di Andrea Alpi – dalla Guida Veronelli 2021
Terra capace, il Friuli, di esprimere vini espressivi e poetici, a volte.
Suoli variegati e sapientemente dedicati a uve adatte a valorizzarli, tradurli, farli cantare verso il cielo, come diceva sognando Luigi Veronelli che qui era di casa.
La poesia del Friuli enologico va ora cercata.
C’è sempre, ma più nascosta rispetto a qualche decennio fa, quasi messa in ombra da una tecnica ormai matura e consolidata e da stili che hanno cambiato i loro punti fermi dopo essere stati per anni dei veri e propri modelli di riferimento, soprattutto nei vini bianchi.
Ora i vini si assomigliano molto gli uni agli altri, nelle rispettive tipologie ed espressioni varietali. Si nota quasi una tendenza all’uniformità, soprattutto nelle fasce medie delle varie produzioni aziendali, forse per accontentare un consumatore ormai poco avvezzo allo stacco, al guizzo, allo scarto di lato frutto non di errori ma con questi ultimi spesso confuso.
E così i buoni Chardonnay, fruttati e morbidi, i Pinot Bianco fragranti, i saporiti e nervosi Sauvignon – soprattutto questi ultimi – si son fatti timidi, senza punte o sbavature o sontuosi rimandi gusto olfattivi, così tipici un tempo del sorso friulano.
Le eccezioni non mancano di certo, e queste pagine sono fatte per evidenziarne il valore, ma paiono più come sorprese che come rassicuranti conferme.
Dei vitigni autoctoni molto si è detto: qui resistono ancora non come rarità o vezzi agronomici, ma per qualità e quantità sono ancora solide espressioni del panorama vitivinicolo regionale.
Eppure, la Ribolla Gialla ci è parsa sempre più depurata di ogni pur minima scontrosità, Pignolo e Refosco si fan sempre più levigati mentre il glorioso Friulano, vino quotidiano difeso con le unghie e coi denti, sembra poi lasciato esprimere in tono minore, lindo e quasi asettico.
Il discorso cambia quando si incontrano i vari bianchi in uvaggio, frutto di scelte e progetti aziendali che ben sanno coniugare ritmo, maturazioni, affinamenti e complessità.
Qui il Friuli è ancora grande, complice un suolo che dalle marne friabili alle derive ciottolose alluvionali fino alle sabbie minerali sa sostenere da par suo l’idea di vino che il viticoltore vuole far nascere e sviluppare.
Ecco che allora appaiono sorsi complessi e luminosi, godibili e persistenti, poetici.
Come quando le medesime uve, o più facilmente le due varietà predestinate, Verduzzo e Picolit, sono sottoposte a surmaturazioni e appassimenti, per dar vita a vini dolci ma non stucchevoli, morbidi ma con guizzi acidi in continuo alternarsi.
Purtroppo, sempre più rari di quanto vorremmo, questi sorsi dolci e complessi pagano lo scotto che li accomuna a tutti i vini della loro tipologia prodotti nel resto del Paese, cioè di essere vini ormai destinati ad occasioni speciali, mentre meriterebbero davvero di essere stappati e bevuti con soddisfazione molto più spesso.
La parte orientale della Venezia Giulia, o meglio quel che ne resta di carsico e roccioso, rossa di suoli e intensa nelle espressioni enoiche, è quasi scomparsa.
Poco se ne parla e meno se ne beve, ed è un vero peccato.
I vini di Trieste e del Carso, destinati per questioni storiche ed economiche ad essere rappresentati da produttori molto piccoli, non trovano lo spazio che meritano né lontano dai luoghi di produzione e nemmeno – ci dispiace di più – tra le pagine di questa guida.
Dove sono tutti i Terrano, le Malvasia, le Vitovska? Li aspettiamo, saremo sempre pronti a raccontare le loro storie ai nostri Lettori.
Crediti fotografici: ansa.it, ilfriuliveneziagiulia.it, L. Monasta, marcosara.it, turismofvg.it
ANDREA ALPI
Gastronomo, sommelier, Sensory Project Manager SISS (Società Italiana di Scienze Sensoriali), collabora da oltre vent’anni con il Seminario Permanente Luigi Veronelli di cui attualmente è responsabile della Didattica e della Formazione. Nel recente passato ha contribuito a numerose pubblicazioni della Veronelli Editore quali Guida Oro I Vini di Veronelli e Guida Oro Gli Spumanti d’Italia; ha curato i volumi sulla Lombardia della collana I Migliori Vini d’Italia. Oggi è anche il Responsabile didattico dell’Alta Scuola Italiana di Gastronomia Luigi Veronelli. Nell’altra sua vita professionale è psicologo psicoterapeuta, consulente del Dipartimento di Salute Mentale dell’Ospedale Niguarda di Milano.