LECCA LECCA

LECCA LECCA

Se il mondo è popolato di hamburger e sandwich, il “panino” è affare tutto nostrano, che con quegli altri si mescola, tra divergenze e congruità. In fondo, però, sono sempre due fette di pane che contengono l’interpretazione del mondo. O, meglio, la sua attualità. Un’Accademia è nata per studiarlo. Ed è arrivato a nobili interpretazioni gastronomiche in curati ristoranti. Alberto Capatti ci guida qui in un originale tour tra paninari e mangiatori di panini.

Pane al pane

Pane al pane

Il pane è oggi un prodotto immaginario, perseguito da chiunque. Io stesso, che ho un bisnonno fornaio che produceva pane di Como, e ne spediva ogni mattina col treno a Milano, nell’anno 1900, non posso esimermi dal ricordarlo, anche se non lo trovo più in qualsiasi negozio della mia città, e il ricordo stesso è sbriciolato.

Pan de mia

Pan de mia

di Alberto Capatti

“Fingo che sia un pane in cui mia, in lombardo, è minga, mica, nulla, ma potrebbe configurare anche una misura lineare, le miglia, rivelandosi pane lunghissimo e così lo viviamo, il covid. Poi voglio assaggiarlo, voglio assaggiarla, ed è solo cifre e numeri, e non ci provo gusto, quindi passo ai ricordi – il pane è memoria – ed allora ha un sapore, un sapore di vita vissuta”.