di Marco Magnoli
Pigato Le Russeghine 2010
Pigato U Baccan 2010
Bruna – Ranzo (IM)
Qualche settimana fa ho scovato nella mia cantina una bottiglia dell’azienda Bruna di Ranzo, provincia di Imperia, fondata nei primi anni Settanta da Riccardo Bruna ed oggi condotta dalla figlia Francesca insieme al marito Roberto e al nipote Alessio.
Circa 35.000 le bottiglie prodotte, tutte ottenute da uve provenienti dai vigneti di proprietà, 7,5 ettari coltivati in regime biologico certificato su terrazzamenti collinari in Valle Arroscia, tra Ranzo e Ortovero.
Un piccolo territorio selvaggio, immerso tra boschi popolati da daini, caprioli, cinghiali, tassi e persino qualche lupo.
È una Liguria diversa da quella della Riviera, più introversa, riflessiva: qui dominano il silenzio e una luce che sembra riflettere il colore del mare, avvolgendo ogni cosa in un’atmosfera tersa e pura.
Nei vigneti di Bruna sono presenti vermentino, rossese e granaccia, ma soprattutto pigato, che occupa l’80% della superficie aziendale.
È a quest’uva, così tipica del Ponente ligure, che Francesca e la sua famiglia hanno deciso di dedicare le maggiori attenzioni, per valorizzarne l’identità attraverso vini che siano espressione pura e originale del territorio e della varietà dei suoli.
Non a caso, la bottiglia che mi sono ritrovato fra le mani era proprio un Pigato, più precisamente Riviera Ligure di Ponente Pigato Le Russeghine, storico cru di casa Bruna. In realtà sapevo di averla conservata, convinto delle sue potenzialità di evoluzione, ma sinceramente non ne ricordavo l’annata, che, con un pizzico di stupore, ho scoperto essere la 2010.
Si sa che i vini, maturando, mutano i loro parametri di piacevolezza, sfoderano sfumature diverse, trovano altre coerenze e complessità.
Le Russeghine 2010 si è mostrato intenso e nitido, con un tocco di idrocarburi che sfuma in una nota fruttata ammorbidita e arrotondata dal lento lavorio del tempo e dell’ossigeno, ma ancora integra e netta, sostenuta dall’acidità vitale che rinfresca il tocco vagamente amarognolo del finale.
Un vino, non dico esile, ma lineare, sottile e davvero molto interessante.
Non è, però, finita qui, perché accanto alla bottiglia di Le Russeghine ce n’era una di Riviera Ligure di Ponente Pigato U Baccan, sempre dell’azienda Bruna e sempre dell’annata 2010, vino che viene considerato un po’ come il “fratello maggiore”.
Ed in effetti le sensazioni sono cresciute: giallo paglierino brillante, con poche concessioni all’imbrunimento se non per qualche riflesso di oro antico; al naso sfoggia una raffinata ed elegante nota di idrocarburi, accompagnata da erbe aromatiche e da un lieve accenno speziato che si apre su sussurri balsamici; sul palato non v’è la minima traccia di ossidazione né di stanchezza, con una vena acida viva e freschissima, di nuovo cenni di idrocarburi su un frutto bianco fragrante e integro; lungo e nitido il finale, con l’acidità che continua a riproporsi sottolineando la grande profondità, sapidità e precisione del sorso, ricco di sostanza e materia.
A volte i vini dimenticati si rivelano una delusione; in questo caso si è trattato di un’autentica epifania.
Subito ho contattato l’azienda Bruna per avere informazioni più precise su questi due vini e la signora Francesca si è prodigata, con squisita gentilezza, a raccontarmene ogni dettaglio.
Ho, così, appreso che Le Russeghine nasce nell’omonimo vigneto terrazzato con esposizione a sud sopra Borgo di Ranzo. Il terreno è composto da argille rosse ricche di ossidi di ferro e manganese; vi sono piantate viti di pigato di circa 40 anni allevate a Guyot.
La collina delle Russeghine è da sempre considerata un cru d’eccezione per il pigato ed è censita come vigneto nei registri comunali dalla fine del Settecento, quando risultava proprietà della Curia Vescovile di Albenga.
La famiglia Bruna è molto legata a questa etichetta; fu, infatti, papà Riccardo a decidere nel 1972 di vinificare separatamente l’uva di quella singola vigna per valorizzarne la complessità e l’unicità.
Sempre dal racconto di Francesca, vengo a sapere che l’annata 2010 è stata tendenzialmente equilibrata, piuttosto fresca, con piogge ben distribuite che hanno preservato le viti dagli stress idrici.
All’epoca Le Russeghine era vinificato interamente in acciaio e il vino veniva commercializzato a fine giugno dell’anno successivo alla vendemmia. Dall’annata 2012 si affina, invece, per il 20% in botte da 12 hl ed esce in commercio a ottobre.
U Baccan – che in dialetto ligure significa ‘il capo’, ‘il vecchio di famiglia’ – nasce per l’80% da una selezione delle piante più vecchie del vigneto Le Russeghine, viti di oltre 50 anni con alcuni ceppi che superano gli 80.
