Dopo aver preso spunto dagli argomenti che riguardavano gli aspetti salutistici del vino, per completare il nostro rapidissimo excursus dobbiamo dire, però, che il vino contiene anche due sostanze che Veronelli definì problematiche. La prima di certo è l’alcol, dai più ritenuta sostanza pericolosa se assunta in elevate quantità, benefica se assunta con moderazione, ma da qualcuno addirittura definita tossica. In ogni caso sappiamo che con l’alcol non si può scherzare; con lui occorre avere con un rapporto guardingo, moderato, mettendolo sempre in relazione alle proprie abitudini alimentari, agli stili di vita, al peso corporeo e alle occasioni di assunzione.

Il secondo elemento critico è rappresentato dall’anidride solforosa, un composto chimico che ha la proprietà di essere un antibatterico, un antiossidante capace di assicurare la conservabilità del vino. Una piccola parte viene prodotta direttamente dalla fermentazione alcolica, il resto viene aggiunto in fase di vinificazione e in fase di imbottigliamento. La legge fissa delle soglie massime diverse per ciascun tipo di vino, basse nei vini rossi, più elevate per quelli bianchi, molto elevate per i vini dolci e passiti.

I vini biologici hanno una normativa che prevede dei limiti più bassi, ma non sufficienti per creare un livello di salubrità superiore. Sappiamo, invece, che un bravo viticoltore ne userà il meno possibile e si terrà decisamente al di sotto delle soglie fissate dalle normative utilizzando procedure enologiche estremamente igieniche per contenere la carica batterica dei vini. Gli enologi e i ricercatori sono costantemente alla ricerca di una soluzione definitiva a questo problema, ma il traguardo finale appare ancora lontano, anche se già da qualche anno sono messi in commercio dei vini con bassissimo tenore di solforosa e anche alcuni vini che possono fregiarsi della scritta «senza solfiti aggiunti». Sono per lo più dei vini semplici, giovani, da bere presto, che fruiscono di una lavorazione in ambiente riduttivo, cioè in assenza di ossigeno, e che si affinano solo qualche mese in fusti di acciaio.

Ora, però, mi arriva sul tavolo una bella ed argentea confezione di una bottiglia di Franciacorta dell’azienda Mirabella con un depliant che recita «Il primo Franciacorta Docg senza solfiti». E dire Franciacorta sappiamo cosa significa: un vino con doppia fermentazione e permanenza sui lieviti per almeno due anni, poi sboccatura e tappatura definitiva; alla fine, dalla vendemmia delle uve sono passati quasi tre anni.

Metto subito la bottiglia in fresco e leggo la documentazione allegata. Dopo un paio d’ore apro questa bottiglia di Franciacorta Docg Elite Extra Brut Blanc de Blanc di Mirabella, Cantina in Franciacorta dal 1979 a Rodengo Saiano: resto sbalordito per la freschezza dei suoi profumi, la lucentezza del colore, l’integrità fruttata, il bel perlage, il sapore maturo e preciso, secco e senza cedimenti. Il motto aziendale dice: 3 enologi, 10 anni di ricerca, 4 tesi universitarie.

Che dire? Chapeau!

Gigi Brozzoni