Vi sono numerose opere di Francesco Rossini, pittore marchigiano (1904-1999), che ritraggono con uno stile molto personale le marine e le colline del Conero, questo strano promontorio che sembra essersi staccato dalla dorsale appenninica per affacciarsi a rimirare più da vicino il Mare Adriatico. In alcuni quadri si può scorgere anche un vigneto posto alle pendici del Monte, la Vigna degli Angeli, dove lo stesso Rossini coltivava un tempo qualche filare per ricavarci un poco di vino ad uso personale.

A distanza di anni, nel 2001, quel vigneto è stato recuperato da due fratelli, Roberto e Guido Mazzoni, nipoti del Rossini, che su circa 8 ettari hanno impiantato montepulciano (in prevalenza) e sangiovese (in piccola percentuale). Tre anni più tardi, nel 2004, dall’incontro tra i fratelli Mazzoni e Amedeo Giustini, in cerca di partner per rilanciare la cantina di famiglia, è nata Piantate Lunghe, una realtà che fin dall’esordio ha impressionato per la precisa fattura dei suoi vini.

Qualche sera fa, mentre girovagavo tra le nicchie e gli scaffali della mia cantina, mi è caduto l’occhio proprio su una bottiglia di Conero Riserva Rossini 2004 dell’azienda Piantate Lunghe di Ancona, che mi aveva colpito molto positivamente alcuni anni orsono in occasione di una degustazione svoltasi al Seminario Veronelli. Il vino viene prodotto con le uve coltivate a cordone speronato nella parte più alta e ventilata della Vigna degli Angeli, a 350 metri s.l.m. e a soli 2 km di distanza dal mare, dove le viti affondano le radici nei terreni calcareo-argillosi tipici della zona.

Versato nel calice e dopo qualche minuto di opportuna ossigenazione, dimostra una personalità intensamente fruttata, con ribes e more dolci e maturi, speziatura sottile, un alito balsamico che dà vigore, mobilità, leggiadria, e sembra aver preso il posto del tocco più vegetale e selvatico che ricordavo presente in gioventù; il frutto si fa ancora più dolce sul palato, denso, concentrato, carezzato da un tannino finissimo, perfettamente fuso e svolto, mentre la stuzzicante freschezza dell’acidità interviene con garbato piglio dialettico: non stronca il racconto con sterile contrapposizione, ma stimola e ravviva le espressioni più morbide, le rende succose e vitali, le spinge ad approfondire i loro argomenti.

Ecco, così, racchiuso in una bottiglia e pronto a svelarsi il contrasto tra colli e marine, spiagge e vigneti, onde, risacche, brezze, strapiombi e dolci pendii, che si contemplano, dialogano e si completano dipingendo sulla tela dei sensi uno scorcio del Conero altrimenti inesprimibile.

Marco Magnoli