Più o meno all’inizio di quest’anno Gigi Brozzoni ci parlò di Alberto di Gresy, della sua azienda, le Tenute Cisa Asinari dei Marchesi di Gresy in quel di Barbaresco, del suo celeberrimo cru Martinenga e di uno dei Barbaresco che in quel cru sono nati, il Gaiun Martinenga 2004. Ci parlò anche della passione e dei sentimenti di Alberto per le sue terre ed il suo lavoro. Non ci parlò, però, dei vigneti che di Gresy possiede in provincia di Alessandria, per la precisione a Cassine, né dei vini che vi vengono prodotti.

Provvedo, allora, a colmare in parte questa piccola lacuna, complice un vino che mi è capitato tra le mani e che proprio da uno di quei vigneti proviene, anch’esso casualmente frutto dell’annata 2004. Si tratta della Barbera d’Asti Monte Colombo 2004, prodotta nell’omonimo vigneto posto sulla sommità di una collina a 280 metri s.l.m., esposto in prevalenza a mezzogiorno e poggiante su suoli argillosi.

Nell’anno 2004 la barbera vi è stata raccolta a maturazione ideale, quindi vinificata con macerazione a cappello emerso alla temperatura di circa 28°C con ripetuti rimontaggi giornalieri; la fermentazione malolattica è stata completamente svolta – come è opportuno con un vitigno tanto prodigo di acidità – ed il vino elevato per 12 mesi in barriques di rovere francese, per altri 16 mesi in botte di rovere ed infine affinato ancora per 10 mesi in bottiglia. Poi è stato messo in commercio ed una bottiglia è giunta fino alla mia cantina. Nulla a che vedere, dunque, con il Barbaresco Gaiun Martinenga di cui ci parlò Gigi, se non l’annata ed il produttore.

Eppure, dopo aver stappato la bottiglia ed averne versato parte del contenuto in un ampio calice, sono stato invaso dalla medesima suggestione. La Barbera profumava di ciliegia matura, ravvivata dal tocco linfatico ed un poco selvatico tipico del vitigno, che qui pare appena evoluto verso toni dal calore animale. Al palato offre subito il suo frutto dolcissimo, infoltito dalla speziatura fitta e stimolato da un’acidità che si mostra ancora freschissima, ma mai sopra le righe, con una trama tannica garbata, assai minuta e serrata, capace di donare rilievo accompagnando ad un finale dal tocco di nuovo linfatico, seppur espresso con finezza e misura.

Come si vede, in apparenza nulla del Barbaresco. Eppure aleggia qualcosa che è sempre nell’aria quando nel bicchiere c’è un vino di Alberto di Gresy. È una sorta di raffinata atmosfera, un che di aristocratico, un aura di eleganza. È, in definitiva, uno stile; lo stile di un’azienda che, pur rispettando l’identità e le peculiarità di ciascun vino, riesce a imprimere il suo inconfondibile sigillo, un segno di paternità e di nobile lignaggio. Sono anche questi dettagli a fare la differenza e a definire l’eccellenza.


Marco Magnoli