Il restante 20% delle uve proviene da una severa selezione di vecchi ceppi coltivati su terrazzamenti in località Garaxin, sopra l’abitato di Pogli di Ortovero, dove i terreni sono composti prevalentemente da argille azzurre plioceniche, ricche di fossili e di calcare, con forti similitudini geologiche con le marne di Sant’Agata presenti nel Tortonese e nelle Langhe.
Francesca ritiene che le marne plioceniche tendano a dare vini più verticali e sapidi, caratterizzati da maggiore acidità e pH più basso rispetto alle argille di Ranzo.
L’origine marina dei suoli conferirebbe, inoltre, al Pigato una spiccata propensione ad evolvere nel tempo con sentori minerali molto caratteristici.
U Baccan è stato prodotto la prima volta nel 1999 con la volontà di dimostrare come il Pigato sia anche un grande vino bianco da invecchiamento. Il millesimo 2010 si è affinato in cantina metà in acciaio e metà in tonneau Stockinger di acacia austriaca per otto mesi; le due parti sono state, quindi, assemblate in acciaio e imbottigliate nell’agosto successivo alla vendemmia per riposare ulteriori 6 mesi prima della commercializzazione.
Oggi la vinificazione viene condotta per metà in botte da 12 hl di rovere francese Taransaud e per il resto in Clayver, contenitore da 420 litri in gres porcellanato.
Nel tempo, dunque, la vinificazione delle due etichette ha subito qualche variazione e aggiustamento, dettati dalla volontà di caratterizzare in modo sempre più puntuale il Pigato.
Ci dice, infatti, Francesca:
«I cambiamenti in vigneto e in cantina che abbiamo attuato riflettono il desiderio di migliorare i nostri vini in termini di aderenza territoriale, personalità ed eleganza.
Oggi il mutamento del clima ci preoccupa non poco; le scelte che abbiamo fatto (in primis l’agricoltura sostenibile) e che faremo in futuro sono condizionate proprio da questo fenomeno, purtroppo sottovalutato da molti»
Ed aggiunge:
«Negli anni Settanta, quando ero bambina, la vendemmia in famiglia iniziava sempre qualche giorno dopo il mio compleanno, il 14 settembre; negli ultimi anni iniziamo a raccogliere i primi grappoli subito dopo il 20 agosto. In circa 50 anni abbiamo anticipato di quasi un mese: cosa succederà nei prossimi decenni?»
Parlando dei suoi Pigato, Francesca ci confida:
«Considero Le Russeghine un vero e proprio cru, vino da singolo vigneto che esprime tutta la tipicità e la classicità delle terre rosse di Ranzo; è il vino del cuore, la nostra storia.
U Baccan, invece, ha la ricchezza che solo le viti più vecchie possono restituire in termini di complessità ed eleganza; la prima annata prodotta, il 1999, ha rappresentato una provocazione nel panorama del vino locale, improntato quasi esclusivamente su vini semplici destinati al turismo estivo della Riviera di Ponente.
Produciamo anche altri due Pigato, Majè ed Endegu, con caratteristiche espressive assai differenti proprio perché provengono da terrazzamenti su marne plioceniche bianche; anch’essi incarnano la vocazione e la complessità del nostro piccolo territorio per il Pigato, che ha dimostrato di avere un’insospettabile propensione ad evolvere positivamente col passare del tempo».
E conclude:
«A Ranzo il pigato è l’uva regina; qui in Valle Arroscia siamo già a ridosso delle Alpi e i vini hanno un’espressione naturalmente differente da quelli dell’Albenganese, sicuramente più influenzati dal mare e da un clima più mite.
Vermentino e Pigato sono diversi; a me piace paragonarli ai miei due figli gemelli, maschio e femmina: si assomigliano, ma ognuno ha una personalità ben distinta e originale.
Nel nostro paese e in alta Valle Arroscia il vermentino non ha una peculiare tradizione storica, i vigneti presenti sono stati messi a dimora in anni recenti».
Prendiamo, allora, spunto da queste ultime parole di Francesca e chiudiamo con una breve considerazione.
Sebbene sia ormai appurato come, sotto il profilo genetico, pigato e vermentino siano praticamente lo stesso vitigno, i vignaioli del Ponente ligure continuano a considerarli come varietà a sé stanti.
Essendo il vino un prodotto culturale ancor prima che materiale, sono convinto che tale opinione sia del tutto legittima ed anzi valga di per sé sola a sancire la distinzione tra le due uve; a patto, però, che anche nei fatti come uve distinte vengano trattate.
È questa la filosofia adottata dall’azienda Bruna, impegnata a rimarcare il legame unico e strettissimo del pigato con la Valle Arroscia valorizzando il territorio ed i suoi cru con una caratterizzazione sempre più precisa e distintiva delle specificità dei suoli, delle esposizioni e dei microclimi, attraverso scelte agronomiche, enologiche e stilistiche che ne esaltino l’originalità.
E, di conseguenza, attraverso la proposta di vini complessi ed ambiziosi, che non si accontentino di soddisfare il mercato turistico, spesso distratto e poco esigente, ma esprimano piuttosto una peculiare eccellenza.
MARCO MAGNOLI
Deve alla tradizione familiare la passione per i vini di qualità e a Luigi Veronelli, incontrato nel 2001, l’incoraggiamento ad occuparsi di critica enologica. Dal 2003 è collaboratore del Seminario Permanente Luigi Veronelli. È tra i curatori della Guida Oro I Vini di Veronelli.