento per tanta fedeltà, donò a Rapolla terra da coltivare.

Da queste terre proviene l’Aglianico del Vulture 2008 dell’Azienda Agricola Camerlengo di Rapolla, in provincia di Potenza, che ci sorprende subito per l’intensità e la profondità del suo colore rubino violaceo; poi anche il profumo, per non essere da meno, si espande con rapidità fino a salire rapido nelle narici ove ascoltiamo queste note di confettura di ciliegie e frutti di bosco, poi un ricordo di rosa appassita e, più leggero, di tamarindo; di chiodo di garofano, cannella e, sul finale, un tocco vegetale unito alla china che pare persino liquerizia tanto è dolce e maturo il suo carattere.
Al gusto entra decisamente in campo tutta la maturità fruttata, sostenuta dal timbro alcolico caldo ed avvolgente, dall’irruenza del tannino sebbene fine e minuto, animato da una dinamica acidità che completa le sensazioni sapide e tattili di un carattere ribelle e selvatico.

Vatti a fidare dei camerlenghi…

Gigi Brozzoni