Ormai tutti hanno compreso quanto sia importante avere dei vigneti vecchi, perché è da essi che si ricava la miglior qualità delle uve e quindi dei vini. Ma non è tutto: la qualità che riescono a dare queste vecchie viti è più costante, risente meno degli stress idrici, perché le loro radici sono arrivate in profondità e riescono a sfruttare al meglio le condizioni climatiche, anche quelle più avverse. Ma per avere vigne vecchie bisogna fare in modo che queste piante si mantengano sane e da queste considerazioni si stanno sviluppando sistemi di potatura che non intaccano mai il legno vecchio perché è da questi tagli che si aprono le vie ai batteri e alle muffe che possono causare malattie letali.
Allora si è andati a riconsiderare i vecchi sistemi di potatura, come sta facendo l’Università di Milano con Leonardo Valenti e Pierluigi Donna o come ha fatto Marco Simonit con la sua scuola di potatura. La potatura, secondo questi ricercatori, deve permettere di produrre bene nell’annata corrente senza apportare danni alla struttura della pianta, affinché possa invecchiare bene e portare tutti i benefici della maturità. Sancho Panza direbbe che gallina vecchia fa buon brodo, che la vecchiaia è fonte di saggezza e via proverbiando.
Noi abbiamo invece stappato una bottiglia di Barbera d’Alba Scarrone Vigna Vecchia 2009 della Cantina Vietti di Castiglione Falletto (Cuneo). La vigna è curata da Gian Piero Romana e l’uva è vinificata da Luca Currado: il risultato è entusiasmante per l’intensità dei profumi, molto frutto denso sferzato da una carica vegetal/selvatica di grande vigore e appena domata da spezie dolci e calde. Al gusto prende d’assalto il palato con generosità portando una dolce sensazione fruttata, scaldata dall’alcol e ammorbidita da glicerina e ricordi tostati. Qui si unisce realmente tutta la potenza, la struttura, l’eleganza e la gagliardia di una grande Barbera, di una Barbera di vecchia vigna.
E Scarrone diventa così un Gran Cru.
Gigi Brozzoni