di Simonetta Lorigliola
A fine giugno raggiungi l’estremo lembo a nord d’Italia e non mancare “Vitovska e mare / Vitovska in morje”. Titolo in italiano e in sloveno, lingua madre nel Carso e importante tassello culturale per la città di Trieste tutta.
È al Castello di Duino che, da qualche anno, si festeggia, con regolarità, pochi giorni dopo il solstizio d’estate, madama Vitovska. Vitigno assoluto in Carso. Figlio d’incrocio umano e lungimirante tra malvasia e glera, ha assunto negli ultimi 20 anni, identità sfavillante dando luogo al massimo bianco territoriale.
Vitigno generoso che sposa in felice matrimonio e traduce geometricamente i suoli calcarei e scarni dell’altopiano che domina Trieste.
Ne nascono decine di interpretazioni poiché ogni vignaiolo ne muta l’accento, segue il filo del suo pensiero ed è proprio in questa molteplicità la bellezza e la ricchezza di un territorio.
Tanti begli assaggi in questa edizione numero XVIII. E, qualcuno, di sorprendente, tra le mura di cinta del Castello con una vista mozzafiato sul Golfo di Trieste.
Non a caso proprio qui i Torre Tasso, storica famiglia nobiliare di origine bergamasca, ha messo radici da secoli.
Non a caso qui si innamorò del paesaggio, con le sue bianche falesie a picco sul blu dell’Adriatico Mar, il gran poeta Rainer Maria Rilke che compose, ospite in questo castello, le sue “Elegie duinesi” (1923). A lui è oggi dedicato un sentiero escursionistico che ti fa camminare tra cielo e mare.
La storia e cultura parlano alla Vitovska, e la Vistosvka risponde sciorinando, nel calice, gli accenti che ogni vignaiolo ha voluto imprimerle.
Tra i giovani emergenti colpisce la pulizia e il sorso diretto e dialogante della Vitovska del giovanissimo Rok Ota, vignaiolo in Boljunec/Bagnoli. Qui sei sul Breg, la riviera triestina (o costone carsico) che fu luogo storico della viticoltura locale per secoli e secoli. Qui comanda quello che i geologi hanno classificato come Flysch di Trieste (arenarie e marne). Rok propone una vinificazione in bianco che traccia una bella strada spianata per la mineralità. Idee chiare, sensibilità e pacatezza. Merita di fare strada.
Sul Breg, in quel di Borst/Sant’Antonio in bosco ci sono anche Mitja Zahar e Tania Stefani. La loro Vitovska, lievemente macerata, traduce fedelmente e in maniera lucida e pulita, densità e ricchezza proprio quei suoli marnosi e delle arenarie che caratterizzano questa zona.
La versione macerata è declinata in molte bottiglie, uno stile che sul Carso dice la sua da tempo, e di cui vignaioli riconosciuti, continuano brillantemente a dare saggio ed assaggio. Benjamin Zidarich, sorsi decisi e penetranti, e Sandi Skerk, eleganza e persistenza. Entrambi hanno vigneti e cantine nel centro nevralgico di Praprot/Prepotto, piccolo borgo silenzioso che racchiude una densità inaudita di vignaioli dell’Altopiano, in un unico punto. Quasi un regalo del destino.
Fa loro da controcanto armonico, con la sua Vitovska storica, d’ambra e d’oro, Matej Skerlj, vignaiolo in Salež/Sales, paesino carsolinissimo in cui troviamo anche il giovane Gregor Budin e la sua interpretazione in bianco, mineralissima e diamantina.
“Oltreconfine” (il Carso geologicamente e geograficamente è uno, ma in mezzo ci passa la linea di frontiera che divide Italia e Slovenia) da segnalare una insolita e molto convincente Vitovska passita (2023) prodotta da Tomaž Slamič in Komen/Comeno. L’appassimento è naturale. Dice il vignaiolo “La stessa aria buona e asciutta che fa bene stagionare i nostri prosciutti, deve per forza giovare all’uva per asciugarsi a dovere”.
Il racconto potrebbe continuare a lungo, ma lo spazio è tiranno. Va tuttavia detta ancora una cosa, importante.
Quest’anno la Vitovska è sotto i riflettori più che mai, dato che il presidente dell’Associazione viticoltori del Carso Matej Skerlj ha colto l’occasione per evidenziare un’importante rischio: sarebbe in ballo la possibilità che la Doc più grande d’Italia, quella del Prosecco (che copre anche il Carso) diluisse il valore nettamente territoriale e il legame storico e geografico della Vitovska con il Carso, rendendo possibile la sua coltivazione in “tota terra prosecchista”, come avrebbe detto Veronelli.
Legittima levata di scudi dei vignaioli carsolini, appoggiati anche da Oscar Farinetti che è intervenuto in loro favore durante il Convegno di apertura della manifestazione.
Certo è che sarebbe bizzarro e ingiusto depredare di un valore storico tanto importante un microterriotrio come il Carso, scrigno di uve d’oro ottenute a gran fatica da testardi e sagaci vignaioli, custodi di vigne, vitigni e paesaggio.
Che la Vitovska resti del Carso, è l’augurio veronelliano a tutti loro.
Simonetta Lorigliola
Simonetta Lorigliola, giornalista e autrice, si occupa di cultura materiale. È nata e cresciuta in Friuli. Ha frequentato l’Università degli studi di Trieste, laureandosi in Filosofia. È stata Responsabile Comunicazione di Altromercato, la principale organizzazione di Commercio equo e solidale in Italia. Ha collaborato con Luigi Veronelli, nella sua rivista EV Vini, cibi, intelligenze e nel progetto Terra e libertà/critical wine. Ha vissuto in Messico, ad Acapulco, insegnando Lingua e cultura italiana. Ha diretto Konrad. Mensile di informazione critica del Friuli Venezia Giulia. Da molti anni collabora con il Seminario Veronelli per il quale è oggi Caporedattrice e Responsabile delle Attività culturali. Le sue ultime pubblicazioni sono È un vino paesaggio (2018) e Eolie enoiche (2021) entrambi editi da Deriveapprodi.
Foto di Jacopo Venier