Ci sono vignaioli che quando parlano della loro terra, della loro vigna, della loro azienda e dei loro vini sembra che si commuovano, quasi come parlassero di un loro figlio, di una loro creatura. Si avverte nettamente come ci sia un rapporto intimo tra loro, le persone e la natura, che solo a loro è concesso svelare, esporre e spiegare. Quando ci ospitano nelle loro vigne e nelle loro cantine sono orgogliosi di mostrarci ogni più minuscolo dettaglio, quasi che da questo possa dipendere tutta la qualità dei loro vini. Certamente, però, è vero che la qualità finale di un vino è la somma di tanti minuscoli fattori che una volta assemblati e messi nel giusto ordine sanno far scaturire quelle caratteristiche che il pubblico di tutto il mondo gli riconosce.

Sono le naturali riflessioni che emergono quando si va a trovare Alberto di Gresy nella sua azienda, La Martinenga. Intanto è un luogo di sicuro fascino: i filari disegnano una sorta di gradinate regolari e ordinate come un anfiteatro naturale, dove le viti assistono tutto il giorno a quello spettacolo fantastico del sole che si alza verso il cielo per poi affondare dietro le ultime colline; la terra è chiara, quasi bianca, con leggere tracce azzurrognole in alto che virano verso il giallo più in basso. Il nebbiolo che abita questa terra è parte integrante del panorama, come se fosse un manufatto della natura e non dell’uomo.

Una volta tornato a casa, ho voluto ricordare quei momenti magici aprendo una bottiglia di Barbaresco Martinenga Gaiun 2004 delle Tenute Cisa Asinari dei Marchesi di Gresy: ho rivisto dettagliatamente gli occhi appena lucidi di Alberto che descriveva gli aromi caratteristici dei vini della Martinenga, con quel tono fresco e mentolato che solo li, nei suoi vigneti, riesce a svelarsi.

Gigi Brozzoni