L’Approfondimento di Marco Magnoli

Quando si nomina la Basilicata enoica, il pensiero vola inesorabilmente al Vulture. Se, però, è indubbio che lì stiano le vette qualitative della vitivinicoltura regionale, non tutto si esaurisce sulle pendici dell’antico vulcano. Vi sono anche alcune aree minori dove si conservano vitigni rari e dalla diffusione molto circoscritta che, se non possono ambire all’aristocratico lignaggio del nobile Aglianico, ci danno comunque vini dalla personalità interessante e curiosa.

È il caso del guarnaccino, vitigno presente fin da epoche remote nell’area di Chiaromonte, nel cuore del Pollino, forse selezionatosi da varietà di origine bordolese che col tempo si sono naturalmente ambientate nel territorio tanto da divenire uva originale ed autoctona.

Con l’abbandono delle campagne e dei vigneti nello scorso XX secolo, anche il guarnaccino ha rischiato seriamente di scomparire, tanto da ridursi ad una popolazione di appena una trentina di ceppi. Poco più di un decennio fa, però, Giuseppe Crescente, Luigi Lauria e Vincenzo De Santo si sono impegnati in un difficile, ma meritorio lavoro di recupero che ha portato al riconoscimento del guarnaccino come varietà autonoma e, nel 2013, al suo inserimento nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite.

Oggi la loro azienda 600 grotte (nome scelto in omaggio alle grotte scavate nella roccia intorno a Chiaromonte nel corso di almeno sei secoli e spesso utilizzate come cantine) produce Guarnaccino in tre tipologie, Recepit Rosato, Recepit Rosso e Recepit Rosso EL; vinificate in acciaio le prime due, versione più ambiziosa l’ultima, affinata in barriques e tonneaux per circa 18 mesi. Un vitigno, quindi, piuttosto versatile, che dà vini dalla beva schietta e dal carattere agile, con spezie spigliate e vaghi accenni di macchia mediterranea: faccia poco nota della Basilicata, vale senz’altro la pena di conoscerla.


Marco Magnoli

Deve alla tradizione familiare la passione per i vini di qualità e a Luigi Veronelli, incontrato nel 2001, l’incoraggiamento a occuparsi di critica enologica. Dal 2003 è collaboratore del Seminario Permanente Luigi Veronelli e redattoe della Guida Oro I Vini di Veronelli.