Di cosa si compone la qualità di un vino? Da cosa prende vita la sua personalità?

Come spesso accade quando si tratta di cose enoiche, sono stati i Francesi a fornirci un eccellente strumento di orientamento, indicandoci le tre coordinate geodetiche necessarie per tracciare l’essenziale mappa di un vino e sintetizzandole nel concetto di terroir: vitigno, ambiente e uomo.

I vitigni del Boca sono quelli tradizionali di questa zona. Una percentuale tra il 10% ed il 30% di pepata vespolina e di più morbida e fruttata uva rara va a rifinire la preponderante base di nebbiolo, nobile varietà piemontese che non è nata nelle Langhe, ma si è formata in ambienti più settentrionali, alpini e prealpini, nei quali in effetti trova accenti profondi, originali ed intriganti.

L’ambiente rappresenta, invece, uno straordinario unicum geologico e climatico. Le colline che si allargano intorno al Santuario del Santissimo Crocifisso, opera incompiuta dell’architetto Alessandro Antonelli, fino ai primi decenni del secolo scorso completamente ricoperte di vigneti, conservano oggi solo una minima parte di quegli impianti, anche se di recente stiamo assistendo ad un discreto recupero della superficie vitata. Le vigne, protette dai freddi venti che scendono dall’alta Val Sesia e dal Monte Rosa grazie al retrostante rilievo del Monte Fenera, si arrampicano fino ad oltre 500 metri s.l.m. e poggiano su un terreno prezioso e particolarissimo, un blocco di porfido dal pH acidissimo – circa 3,5 – e dal colore rosa violaceo, una sfumatura che permea con la sua familiarità ogni elemento di questo territorio e che mi è sempre parsa capace di effondere un profumo inconfondibile, soprattutto dopo le piogge, quando comincia ad asciugarsi.

Resta da dire dell’uomo, il vertice del triangolo che dona senso, forma, significato e interpretazione all’insieme, sia che lo produca sia che lo assaggi. A rappresentare i vignaioli del Boca ho scelto Davide Carlone, la cui cantina si trova a Grignasco. Un nome poco noto, che incarna però quella che a lungo è stata la viticoltura di questi luoghi, fatta di pochi ettari suddivisi tra tanti minuscoli proprietari, eredi di vecchi contadini che ora si occupano d’altro e che continuano a fare vino quasi per diletto; alcuni perseverano in antichi difetti, ma sono sempre più animati da una nuova voglia di fare bene e spesso mutano il loro passatempo in una vera e propria attività, ispirati dalle ancora poche aziende di grande e sicuro valore che nei tempi più recenti sono tornate a rinverdire i fasti della Denominazione. Davide Carlone possiede piccole vigne perlopiù sulla Traversagna e sul Montalbano; vinifica il nebbiolo e la vespolina con stile tradizionale, permettendo poi alla malolattica di avviarsi spontaneamente, semmai scaldando un poco l’ambiente, e lasciando che il vino maturi per circa due anni e mezzo in botti di rovere di media capacità. A me di Davide ha parlato il suo Boca 2009, vino dal colore rubino scarico ma caldo, con una nota ematica e ferrosa molto accentuata, una speziatura dal tratto piccante ed un’acidità netta ed affilata che dapprima spegne il frutto per lasciarlo, quindi, emergere con schietta freschezza e nitore. Ha tannino fitto, corposo, denso, austero, persino asciugante; vuole il tempo, esige il suo tempo, pretende riflessione per farsi comprendere. Conclude con note di sottobosco, vagamente selvatiche, confortate da una lunga scia di cenere e camino spento. Un Boca vecchia scuola, verrebbe da scrivere, ma estremamente pulito, definito, energico ed espressivo.

Sono, in fondo, questi i ricordi che conservo delle terre del Boca, sensazioni ed atmosfere che ora ritornano dall’accogliente concavità di un calice. Sono i luoghi a colorare gli uomini e i vini o è la nostra anima a farlo? E se così fosse, perché allora spesso, alla cieca, proprio quel tal vino mi ridà esattamente i suoi luoghi e non altri?

La chiudo qui, per non tediarvi oltre con la mia eccessiva autoreferenzialità; ci sarà comunque modo di riprendere il discorso. Avrete, però, capito come la penso: raccontando un vino si finisce inevitabilmente per narrare un poco di se stessi e di ciò che altri uomini hanno infuso in noi con i loro gesti, le parole, i pensieri; a volte con i loro libri, in qualche caso, appunto, con i loro vini.

Marco Magnoli

Marco Magnoli inaugura con il Boca di Davide Carlone la nuova rubrica L’assaggio.