La nostra penisola, che si estende da nord a sud per più di mille chilometri, è molto ricca di ambienti climatici e geologici diversi e queste caratteristiche sono, naturalmente, alla base della ricchezza ampelografica italiana. Certo, poi sono stati necessari tanti altri fattori per portare fino a noi un patrimonio così fiorente, ma è un fatto che oggi il viticoltore italiano abbia maggiori possibilità di scelta rispetto ad un suo collega francese o spagnolo.
Anche i nomi che questi vitigni prendono dipendono da una marea di fattori: a volte derivano dalla forma dell’acino o del grappolo, dall’epoca di maturazione, dalle caratteristiche organolettiche, dal colore delle bacche o dei graspi, dalle attitudini agricole od enologiche, da mutazioni linguistiche e dialettali, e così via.
Oggi è il turno di un vitigno marchigiano molto affascinante: Lacrima è il suo nome e viene coltivato prevalentemente a Morro d’Alba (nulla a che fare con le Langhe), ma anche nei limitrofi comuni di Belvedere Ostrense, Monte San Vito, Ostra, San Marcello e Senigallia, tutti in provincia di Ancona. Ha spiccati profumi di rosa e di violetta, di mora e di ciliegia, ma deve il nome al fatto che gli acini giunti a maturazione tendono a rompersi e lasciano trasudare lacrime di succosa polpa.
Nei giorni scorsi abbiamo aperto una bottiglia di Lacrima di Morro d’Alba Superiore Luigino Vecchie Vigne 2008 prodotto dall’Azienda Agricola Giusti Piergiovanni di Senigallia (An) e, nonostante abbia riposato più di due anni in cantina, l’abbiamo trovato ancora molto fragrante e vivace. Si apre su toni molto dolci e maturi, con belle note floreali che ricordano la rosa appena sfiorita, le spezie morbide e calde e il forte profumo fruttato di ciliegia selvatica. Al gusto l’insieme è rinsaldato da un tannino vivace e allegro, dinamico, che dona ampiezza e volume alle sensazioni fruttate e speziate, stimolate a loro volta da una fresca acidità.
Un vino allegro, quindi, capace di portare in tavola una nota di fascino e di originalità difficilmente ripetibili altrove.
Gigi Brozzoni