Dovevo aspettarmi qualcosa di strano da quel nostro primo incontro così carico di malintesi; dovevo aspettarmi un rapporto difficile e complicato viste queste premesse, ma mai mi sarei aspettato uno sgarbo o dispetto così palese, così sfrontato, così insolente. È vero, ti ho un poco trascurato, ti ho praticamente abbandonato, ti ho messo in un angolo, ti ho irriso per quel tuo nome, strano e chilometrico, manco fossi stato di nobile casato, ho scherzato anche per il tuo abbigliamento eccentrico e tortuoso. Ma mai mi sarei aspettato che tu mi beffassi a questo modo, celandomi del tutto la tua identità. Solo i tratti indelebili della tua foggia mi ricordano chi sei e quanto mi hai dato in questi anni di ricordi sfocati e di oblio.

Ma ora sono pronto a scontare tutti i debiti che ho contratto con te, mi farò disponibile, ti ascolterò, cercherò di essere comprensivo ed anche indulgente, e tu sai quanto questo mi possa pesare dato che sono stato istruito, addestrato ad essere severo ed imparziale. Ora sono pronto ad esserti solidale, ad essere tuo complice, a condividere gioie e dolori come la buona e la cattiva sorte. Ora laverò bene quella tua testolina, e sotto il collare ora mondato farò un’incisione netta e precisa; toglierò quella specie di scalpo metallico che hai, e da lì introdurrò il nero verme che estrarrà quel tenero cilindro che ti ha permesso di respirare, poco poco, ma per tutti questi lunghi anni, e ti ha protetto dalle nocività esterne. Ora sei pronto per celebrare il nostro incontro più profondo, intimo e sensuale.

Ti stai insinuando nelle mie narici fino in alto dove comincia il pensiero; adesso ti stai inoltrando nella cavità orale e stai dilaniando le papille che ricoprono la mia lingua e sei serico, denso e fragrante sulle sue pareti. L’emozione mi coglie fino a darmi un lieve mancamento, una piccola perdita di equilibrio e di lucidità. Sono sicuro, sono i segnali certi dell’amore. Non sarà destinato all’eternità per cui godiamocelo ora, tutto e subito, fino all’ebbrezza.

Ora sarà bene mettere le cose in ordine e a tutto dare nome e cognome per evitare malintesi. Questa è la storia dei miei rapporti con un vino, un vino un po’ speciale; ma veniamo ai fatti. La prima volta che ho sentito il suo nome ero a Monaco di Baviera con Francesco Arrigoni,  e con Maurizio Zanella e Giacomo Bologna che presentavano i loro vini ai ristoratori tedeschi. Giacomo Bologna volle allora presentare anche questo vino dolce e io ho pensato che fosse un vino spagnolo, perché il suo nome era Forteto della Luja.

La sua etichetta, disegnata da Giacomo Bersanetti, è lunga circa un metro ed è una striscia nera larga un centimetro sulla quale, tutta in oro e in corsivo inglese, c’era scritto: «Forteto della Luja Vigna Rischei; millenovecentottantasette, vendemmia tardiva. Vino da tavola del Piemonte, imbottigliato all’origine dal produttore e proprietario Giancarlo Scaglione. Alcol effettivo 13,5% volume; contenuto 37,5 centilitri e; Loazzolo, Asti». Una cassetta di mezze bottiglie di questo vino me la sono trovata in cantina praticamente tappezzata da una muffa fine e nera che rendeva illeggibile qualsiasi cosa tranne che in un angolo dove era percepibile l’annata: 1987.

Una volta aperta la cassetta mi sono trovato le sei bottigliette con la capsula avvolta da uno strato di muffetta leggera ed impalpabile, ma dall’etichetta la scritta in oro era totalmente sbiadita ed impossibile leggervi alcunché; qua e la si intuiva una mezza parola, ma niente di più. Aperte in diverse occasioni con tutte le precauzioni del caso si sono rivelate perfettamente conservate ed il colore incredibilmente ancora chiarissimo, limpido e lucente. Il vino profumatissimo e squisito. Memorabile e abbagliante.

Gigi Brozzoni