Ho un ricordo un poco vago di un convegno che si è tenuto in Friuli Venezia Giulia circa quindici anni or sono sui temi del vino e della salute. Era il 1993 quando, per primi in Italia, parlammo del French Paradox e a partire da quell’anno in tutto il mondo si moltiplicarono congressi, convegni, conferenze, dibattiti e seminari su questi temi. Questo convegno friulano ricordo che trattava la salubrità dei vini bianchi, pur mancanti di quel miracoloso resveratrolo che sembrava essere il toccasana per la salute cardiocircolatoria di ogni persona.
Ricordo, invece, benissimo di avere al mio fianco Nicola Manferrari, conosciutissimo vignaiolo laureato in farmacologia che per anni ha lavorato ai banchi della farmacia di famiglia a Gorizia. Poi, stanco di questo sterile mestiere e ancor più stanco dei continui dissensi con la madre, decise di occuparsi di una piccola azienda viticola di proprietà del padre. Dal susseguirsi delle dotte relazioni cariche di argomenti chimici e biologici, con molecole e composti e via di seguito sempre più nel micro e nello specifico, Nicola Manferrari sbottò: «Ma io ho iniziato a fare il vignaiolo perché non volevo più fare il farmacista e ora scopro che faccio più il farmacista adesso di prima!»
Questo è Nicola Manferrari il quale, anche se ormai non fa più il farmacista da tanto tempo, ha mantenuto attiva e vigile una sua formazione prettamente scientifica; ogni operazione di vigna e ancor più di cantina devono essere sostenute o motivate da elementi certi, dimostrabili, per l’appunto scientifici. Il suo modo di fare vino è teso a rendere evidenti e dimostrabili le qualità e le caratteristiche del vitigno come del territorio inteso come suolo e clima. Aprendo un suo Collio Chardonnay 2008 di Borgo del Tiglio in Brazzano, frazione del comune di Cormons (Gorizia) tutto il lavoro di Nicola Manferrari si chiarisce perfettamente. La vigna di Chardonnay è posta a nord est per andare a cercare un poco di fresco, allungare il periodo vegetativo della pianta e raccogliere uve non eccessivamente zuccherine, ma mature dal punto di vista fenolico e quindi cariche di aromi.
La fermentazione del mosto, ottenuto da spremitura molto soffice, avviene esclusivamente in piccole botti di rovere francese da 250 litri ed il vino ottenuto si affina in questi strumenti enologici fino a 14 mesi senza subire violenze aromatiche dal legno, ma sviluppando aromi altamente speziati e vegetali. Ma è il suolo quello che fa dello Chardonnay di Borgo del Tiglio un vino che solo nel Collio si può ottenere, perché quel timbro minerale, di grafite e pietra focaia, lo chardonnay lo ottiene solo qui e in nessun altro luogo al mondo. Questo vitigno passa così da internazionale ad autoctono.
E allora beviamoci questo vino grandioso senza preoccuparci se sarà salutare al nostro cuore, perché di certo sarà salutare al nostro spirito. E questo ci basta.
Gigi Brozzoni