Ci ho pensato un po’ su prima di scrivere questa recensione. Ci ho pensato e ripensato per un motivo sul quale, ora, mi sembra persino stupido aver perso tanto tempo in esitazioni. Il fatto è che sono legato da stretta e sincera amicizia al vignaiolo che ha prodotto il vino di cui parleremo. Mi preoccupava, insomma, l’idea di apparire un critico poco obiettivo o, peggio, prezzolato.

Alla fine ho capito che per fugare certi dubbi esiste un solo rimedio: la chiarezza. A mio modo di vedere, infatti, questo tipo di “conflitto di interessi” – se così possiamo chiamarlo – smette in qualche modo di essere tale quando è dichiarato, perché in quel caso fornisce a chi legge tutti gli strumenti e le precauzioni necessari per interpretare, valutare e verificare serenamente i criteri di giudizio applicati.

Conobbi Francesco Brigatti e la sua famiglia nel 2001; prima di allora non sapevo nemmeno chi fosse. Rimasi colpito dalla schiettezza dei suoi vini e sorse, quindi, naturale la curiosità di conoscersi meglio. Scoprii un’anima davvero bella, un uomo onesto e sincero, umile nel riconoscere i suoi limiti ed altrettanto risoluto nella consapevolezza delle sue capacità. Così è anche suo padre Luciano, un autentico vignaiolo “veronelliano”, di quelli che insaporiscono il proprio lavoro di suggestivi afflati lirici ed anche per questo più volte lodato dallo stesso Gino.

Ci ho pensato, dunque, un po’ l’altra sera, quando ho stappato una bottiglia di Colline Novaresi Nebbiolo Möt Ziflon 2009 dell’Azienda Francesco Brigatti di Suno, provincia di Novara, in quel Nord Piemonte che ormai da qualche anno è quasi oggetto di venerazione da parte di molti appassionati, perché nelle sue terre variegate e diversificate il nebbiolo riesce ad trovare caratteri del tutto originali, insoliti, affascinanti.

Poi il vino mi ha convinto a scrivere; un vino che da sempre i Brigatti rubano alla vigna dove, come suggerisce il suo nome, è solito levarsi il fischio degli uccelli: mai eccessivamente muscoloso, intreccia i sottili richiami vegetali, le spezie piccanti, il pepe della Vespolina con la viola fragrante, il frutto integro e succoso, l’austero rigore dei tannini e dell’acidità che sono il sigillo di razza del Nebbiolo di queste zone. Il Möt Ziflon, nella sua gioventù, può forse confondere chi è avvezzo a vini più densi ed ammiccanti, meno severi e verticali, ma se si ha la pazienza di attenderlo qualche anno (personalmente consiglierei almeno sette o otto) sa dispiegarsi in una delicata trama di singolare e raffinato equilibrio.

Caro Francesco, sarai anche mio amico, ma ogni tanto il vino ti scappa di farlo veramente bene.

Marco Magnoli