Istantanee di incontri e assaggi dedicate ad alcune realtà della zona, dalla penna di Alessandra Piubello, tra i curatori della Guida Veronelli 2024
Villa Mongalli
Bevagna PG
Sono quasi 25 anni che Pierpaolo Menghini si prende cura di Villa Mongalli.
«La scelta dell’acquisto di questa tenuta di 40 ettari dai Signori di Bevagna», racconta Menghini, «è nata dal desiderio di dedicarsi alla campagna. All’interno del parco secolare la vite e l’olivo si coltivavano da tempo immemorabile, come testimoniavano alcune vecchissime piante di sagrantino presenti al momento dell’acquisto. Il desiderio di diventare vigneron è nato con il tempo ed è diventato una passione totalizzante».
Menghini si occupa delle vigne, le prime piantate nel 2001 e dedicate al vitigno principe, il sagrantino, (ha ampliato poi le varietà fino ad arrivare agli attuali 20 ettari), della cantina in stretta collaborazione con l’enologo: «Ho iniziato la prima vendemmia con Emiliano Falsini e siamo cresciuti insieme in tutti questi anni» e anche della commercializzazione.
A Villa Mongalli la fermentazione dei vini avviene senza l’aggiunta di lieviti selezionati e in cantina, a centro metri dalla villa, si stanno gradualmente sostituendo le barrique con il legno grande, contenitore che convince di più Menghini.
I due Sagrantino proposti alla Guida Veronelli 2024 spiccano nella linea aziendale, di impressiva coerenza, per un disegno enoico ben studiato, che predilige registri di compostezza e ascolto a quelli più immediati e seducenti. La materia è strutturata, precisa nel tratto tannico, lunga e sapida in chiusura.
Terre di San Felice
Castel Ritaldi PG
Un nome che già predispone alla serenità.
Quando sono arrivata la prima volta, nel 2020, dal borgo di Castel Ritaldi addentrandomi, fra vigneti e seminativi verso il bosco della collina, dove sorge il casale, mi sono ritrovata in luogo di pace e bellezza.
L’incontro con i titolari è stato molto spontaneo e cordiale. Ci siamo accomodati all’esterno, con una splendida vista anche sul laghetto di proprietà. «È abitato da aironi cenerini e anitre», spiega Carlo Mancini, professore universitario e virologo in pensione, «infatti siamo in una riserva di caccia privata. I terreni sono di proprietà della famiglia dal Novecento, ma è dal 2017 che ci dedichiamo al vino».
Alla coppia piace la campagna e hanno il progetto di dedicarsi al vino, una volta in pensione. «Il luogo è vocato per la viticoltura», continua Mancini, «per la giacitura collinare, l’esposizione, l’altitudine, la biodiversità e i terreni di matrice argillosa».
I Mancini hanno da subito le idee chiare: desiderano fare un vino che sia espressione del pathos del luogo, rispettando il territorio (hanno anche deciso di passare a una conduzione biologica in vigna).
Effettivamente, anno dopo anno, i vini di questa “terra felice” si fanno sempre più compiuti, più dettagliati, mantenendo ben saldo il legame con uno stile che privilegia una purezza di frutto, la tessitura strutturata ma armoniosa, la lunga articolazione gustativa e una beva saporita.
Podere Barbi
Baschi TR
Siamo a Podere Barbi su una collina, a circa 300 metri dal mare, a Baschi, vicino ad Orvieto.
Dalla tenuta, circondata dai vigneti, si gode la vista della rocca e sulla destra si ammira anche il Lago di Corbara. «Il lago» racconta Alberto Ferrari, terza generazione, «ha un influsso benefico importante per le nostre vigne, sempre accarezzate dal vento. L’escursione termica arriva anche sino a venti gradi di differenza durante la notte consentendoci di preservare i profumi delle nostre uve».
Podere Barbi eredita la storia dell’azienda Barbi, fondata nel 1932. Negli anni Settanta avviene la divisione fra i due fratelli e Marina Barbi prosegue con la sua storia nel solco della tradizione di papà Enzo. L’azienda è familiare e ha sempre puntato sugli autoctoni, sulle vecchie vigne (oltre il 60% dei venti ettari è costituito da vigne di cinquant’anni, fino ad arrivare anche ai sessanta anni d’età) e sui vecchi cloni che vengono tutelati e valorizzati.
Alberto, laureato in Scienze della comunicazione, è cresciuto tra le vigne. «Siamo una piccola realtà», afferma, «ed è importante per ognuno di noi seguire ogni fase aziendale, ogni dettaglio: un impegno immane ma che secondo noi ci consente di fare le cose al meglio».
I vini sono contraddistinti da una caratterizzante sapidità, da un’ampia articolazione aromatica, energia gustativa e profondità di sapore.
Cantina Colle Ciocco
Montefalco PG
Lunga e affascinante storia quella della famiglia Spacchetti, che produce vino in casa dal 1870.
Settimio continua la tradizione, preservandola e tramandandola: all’epoca i produttori di vino a Montefalco erano un pugno (tra quelli, attivi, a oggi sembra ne siano rimasti solo due).
I figli Lamberto ed Eliseo nel 1997 chiamano l’azienda Colle Ciocco, nome che è il toponimo della collina sulla quale si trova l’attività.
Ricordo la prima volta che la visitai nel 2018: ad accogliermi Lamberto Spacchetti, gentilhomme d’altri tempi (ex colonnello della Marina).
Dal terrazzo con il pergolato, con vista sui vigneti e gli uliveti, mi scortò verso la sala degustazione, passando da una sala con camino che rendeva l’atmosfera molto familiare. Mi rimasero impressi sia i racconti storici sia i vini degustati.
Un anno fa Lamberto, (ottant’anni portati benissimo!) lascia alla figlia Silvia l’incarico di continuare la storia familiare. Silvia, berlinese per dieci anni, e che mai aveva dimenticato gli anni passati in vigna e in cantina con l’amato nonno Settimio, ritorna.
Con il socio tedesco Tim-Rainer Bornholdt, un caro amico conosciuto non appena arrivata a Berlino, inizia un nuovo corso della famiglia Spacchetti.
Sempre nel solco della tradizione, senza stravolgimenti, ma forse con un po’ più di rigore organizzativo tedesco.
«Thomas è molto presente, pur vivendo all’estero», racconta Silvia, «ci confrontiamo quotidianamente e stiamo crescendo professionalmente, insieme. Sto mettendo la mia esperienza sul campo, acquisita prima con gli insegnamenti del nonno e poi del papà, e tutta la mia passione in questo progetto di vita. Sto realizzando anche un nuovo vino, dedicato proprio al nonno».
Gli affetti in questa famiglia sono forti e potenti, legami profondi e accoglienti anche verso le novità.
Nel calice troviamo una forte aderenza territoriale, uno stile tradizionale interpretato con eleganza e classe. Il Sagrantino, sia secco sia passito, riesce a trasmettere il calore e la dolcezza di un conforto intimo.
Come scriveva Averardo Montesperelli, ci troviamo di fronte a un vino spirituale (e non solo a causa del nome, che deriva da sacro probabilmente).
ALESSANDRA PIUBELLO
Giornalista e scrittrice veronese, degustatrice professionista, è Direttore di numerosi periodici e autrice di libri e reportage di turismo gastronomico. Vanta collaborazioni con testate di rilievo nazionale e internazionale ed è presenza costante nelle commissioni dei più rinomati concorsi enologici al mondo.